Tre sono le ombre. La prima la proiettiamo.
La seconda, ci segue ovunque.
La terza ci entra dentro.
Ed era li nella terza ombra, che viveva Morgana. La sua dimora era un castello di velluto nero. Venendo dalla valle del fiume dall'acqua parlante, guardando avanti.
Quel castello si stagliava nel cielo, come un buco di tenebre scintillanti. Lo strascico delle sue fondamenta, arrivavano fino alla foresta delle fate. Nessuno osava avvicinarsi al castello di velluto. Ogni uomo debole di mente e povero d'anima, trovandosi davanti a quel demonio abitato voltavano il loro destriero, e saltellanti tornavano alle proprie case.
Morgana viveva sola, e lasciava rincorrere i giorni in completa solitudine.
Morgana, questo era il suo nome. Una fanciulla dal vello corvino e gli occhi di un nero lucente, sprigionavano fulmini e Tempeste devastanti. Le sue labbra rosse come il più raro dei tramonti. Si aggirava nella sua casa salendo e scendendo le scale di specchi. Così erano le scale: tanti specchi saldi fra loro che, scontrandosi, generavano infinite facce. Infinite porte infiniti mondi. Tante finestre.
Grandi enormi rivelatrici di tutto.
Ogni cosa attorno era svelata da quelle enormi porte sulle mura dalle quali Morgana vedeva.
Perché Lei vedeva, non guardava lei riusciva a trarre ogni piccola brezza di vento nel profondo di tutto e di tutti.
Non rideva mai il suo viso era intatto come una cera mai sfiorata.
Nessuna ruga di pensiero né di gioia né di pianto.
La sua pelle come una candela immacolata. Non parlava una strega senza voce. Ma Morgana non ne aveva bisogno lei Dipingeva.
Ogni suo piccolo o gran sentimento, lo raffigurava. Le sue tele erano tessute con le vesti degli angeli.
I suoi pennelli lunghe aste di legno ricavate dall'albero dell'inchiostro. Le setole erano i peli delle punte delle code di demoni.
I suoi colori di una bellezza mai vista erano le sue lacrime.
Ogni volta che Morgana piangeva con un incantesimo le sue lacrime si cristallizzavano e prendevano il colore del suo stato d'animo.
Quando era triste nasceva il nero.
La sera vedendo il tramonto le sue lacrime le donavano l'azzurro della gioia. Insieme alla sua inquietudine prendeva forma il giallo. Poi il bianco del pensiero.
La strega raccoglieva i cristalli in una foglia e la avvicinava al suo corpo. Come per magia il calore della sua pelle scioglieva le scaglie di colore rendendole crema. Così nascevano.
Però nella vita di Morgana mancava un colore, quello che lei amava di più: Il rosso della passione.
Ma non avrebbe MAI potuto piangerlo perché non l'aveva mai provato.
Allora, la sua tristezza cresceva cresceva fino a riempire il castello di cristalli neri.
Piangeva piangeva lasciando cadere l’oscurità dai suoi occhi.
I suoi quadri non potevano vedere il giorno pesche il calore del sole li avrebbe squagliati.
Morgana dipingeva di notte avvolta nello stesso suo colore.
Odorando la scia dei pipistrelli che lasciano volando. Ad ogni tramonto gioiva si rallegrava, perché stava iniziando il buio. Il momento in cui avrebbe potuto accarezzare le sue tele.
Il sole si chinava e il cielo si scuriva. La notte avanzava lenta gonfia di silenzio. Silenzio assordante essenziale.
Le montagne perdevano il loro profilo confondendosi nello sfondo sterile del blu assoluto.
Gli alberi urlanti il vento tra le chiome. I rami quasi toccano per terra sottomessi dalle raffiche di quella tempesta Morgana lì immobile davanti all'immacolata purezza della sua tela.
Durante quelle ore i colori spariscono rimangono le sfumature. Sfumature del nero dal grigio dell'erba al Nero del tetto celeste.
Ma il rosso il rosso era l'unico colore che lei desiderava impazziva.
Lo cercava ma dai suoi occhi non usciva MAI.
In quella notte tanto inquieta Morgana si sedette davanti alla più grande delle sue finestre e pensò. Guardava il suo riflesso sulle vetrate infinite. Il suo vestito nero e viola ricco di stracciature di veli la rendevano affascinante.
