Strinse le dita attorno alla bustina di plastica e se la cacciò giù negli stivaletti, attenta a che nessuno notasse quel gesto apparentemente casuale ma che poteva significare molto per chi sapeva guardare, per chi sapeva cosa cercare.
Kazzo se faceva freddo in quella dannata giornata.
Un freddo cane, e Beatrice avrebbe preferito rimanersene a letto, la testa sul cuscino, raggomitolata come un feto sotto le coperte, a smaltire la scimmia dell'ultimo week end da paura come sempre.
Ma gli affari sono affari.
La parola data è legge, e Beatrice aveva detto che ci sarebbe stata, questo dannato lunedì mattina, proprio lì su quella dannata panchina, in quel dannato giardino, a gelarsi il suo dannato culo. Le mani nelle tasche del giaccone, il viso affondato nel collo foderato con quella fastidiosa pelliccia sintetica, le orecchie coperte dal berrettino di lana.
Tirò fuori a malincuore la mano dalla tasca e guardò l'orologio.
Mezz'ora ancora. Era arrivata in anticipo, come sempre.
Saltò giù dalla panchina e rificcando la mano in tasca si mosse lenta e quieta verso il centro del giardinetto, decisa a fare quattro passi, sgranchirsi le gambe, dare un'occhiata a chi s'era fatto vivo e a chi no...
Bugie. Voleva solo vedere se c'era in giro la pula.
E poi non le piaceva starsene ferma con la roba tra le mani, in attesa di concludere un affarucolo da nulla come quello. Ma che fosse un affarucolo da nulla o no, se la pula la beccava, erano davvero strakazzi questa volta! Ieri era stato il suo compleanno, e aveva spento le sue stramaledette diciotto candeline alla fine.
Addio minore età, addio poter svignarsela come un'incensurata.
Se la prendevano 'sta volta, con tutti i suoi bei precedenti, finiva dentro e chi poteva dire cosa sarebbe successo là? Se ne sentivano di davvero poco piacevoli sulle carceri di questi tempi. Il solo modo che conosceva, per evitarle, era non farsi beccare.
Non c'era davvero granché di movimento quella mattina. I gavanelli erano ancora a scuola, e tutti gli altri erano a smaltire i bagordi del giorno prima, come avrebbe dovuto fare anche lei. Cucci cucci sotto le coperte con una bella tazzona di camomilla fumante che mammina le avrebbe portato insieme alle aspirine perché pora ciccia, la piccina ch'aveva preso freddo la sera prima, a tornà a casa così tardi!
- Ehi, aspetta un attimo, tu...tu non sei Bea?
No! Voltarsi no! Non doveva voltarsi. Non subito almeno, non come se rispondesse davvero a quel nome. Prese un bel respiro, rallentò appena la sua andatura e infine volse il capo sulla spalla.
- Scusa?
Nell'attesa fremente di una risposta, scrutò il viso pallido per il freddo. Le mani nascoste strette nel bomber di raso imbottito, il berretto da basket con la visiera sul collo. Quindici, sedici anni, non di più. Un viso magro, quasi scavato, due occhi scuri che parevano un po' troppo grandi per quel viso, qualche ciocca di capelli castani che spioventi ricadevano sulla fronte liscia.
E da come tremava non sembrava un tipo pulito.
Però lei, quello, non lo conosceva!
- Mi ha detto il Bomba che ti avrei trovato qui...Non sono di 'sta zona, io sto in periferia di solito, ma il Bomba ha detto che hai roba buona e che se magari gli dicevo che mi mandava lui...
Lei strinse appena gli occhi, fece un passo verso di lui.
- Perché proprio qui, adesso?
- Il Bomba ha detto che questo Lunedì ti toccava. Che sei sempre qui, il primo Lunedì del mese.
Beatrice fece appena un sospiro. E smozzicò un'imprecazione...
Non gli piaceva trattare con gli sconosciuti.
Non con sconosciuti pivelli come quello lì.
Lo vedeva a occhio che non voleva altro che metterle i soldi in mano, prendersi la sua roba e schizzare via. Probabilmente a farsi subito tutto quello che aveva appena comprato. Non sembrava uno capace di aver la pazienza necessaria a sopravvivere abbastanza in quel giro.
E poi non le piaceva l'idea che si sapesse così in giro che era lì ogni primo Lunedì del mese, se lo sapevano loro, poteva saperlo anche la pula, avrebbe dovuto andarci più cauta, cominciava a girare tutto troppo in fretta!
Diede un'occhiata all'orologio mezzo nascosto dalla manica del giaccone.
Aveva ancora venti minuti.
- Andiamo a bere qualcosa e parliamone con calma. Qui non ho niente!
Il ragazzino sembrò infastidito, infatti non si mosse per seguirla ma rimase lì fermo a guardarla. Beatrice si voltò con un mezzo sorriso sulle labbra.     [ avanti » ]

di Nadja