"Per fortuna hanno inventato l'aspirapolvere, con le mani non sarei mai riuscita a eliminare tutti questi mostriciattoli, e pensare che i pescatori li prendono a manciate" stava dicendo a se stessa Laura mentre aspirava i bigattini che aveva trovato sotto la credenza della nuova, almeno per lei, casa.
Gli insetti le avevano sempre procurato un senso di ribrezzo, i vermi poi col loro contorcersi, il loro muoversi che sapeva di sofferenza, di tentativo di liberarsi da qualcosa che li imprigionava, ma che altro non era il loro viscido e lucente corpicino ad anelli, rappresentavano probabilmente il "non plus ultra" di quello schifido minuscolo, a volte invisibile, mondo.
L'aspirapolvere, comunque, garantiva una distanza di sicurezza da quelle mosche striscianti, dalle loro testoline gialle, sproporzionatamente piccole per quel corpo tozzo e molliccio; e questo permise a Laura di non pensare a quello che stava facendo, almeno per i primi dieci minuti. Poi quando i vermiciattoli non si presentavano più a nidiate, ma come singoli elementi separati da qualche centimetro, quel tanto da obbligare la ragazza a prendere la mira per poterli risucchiare ad uno ad uno, allora incominciò a sentire ed a notare ogni singolo "hup" che faceva il loro corpo ogniqualvolta veniva scaraventato nel sacchettino di cartone, e cosi quel rumore "uuuuuuuuu-hup-hup-uuu-hup-hup-hup-hup-hup-uuuuuuu-hup...", prese posto nella sua mente insieme all'immagine di quei piccoli puntini neri, forse gli occhi, che spiccavano in quella testolina gialla intenta a seguire l'irresistibile richiamo dell'aspirapolvere.
Passò in pochissimo tempo dal ribrezzo, al dispiacere di doverli uccidere, fino all'odio, quindi al piacere di aspirare ogni singola creaturina per godere nel sentire "l'hup" che faceva. Era allo stesso tempo divertita dall'atroce gioco che stava facendo, e spaventata dal fatto che qualcuno di quei vermini potesse sfuggirle o peggio ancora uscire dal sacchettino, ma non poteva fermarsi, li cercò in ogni angolo della cucina, fino a quando non spostò il frigorifero: una bellissima ragnatela le apparve, purtroppo con lo spostare il mobile ne aveva lacerato un pezzo, ma nonostante ciò, l'architettura del ragno era rimasta splendidamente tesa.
Il caso volle che ad appena tre o quattro centimetri ci fosse un bigattino isolato, lontanissimo dagli altri, che se solo avesse evitato tutti quei suoi movimenti scomposti sarebbe sfuggito allo sguardo rapito di Laura, la quale gli avvicinò il tubo dell'aspirapolvere, poi quando era ormai ad un passo dal fargli fare il suo prematuro ed ultimo volo, cambiò idea e delicatamente prese a spingerlo, sempre con l'aspirapolvere, verso la ragnatela, dove lo buttò con un colpo leggermente più forte dei primi. Come atterrò sull'elastico patibolo il bigattino venne arrotolato da un fulmineo ragno.
Laura compiaciuta assistette alla scena: quel ragno aveva sacrificato la sua stupenda costruzione per imprigionare il verme, ed ora continuava a girargli intorno, rendendo sempre più fitta la tela intorno all'indifeso pasto che di dimenava sempre meno, fino a rimanere immobile, pronto a soddisfare il futuro appetito di quel folle ragnetto scuro e peloso, con quelle sue zampette troppo lunghe e quei movimenti troppo nevrotici.
Mentre si occupava di quella mancanza di grazia, la ragazza, si accorse di aver messo la punta del piede in un pezzo "morto" ma pur sempre appiccicaticcio di ragnatela, lo schifo che provò le procurò un brivido lungo tutto il corpo, solo dopo che il brivido ebbe percorso l'autostrada della sua schiena, riuscì a gridare e, tiratasi indietro, azionò la sua terribile arma risucchiando la ragnatela, il ragno ed il bigattino.
Poi fuggì via dalla stanza con l'aspirapolvere in sottofondo che non le dava tregua: "uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu...", le ci vollero forse tre quarti d'ora per trovare il coraggio di rientrare nella cucina; alla fine con passi lenti e misurati, si affacciò prima alla porta, quindi dietro il frigorifero e con la punta del piede spense l'aspirapolvere che ormai vedeva come un qualcosa di contaminato.