Sprigionava un tale mistero da affascinare chiunque le passasse accanto. Ma lei non ascoltava non guardava lei stava solo cercando. Chinò la testa, lasciando scivolare davanti al volto di bambina la sua lunga chioma.
Che come un sipario le chiusero la faccia di cera. Lì completamente assorta rapita dai suoi pensieri. Isolata dall'esistenza. Sola. Nel sordo silenzio.
TUM... TUM... TUM...
Erano i colpi del batacchio sulla sua porta.
Lei alzò di scatto il capo, e senza spostarsi i capelli. Corse.
Maltrattando gli scalini con passi ansiosi tenendosi la lunga gonna con le mani.
Il suo strascico lustrava le sue orme sugli specchi. Corse.
Ancora TUM... TUM... TUM...
Arrivata davanti al portone. Allungò la mano verso il grosso peschio lentamente.
Poi appena le sue dita sentirono il ferro gelido con uno strappo deciso. Fece scivolare stridente il palo nei suoi anelli. E tirò a se la porta.
Un raggio chiaro entrò proiettando la sua prima ombra sull’immenso ingresso un ombra enorme altissima. Era il saluto della luna la sua luce rendeva per un attimo il colore alle mattonelle porpora. Ma non c' era nessuno. Incredula e un po' delusa Morgana fece un sospiro e chinando di nuovo la testa con le mani riaccompagnò la porta verso L'altra anta.
Ma mentre lo scricchiolio raggiungeva il suo massimo squillo con gli occhi verso il basso vide qualcosa. Come se un corpo avesse disturbato il faro della luna.
Facendone muovere il riflesso Allora si bloccò. Ma non vedeva nessuno. E riprese a chiudere a pochi centimetri dal serrarsi dalla porta spuntò una mano una mano di un uomo. Che fermò la corsa della porta. Allora Morgana aprì di nuovo.
Davanti a se apparve un ragazzo con gli stivali di un cavaliere un lungo mantello di pelle.
I capelli coprivano il suo volto capelli neri .e senza una direzione scomposti un po' dal vento e un po' dal carattere. Lo fece entrare spostando il suo lungo e gonfio codone del vestito. Senza chiedere il motivo della visita la strega lo fece entrare.
Ci furono minuti d’assenza di non parole. Poi come un boato la voce del cavaliere pronunciò:
" Sono giunto da lontano ho attraversato mari monti e tempeste feroci per raggiungerti"
Morgana disse allora:
" Cosa ti ha spinto da me "
Il cavaliere, alzando la testa guardò la ragazza negli occhi, con quegli occhi di ebano profondi come l'universo tanto caldi da lasciare il segno ovunque disse:
" Sono venuto a guardarti dipingere e a farti un dono un dono che aspetti da sempre".
In quel momento il vento aumentò la sua forza e le nuvole si radunarono sopra il tetto del castello curiose e impertinenti appiccicate fra loro talmente strette da generare subito un temporale. Il canto della pioggia suonò il suo primo accordo mentre i due salivano le scale.
Lei avanti, lui dietro.
Raggiunsero la stanza dei dipinti. Una stanza grande senza mobili senza sedie senza finestre in ogni sua parte si esibiva un quadro impettito e orgoglioso della visita di qualcuno le mura reagivano aspre alle parole non avevano MAI udito la voce umana rendevano echi infiniti Morgana accompagnò l'uomo in tutte le stanze ma l'uomo si fermò davanti a quella tela mai iniziata e disse:
"Adesso Morgana adesso non aspettare dipingi io ti guarderò"
Lei non esitò un attimo prese tutto ciò che le serviva si sedette di fronte a lui si chino appoggiò le mani sul vestito all'altezza delle caviglie e accarezzandosi le gambe portò con se la gonna tirandola su fino a scoprire le ginocchia e le cosce strinse in mezzo la sua tela e iniziò bagno con la saliva i pennelli e iniziò.
Voleva ritrarre quell'uomo tanto bello quanto misterioso e lo guardava lo guardava.
Ad ogni suo sguardo incontrava i suoi occhi che come due spade roventi la attraversavano. Mentre i primi tratti prendevano vita
Morgana senti' una strana sensazione sul volto la sua pelle si stava muovendo Agli angoli della bocca avvertiva un senso di contrazione e si voltò verso lo specchio.
