Odiava quella vecchia casa di campagna che aveva ereditato dai suoi genitori; era davvero malconcia e ci sarebbero voluti molto tempo e denaro per rimetterla a posto.
Avrebbe potuto rivenderla, e dopo un buon restauro avrebbe reso una gran bella cifra, ma non se la sentiva per il momento; voleva provare a viverci anche solo nei fine settimana.
Fu per caso che scoprì quella botola di legno marcio nel pavimento della cantina, mentre ripuliva quell'ambiente che da molti anni non ospitava un pò d'aria fresca.
Non fu semplice aprirla, pareva ben incastrata nella pietra del pavimento, ma non appena ci riuscì venne colto da un odore indefinibile: come se qualcosa di antico gli alitasse in faccia.
Sotto la botola c'era una ripida scala a chiocciola scolpita nella roccia; senza esitare, prese una torcia elettrica e si avventurò in quel cunicolo.
Scese molti scalini prima di giungere ad un ampio foro scavato alla base della scala.
L'odore pareva salire proprio da lì e così egli fu preso dalla necessità di guardare giù: vide un baratro, illuminato da una fioca luce verdognola; un pozzo che pareva senza fondo, nelle cui pareti erano scavate cellette, come un immenso nido di vespe.
Puntò la torcia verso una di quelle cavità e allora vide uno di loro: fluttuava senza ali; il volto femmineo ma il corpo deforme, senza braccia nè gambe, solo un addome pallido e flaccido che terminava in una lunga coda vibrante.
Volò da una cella ad un'altra e scomparve alla vista. Silenzio.
Poi, da un centinaio di celle uscirono sciami di quelle creature grigiastre: avevano volti quasi umani e lo guardavano e lui poteva vedere, capire la loro fame.
Ed egli volle aiutarli. Con una scusa attirava le vittime, con un martello le tramortiva, con fatica le trascinava giù per la scala a chiocciola e le gettava nella cavità che dava nell'abisso.
E gli abitanti dell'abisso non erano mai sazi, perchè avevano passato troppi anni senza nutrirsi. Si trasferì definitivamente in quella casa. La notte, nel letto, sentiva i loro lamentosi sospiri, e allora si alzava e correva a cercare cibo.
Certe volte non era facile, doveva agire in fretta, senza farsi vedere: passanti, qualche prostituta,ragazzini. Li attirava con scuse banali e loro si avvicinavano. Finchè il numero di persone scomparse divenne elevato e le autorità iniziarono a indagare.
Cercavano lui.
Ma loro erano così affamati, così supplichevoli, il cibo non bastava mai; e lui era così stanco e le autorità così vicine: ormai lo avevano localizzato.
Quella notte bussarono alla porta, erano in pattuglia, ma lui non aprì; lui era in cantina. Sollevò la botola, scese la scala e si gettò nel baratro, affogando nei loro sospiri...

di Rantola