Tanto che ogni volta che stava per rimpossessarsene le sembrava di vedere con la coda dell'occhio un qualche movimento sospetto in un altro angolo della stanza e si ritraeva con la sensazione di avere il corpo pieno di ragnatele, ragni e vermi; per cui si dava delle pacche micidiali dove le sembrava di sentire un qualcosa che si muoveva sotto la maglietta.
Dopo numerose pacche decise di levarsi tutti i vestiti, in modo da eliminare quelle strane sensazioni che, per logica, erano i vestiti a darle; così tornò nuda in cucina per controllare che tutto fosse a posto e per riprendersi l'aspirapolvere, solo che si rese conto di aver fatto una cretinata spegnendolo.
Infatti finché continuava a risucchiare l'aria, lei era sicura che niente poteva uscire da quel tubo, ma ora? I vermi strisciando avrebbero potuto guadagnare la libertà, e il ragno, con tutte quelle sue zampe e con quel suo correre frenetico, sicuramente si era andato a rintanare in qualche angolo nascosto; oltretutto adesso quelle bestiacce sapevano anche cos'era l'aspirapolvere, e difficilmente le avrebbero permesso di rifare il lavoro con tanta semplicità, si sarebbero ribellati, forse sarebbero sfuggiti, forse avrebbero unito le loro forze per combattere il nemico comune, forse stavano già architettando un piano per liberarsi di lei, magari uccidendola garantendosi così cibo per parecchio tempo, sicuramente adesso se la ridevano vedendola nuda che si aggirava circospetta per casa; non erano altro che bestie schifose, infide e pericolosamente piccole.
Spinse con un piede l'elettrodomestico per controllare che non ci fosse niente sotto, e tranquillizzata dalla non-scoperta, se ne impossessò. Riaccesolo prese a girarsi ogni mezzo secondo per controllare che non ci fossero nemici intorno; così facendo raggiunse la porta della cucina e si chinò a staccare la spina, solo che vide per un istante arrampicarsi sulla sua insensibile unghia un famelico bigattino, prima ancora di diventare realmente cosciente di quanto aveva visto, svenne.
Quando si riprese non era neanche tanto sicura che il tutto fosse accaduto, non sapeva se veramente aveva visto quel verme salirle addosso o se era stato solo un sogno, anzi un incubo; si rialzò infreddolita e dopo una lunga ed accurata doccia calda si andò a mettere a letto. Dormì pesantemente ma questo non le impedì di passare la notte più agitata della sua vita: fece incubi indescrivibili popolati da enormi sbavosi insetti vendicativi degni di "Men in Black".
Ma non riusciva a svegliarsi per porre fine a questa tortura; riuscì a svegliarsi solo quando sentì, nel bel mezzo di un suo incubo, "hup".
Il sentirlo, lo svegliarsi, l'affogarsi e lo sputare un vermiciattolo esploratore furono tutta una cosa. Adesso aveva sulle coperte, all'altezza delle gambe, un corpicino bianco che si dimenava cercando di reagire alla morte che gli penetrava dallo squarcio sanguinolento che aveva giusto sotto la piccola testa gialla.
Laura scoppiò a piangere in preda alla sua prima crisi isterica; seduta nel letto con la testa fra le mani i suoi singhiozzi si trasformarono in risatine, sempre ridacchiando fissò il suo sguardo sul verme ormai esangue, lentamente gli avvicinò la mano e fattolo suo, dopo un'ultima occhiata carica di onnipotenza, chiuse il pugno e strinse fino a sentire il palmo della mano umido.
A quel punto le risatine sfociarono in una fragorosa risata che rimbombò nella casa semivuota, e Laura caricata dall'eco delle sue risa si alzò andò in cucina e col palmo della sua potente mano aperto fece una croce sul muro con quel che era rimasto del bianco verme, poi si guardò attorno soddisfatta e tornò a coricarsi.
