Cassandra
Era una bella giornata primaverile. Ero seduta sul prato e osservavo rapita i volteggi dei passeri. Non riuscivo a distogliere lo sguardo; ero invidiosa della loro libertà, gelosa della loro innocenza. Perché solo io ero costretta a vedere più in la, più lontano di tutti?
Mai nessuno mi avrebbe creduta , nemmeno chi mi professava il suo amore. Amaro pentimento di parole rabbiose urlate contro un Dio amorevole e vendicativo insieme, venerato e odiato allo stesso tempo. Perché fui vittima di sorte sì crudele? Non era sufficiente il castigo della preveggenza?
Vani i pianti, vane le preghiere. Nulla più possedevo se non immutevoli visioni di morte e dolore per i miei cari e la mia città. Mai cosa lieta le mie labbra annunciarono, mai evento fasto vidi nella veglia... Anche ora circondata da ombre silenziose i miei occhi rimangono aperti su di un futuro che non mi appartiene.

Ettore
Combattevo per la mia città e per il mio popolo. Uomo nacqui, guerriero crebbi. Cercavo onore e gloria perpetui e solo la morte me li donò. Non conobbi altro che dolore e pianti di donne. Il mio futuro, mio figlio, morto con me, destinato ai campi elisi perché anima innocente di una guerra inutile. Sarò ricordato in eterno come il protettore e il condottiero della mia gente, ma qui, tra altri guerrieri, nel buio, dov’è la mia Andromaca? Dov’è tutto l’amore della mia breve vita?

Astianatte
Padre fu l’ultima parola che riuscii a gridare volando giù dalle mura, strappato dalle braccia di mia madre. La vita che ricordo è fatta di soldati, assalti e duelli. I giochi infantili abbandonati per spada e scudo; il cavallo a dondolo riposto in un angolo per un carro da guerra. Privato dell’affetto dei parenti, privato di una vita sto sul confine dei campi elisi e piangendo cerco di rimembrare pezzi di un’esistenza spezzata quando ancora doveva iniziare.

Priamo
Era un sogno bellissimo in cui tutti i miei figli mi erano vicini e, in un modo o nell’altro, si rendevano degni di me. Mi sono svegliato una mattina e vele nemiche nel porto minacciavano me, la mia famiglia e il mio popolo. Uno dopo l’altro ho visto i miei figli cadere in guerra e le mie figlie piangere i loro morti. Ormai, infermo, mi recavo ogni giorno ad osservare lo sfacelo della mia città. Infine un Dio misericordioso mi fece passare lo stige prima che Apollo e Nettuno permettessero la distruzione del luogo ove per centinaia d’anni avevano riposato. Adesso sono orgoglioso di aver vissuto da Re giusto, ma in alcuni istanti sento di non essere mai stato Padre.

Ecuba
Tanti figli misi al mondo e altrettanti ne vidi restituire al buio. Potei solo osservare come il mio Ettore corse valoroso incontro alla morte. Potei solo baciare in fronte Paride prima di vederlo spirare tra atroci sofferenze. Anche il più giovane di loro, la mia ultima speranza, perso. Tutto per difendere la nostra città, il nostro popolo da gente perversa ed arrogante. Anche chi si dichiarava nostro amico ci voltò le spalle. Gli Dei non ascoltarono il pianto di una donna che prima d’essere sovrana era madre.

di Lady Misha