Carolyn si svegliò. Si guardò intorno, ma trovò solo il buio. Posò una mano sul lato sinistro del letto, aspettandosi di trovare la rassicurante sagoma di Paul sotto le bianche lenzuola. Invece, niente. La sua mano cadde pesantemente sul materasso.
Improvvisamente si portò le mani al collo. Fu un gesto non controllato, lo fece come d'istinto. Stupita, si mise a sedere sul letto, appoggiando la schiena contro il freddo muro. Un brivido le percorse il corpo. Allungò una mano e accese la lampada posata sul suo comodino. La stanza s'illuminò e tutto sembrò tornare familiare. Nella penombra riusciva a scorgere le foto incorniciate appese al muro di una vita passata. Paul, che tu sia maledetto, pensò e si morse un labbro per trattenere le lacrime. Un forte odore acre le invase le narici e le fece arricciare il naso. Si alzò barcollando, in preda al mal di testa e alla nausea. Attraversò appoggiandosi al muro tutta la camera da letto, per poi infilarsi di corsa in bagno. Lì, inginocchiata davanti alla vasca da bagno, vomitò, mentre tutto il suo corpo era mosso da brividi che non erano di freddo.

Paul rimase nel suo ufficio alla centrale tutta la notte. Sapeva che, probabilmente, la mattina seguente Carolyn non lo avrebbe degnato di uno sguardo, e che non gli avrebbe rivolto la parola per giorni. Ma ormai, quella era una situazione normale. Una lastra di ghiaccio era calata fra lui e Carolyn e nessuno dei due provava a scalfirla per raggiungere l'altro. Era finita, Paul ne era cosciente.
Con le mani incrociate dietro la testa, le gambe stese sulla propria scrivania, Paul pensava. Pensava alla donna incontrata prima in obitorio poi in quel ristorante. Lise, il cognome non lo ricordava. Sapeva che non l'avrebbe richiamato. Sia in obitorio che al ristorante aveva provato una strana sensazione, e il suo sesto senso lo aveva convinto che c'era qualcosa di strano e oscuro attorno a Lise. Quella donna suggeriva alla sua mente forti emozioni, tristezza, depressione, rabbia, perversione...nel ristorante, quando si erano ritrovati faccia a faccia, lei ancora con gli occhiali scuri nonostante fosse sera, era stato come se il flusso logico dei pensieri di Paul si fosse di colpo bloccato. Paul non cercava neanche di nasconderlo a se stesso, Lise lo attraeva, ed era qualcosa che andava al di là dell'attrazione fisica, sebbene la donna fosse giovane e bella. Era un'attrazione mentale, come se il suo cervello volesse esplorare quello di lei per comprenderne e carpirne i segreti e i più remoti ricordi.. Paul si accese una sigaretta.

- E' sicuro, dottore? - erano le otto del mattino e la giornata di Carolyn cominciò con una grossa sorpresa.
- Si signora. Due mesi - Carolyn deglutì sonoramente la sua carnagione sbiancò e si sentì mancare l'aria per respirare.
- Io...non me lo aspettavo proprio. Ho bisogno di un bicchiere d'acqua - si portò una mano alla fronte imperlata di sudore. Il dottor Ogilvie si alzò e riempì un bicchiere dal rubinetto del suo ambulatorio. Lo porse a Carolyn che lo bevve con avidità.
- E' tutto così strano...le cose non andavano bene fra me e Paul, avevo intenzione di lasciarlo...ma questo cambia tutto - ringraziò il dottore e posò il bicchiere sulla scrivania piena di moduli.
- Senta, passi stasera per un primo controllo. Intorno alle sette va bene? Benissimo. A stasera, dunque -.
Carolyn uscì dall'ambulatorio. Pioveva a dirotto e per strada non c'era anima viva. Il cielo era scuro e oppressivo e di tanto in tanto il rimbombare di un lontano tuono faceva tremare i vetri dei negozi. Carolyn si affrettò a raggiungere la sua auto dall'altra parte della strada. Nonostante il cattivo tempo tutto le appariva più colorato e vivo.

Paul uscì dalla centrale. Pioveva. Schifosa pioggia, pensò. Non fa altro che piovere in questa dannata città. Al suo rientro a casa avrebbe trovato una muta Carolyn che lo aspettava in accappatoio preparando uova e pancetta, ne era sicuro. Il peggio era proprio quando stava zitta. Le scenate, le urla, i piatti spaccati sul pavimento erano segno che comunque qualcosa le importava ancora del loro rapporto.
Paul si bloccò sulle scale. Qualcosa, come una goccia di pioggia più grande e più densa, l'aveva colpito in testa. Improvvisamente l'angoscia si impossessò di Paul, che, tremando, si portò una mano alla fronte. Imprecò alla vista di ciò che gli gocciolava dalle dita: era sangue.
Nello stesso istante, nella sua bella casa, Carolyn corse in bagno e vomitò ancora. Qualcosa di rossastro si mischiò ai resti della colazione.

Paul tornò ad osservarsi le dita. Il sangue era sparito.

Per tutta la giornata Carolyn e Paul furono come due sconosciuti rinchiusi in una casa. In Carolyn un dubbio atroce le stava consumando l'anima. Paul non sembrava accorgersi della sua titubanza, solo perchè, fingendo di leggere con interesse il libro di un autore sconosciuto, era concentrato sull'allucinazione avuta la mattina. I suoi nervi stavano cedendo? Quell' atmosfera schiacciante che aleggiava spessa in casa di sicuro non lo aiutava. Decise di anticipare il suo rientro alla centrale. Salutò Carolyn che nemmeno si voltò ed uscì sbattendo la porta.

Carolyn era tornata dal dottor Ogilvie all'orario stabilito. Da un primo esame sembrava tutto a posto, anche se era ancora presto per dirlo. Ora camminava con un'aria altezzosa e vanitosa lungo i vialetti di Elm Street, osservando dall'alto tutti gli altri passanti. Si sentiva leggera e rilassata; era una sensazione che non provava da tempo. Si, decisamente, questa novità avrebbe cambiato tutto. Stava passando davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento quando qualcosa la fece bloccare e ripiombare in uno stato di tensione. Un grido, in lontananza, una disperata richiesta di aiuto senza risposta che udiva solo lei. Attorno, il mondo continuava a muoversi. Si, era un grido, e la voce che gridava era la sua.
Atterrita, riprese a camminare più velocemente, guardando nervosamente in giro, gli occhi che si spostavano come saette da destra a sinistra. Qualcosa non andava, era una sensazione palpabile, si sentiva mille occhietti lucenti addosso, come se centinaia di topi o di pipistrelli la stessero spiando e stessero bisbigliando tutti insieme.
Si era accorta di essere rimasta da sola; senza neanche rendersene conto si era infilata in un vicoletto buio e puzzolente. Notò per terra delle strisce gialle di plastica, simili a quelle che si mettono per recintare il luogo di un omicidio.
Improvvisamente, si sentì gelare la schiena. Si voltò immediatamente.
- Diosanto! - gridò.

Tetro