La mattina dopo rincominciò la sua opera di bonifica, prima di tutto diede fuoco al sacchetto dell'aspirapolvere, e mentre il falò si consumava al centro della cucina, presi degli stecchini si mise a caccia; non fu facilissimo scovare quei piccoli mostri, ma lei ormai si considerava una professionista. Certo i primi si spaccavano sotto la pressione della punta dello stecchino, ma poi ci prese la mano e con delicatezza incominciò a trafiggere i corpicini degli altri: dopo aver poggiato la punta nel punto più grosso spingeva piano fino ad avvertire lo scatto della pelle che cedeva lasciando via libera verso l'interno più molliccio.
Ma, si sa, "ogni bel gioco dura poco" e quindi ben presto anche questo divenne routine, per fortuna un bigattino più vivace degli altri le suggerì una gustosa variante.
Quel povero illuso all'avvicinarsi dello stecchino tentò la fuga e nel suo contorcersi innaturale offrì alla reinventata Diana un bersaglio decisamente invitante: la sua piccola testolina gialla. Infilare la punta dello stecchino al centro di quella pallina gialla, proprio dove ci sono quegli strani puntini neri, facendo percorrere allo stecchino tutto l'opulento corpo delle larve era sicuramente più divertente, anche perché così facendo, forse per il dolore, si contorcevano di più mentre venivano dati in pasto alle fiamme.
Fu proprio durante uno di questi viaggi, durante il quale portava i vermi impalati verso il fuoco, che ne trovò uno allo stato brado, e non avendo stecchini a portata di mano non volendoselo far scappare, lo prese dalla parte posteriore e lo lasciò cadere nel fuoco, questi arrivato a destinazione, nel suo piccolo, scoppiò; la cosa la esaltò, e pensare che aveva sprecato tante bestioline con gli stecchini. Si mise a raccoglierli all'interno della mano che teneva come un imbuto senza uscita e quando il pugno era ormai stracolmo di bigattini che cercavano la fuga arrampicandosi lungo il polso, si diresse verso il fuoco, ma non poté resistere alla tentazione.
Il piacere che provò nello stringere il pugno, nel sentire i vermi che si contorcevano mentre spiravano, nel vederne pezzettini che fuoriuscivano dalla stretta micidiale sfruttando il poco spazio che c'era tra le dita e che già era percorso da rivoletti di un liquido strano, misto di sangue e quant'altro si trovasse dentro quegli sguscianti corpi, fu pari solo a quello che provò dopo quando, aprendo la mano, assaporò con le narici l'odore intenso che la poltiglia emanava.
Quando vide un piccolo verme che le strisciava lungo il braccio, non esitò a scagliarsigli contro con lo stecchino, sfortunatamente lo mancò bucandosi il braccio e facendone uscire qualche goccia di sangue che sapientemente diresse verso la bestiolina, la quale ne fu tutt'altro che infastidita, anzi si mise a seguire la gustosa e nutriente scia rossastra lungo il braccio sotto lo sguardo vigile di Laura, fino ad arrivare al buco dove, dopo un attimo di indecisione, entrò a fatica e dal quale prese a camminare sottopelle, sempre sotto lo sguardo interessato della ragazza che si divertiva ad indirizzarlo ora da una parte ora dall'altra con la pressione delle dita come se fosse una bolla d'aria nella pompa per innaffiare, fino a che non sparì nel labirinto di vene, muscoli e nervi.
A questo punto la ragazza si svegliò e trovò una briciola di pane secco, residuo della cena consumata la sera prima, che le si era leggermente infilata nel braccio provocandole la sensazione di essersi punta, rise quindi del sogno che aveva fatto ed andò a prepararsi un altro panino facendo attenzione a non mettere i piedi sulla cenere fumante che era rimasta al centro della cucina. Dopo diversi giorni resasi conto che non riusciva, ammesso che lo volesse realmente, ad eliminare tutti i vermi visto che più ne eliminava e più ne ritrovava il giorno dopo, si rassegnò a conviverci, non senza ucciderne il più possibile ovviamente.
Col tempo non fece più strani sogni e lentamente rinunciò ai suoi giochini perversi con stecchini, fiammiferi, unghie e tutto quanto la fantasia le aveva suggerito, non perché avessero perso d'interesse, ma solo perché si era ricordata che la mamma, a cui non bisogna mai disobbedire altrimenti si arrabbia, le diceva sempre di non giocare col cibo. "Hup".

di Osvlad