“Ti sento ancora dentro di me, tu sei come vivo, dentro di me….Mi ritrovo ad amare un fantasma che arriva ai limiti della notte, non è facile cancellare, dimenticare notte dopo notte ….”
L’osservazione dei miei occhi al cielo, questo cielo che adesso ha per me altri colori, mi porta a ricordare che un tempo aveva un colore azzurro, e nuvole non stelle e tu che sotto i fiori del ciliegio mi mordevi il collo, giocando al “vampiro” in un giorno di pieno sole, di calda estate, tra i miei pizzi scuri e le tue sete nere e i nostri genitori che ci chiamavano per la cena e le nostre fughe per andare a ballare quelle canzoni triste e ritmate davanti a un piccolo fuoco, sotto il nostro ciliegio. Come ci guardavamo strano quando eravamo uno dentro l’altro, quasi come se in quel momento i nostri dolori fuggissero tra le stelle a formare nuovi luminosi disegni. La notte in cui l’età raggiunse un limite insopportabile, avevamo 30 anni ricordo ancora, tu andasti a cercare “lui” l’eterno “zio” che ci elogiava la bellezza delle tenebre, lo stesso zio che ritornava la notte con le labbra color rubino, nascosto a tutti. Tu rientrasti dopo mesi e mese nei quali io ero caduta nel lutto più profondo, mi conducesti in cima alla collina, davanti al nostro ciliegio spoglio e congelato dalla neve, tutto moriva e non capivo se il tuo corpo nudo sopra il mio era gelido per la neve o per una oscura magia che pur morto ti teneva in vita.

Te lo chiesi, sbuffasti, e senza nemmeno rispondere, ti staccasti da me che oramai ero in viaggio per il mondo dei mondi , con le mie membra nude affondate da ore nella neve. Ricordo… osservai meglio e iniziai ad urlare come impazzita, cosa avrò notato gli occhi o i denti?, non lo ricordo più caro, so solo che urlavo, mentre con un’unghia incidevi il mio seno appena sotto il capezzolo, poi avvicinasti le labbra e con la lingua porta via il sangue fuoriuscito dalla ferita, affondasti i denti nel collo, nei polsi, sulle gambe…il sangue scorreva sul terreno e nutriva le piante che stavano nascendo sotto la neve, e alla fine nel silenzio innaturale mi nutristi con un liquido rosso. Mi svegliai , tu eri li che osservavi seduto, sorridevi e mi raccontavi che adesso saremmo stati insieme per sempre, un “per sempre” che al momento io non potevo immaginare, due sposi senza tempo, avremmo visto e imparato assieme; ti alzasti e mi prendesti con violenza, unghie conficcate nelle cosce e denti affondati sul suo collo, il piacere percorreva il mio corpo, una nuova fortissima esperienza, deliravo tra urla e gemiti. Sei tornato per l’ultima volta mesi fa, l’eternità che sognavi insieme ci ha allontanato, mi hai chiesto “cosa siamo diventati….?”, “il dolore….” È stata la mia risposta. Ti sei alzato e hai girato intorno a me, avvicinandoti alle mie spalle poi con voce calma “adesso lo sai..di dolore te ne farò provare molto…”. Il nostro unico modo di amarci..
Non dico di no…



di Isabella Rosacroce