Stava sorridendo non era mai accaduto stava sorridendo.
Non sembrava possibile ma era così. Continuò continuò le code dei demoni si avvolticciolavano si stendevano correvano sulla veste degli angeli.
Ma più che andava avanti e più sentiva una strana sensazione dalla punta dei suoi piedi delle sue mani sussurravano brividi che si espandevano lungo le braccia le gambe concentrandosi al centro.
Sentiva crescere qualcosa di non conosciuto.
Provava ad ascoltarsi ma la voglia di conoscerne ancora la distoglieva da ogni capacità di analizzare. Quel ragazzo davanti a lei con il suo sguardo fotografato su di lei la faceva desiderare desiderare di essere guardata ancora. Di sentire i suoi profili con le dita non più con gli occhi di assaporarne il profumo.
Le infinite candele ardevano invidiose per avere una fiamma troppo piccola in confronto a quella che bruciava dentro di loro.
Stava esplodendo qualcosa.
Qualcosa di irrefrenabile di ignoto di magnetico. Nessuno dei due volle fermare quell'onda si lasciarono trasportare nella sua direzione.
Sentivano l'inizio l'evolversi ma non riuscivano a vederne l'esaurimento avevano bisogno l'uno dell'altro si cercavano come l'assetato cerca la fonte. Si trovavano negli occhi e si accarezzavano le menti. Stavano perdendosi nell'oceano dei sensi e nessuno di loro cercava un appiglio.
La notte fini' il sole si affacciò all'orizzonte dispettoso accecante e li trovò lì ancora guardandosi con gli occhi fissi bollenti ormai fratelli.
Alla vista del sole Morgana pianse singhiozzò come MAI aveva fatto. Un'emozione pazzesca la avvolse e la trascinò.
Piangeva e lui sorrideva sorrideva felice. Lei girò il volto verso lo specchio e qualcosa la sbalordì. Le sue lacrime erano rosse. Cristalli rossi come il sangue grandi intensi.
Corse a prendere una foglia per raccoglierli per paura di perderne anche solo uno li prese tutti ma non riusciva a smettere di generarne.
Era gonfia di passione di ardore. Cio che aveva sognato da sempre quel colore tanto amato era lì e lei poteva usarlo stenderlo toccarlo. Torno' dal ragazzo e disse:
" Tu hai fatto a me il dono più grande che il paradiso conosca ed io te ne sarò riconoscente. Dipingerò per te pensando a te ogni giorno che vivrò nel mio castello di velluto..."
Il cavaliere si inchinò le prese la mano la baciò e riverente si voltò facendo frusciare il suo mantello. Scese le scale e sparì dietro quel portone.
Morgana respirò a fondo e colse il suo odore. Pensò a lui e lo ringraziò ancora.
Lentamente si incamminò verso la sua camera. Si sdraiò sul letto chiuse gli occhi e sognò sogno il rosso quel rosso tanto bello che LORO avevano generato insieme. E al tramonto si svegliò.
Prese di nuovo una tela la colorò dandole il dono della porpora così passarono i giorni i mesi gli anni e lei è ancora là chiusa nel suo castello di velluto davanti alle sue finestre dipinge dipinge ogni giorno un quadro per quell'uomo pensando a lui le sue lacrime si tingono di passione e SA, che quel colore non si esaurirà che i suoi occhi lo celebreranno, ogni volta che lei penserà a lui adesso ha tutti i colori tutti quelli che vuole e ha l’immagine tatuata nella mente di quegli occhi immensi che la guardavano dipingere pensa e crea pensa e crea vive e sogna.
Questa è Morgana la strega dalle lacrime di cristallo.
Un sasso quando tocca l'acqua genera cerchi concentrici che tendono ad allargarsi.
Ma se si lancia con capacità scivola sull'acqua saltando sulla superficie. Un quadro è una tela imbrattata di colori ma se qualcuno te ne ispira anche solo un centimetro ciò che nasce parla
E così la prima ombra del cavaliere si proiettò sul pavimento del castello alla luce della luna la seconda segue Morgana in ogni suo dipinto e la terza è entrata nei suoi occhi dove rimarra' per sempre.

di Metalwitch