-Non posso dirti in che casino mi sono cacciata!- disse Serena con fermezza.
-Perché? Non mi voglio intromettere, voglio solo aiutarti!- continuò Federico più deciso che mai a capire cosa la affliggesse.
-Se ti racconto tutto potresti entrarci per forza e questo non deve succedere!-
-Odio le discussioni lasciate a metà! Mi hai già detto che due anni fa ti sei cacciata un casino e che ora ancora ti perseguita, quindi deve essere qualcosa di grande.
Dunque... hai detto che è iniziato quando ti sei fidanzata, ma si è sviluppato dopo, quando l'hai lasciato e in quel periodo ti sentivi sola, abbandonata.
Se mi avessi detto quanto ti sentivi in colpa per averlo lasciato, ti sarei stato vicino! Ti avrei aiutato se solo mi avessi parlato!
Comunque sia, hai detto che hai lasciato perdere tutto quando hai conosciuto Domenico. Ma perché dovrebbe seguirti ancora questo problema?- disse il ragazzo massaggiandosi con una mano le tempie.
-Il fatto è che posso ricacciarmi in questo casino in ogni momento. Sono una specie di bomba a orologeria! Se ti racconto tutto mi abbandonerai.-
-Perché dovrei abbandonarti?-
-Perderesti la fiducia in me. Credimi, non è una bella cosa.- disse mentre i suoi occhi lasciavano trasparire lo sconforto che pian piano la avvolgeva.
-Dammi almeno un indizio, per favore.-
Un po' controvoglia, Serena sentiva che per calmarlo, almeno un poco, avrebbe dovuto accontentarlo. Così gli raccontò la trama di "Anghells".
Così le ritornava alla mente quel ricordo, risalente al mese prima. Lentamente lasciava scivolare la mano sulla fredda ringhiera del terrazzo pensando a ciò che era successo quella sera in campeggio.
Normalmente riusciva a mascherare bene ogni sensazione; era come se interpretasse la vita di una ragazza normale, eppure a volte, afflitta dalla pesantezza del suo segreto, mandava piccoli segnali che portassero la gente a volerla ascoltare.
Che stupidaggine! Coinvolgere qualcuno nel suo segreto l'avrebbe costretto a lasciare ogni sicurezza e ad entrare in una vita piena di imprevisti e menzogne. Era la vita che conduceva da circa un anno: sempre allerta, sempre a chiedersi "cosa farà perché io vada giù di testa?", una vita passata a invidiare chi la circondava e a provar pena per chi non conosceva il significato di "Felicità".
Quando scriveva "Daemonicus", di solito, nei momenti di solitudine, tristezza, ma dopo una pagina sentiva
subito crescerle dentro una calma e un piacere che la facevano andare a letto tranquilla e serena. Quel libro si era nutrito della sua disperazione per un anno intero e le aveva dato solo un piacere egoistico e temporaneo.
La vera felicità l'aveva provata quando aveva lasciato perdere tutto. La sensazione di aver evitato qualcosa che avrebbe fatto male a tutti, la rincuorava, anche se nessuno lo sapeva.
Nelle persone che le passavano intorno vedeva vite che proseguivano il loro viaggio, sorrisi che avrebbero potuto essere espressioni di dolore.
Non avrebbero mai saputo che lei li aveva salvati, che gli aveva permesso di sorridere ancora, che lei sarebbe sempre stata perseguitata dal senso di colpa e da un nemico speranzoso che lei perdesse la testa.
La gente è sempre pronta a litigare, superficiale e scontenta di tutto. Non sa cosa vuol dire cercare di sorridere quando non resta che piangere.
Così lei era diventata sempre più buona, altruista e aveva scacciato ogni litigio, pur sembrando agli occhi degli altri una debole.
Non sapeva come interpretare ciò che le era successo, ma sentiva che ancora non era finita, si avvicinava...
Tirò fuori dalla tasca dei jeans il cellulare per controllare l'ora. Eranole 8 del pomeriggio, ancora un'ora e sarebbero arrivati Federico e altrisuoi amici per portarla di nuovo nel vecchio ospedale psichiatrico.
Sarebbe stato divertente vedere i suoi amici innervosirsi ad ogni minimo rumore, mentre lei avrebbe lanciato sorrisini scherzosi ai bambini fantasma.
Ormai si conoscevano abbastanza bene, si erano visti più a meno cinque o sei volte da quando li aveva liberati.
Erano sempre molto felici di vederla e soprattutto di sentire le sue parole cariche di amore, dall'altro lato lei riceveva quella piacevole sensazione di pace che le infondevano i loro sorrisi.
Sapeva ciò che era successo ad ogni bambino poiché erano stati loro a farglielo vedere.
Gli bastava porre le mani alle tempie di qualcuno per trasmettergli i propri ricordi, anche se non era molto piacevole e spesso lei non resisteva più di qualche minuto, tanta era la pietà che provava.
Abbassò lo sguardo sul braccio destro, lì i morsi erano ancora abbastanza visibili.
Anche nelle gambe e sul collo si vedevano ancora, ma non sentiva più male. Ai suoi aveva spiegato che era caduta in un cespuglio di rose, non reggeva molto, ma loro ci avevano creduto.
Il vestito che si era messa quel giorno era imbrattato di sangue, tanto che pareva avesse ucciso qualcuno!
Ripensando a tutto ciò le uscì un risolino dalle labbra. Tutta la paura e l'insicurezza erano volate via, sollevate come un manto di polvere che l'aveva ricoperta per tanto tempo.
Forse sarebbe sembrata un po' masochista, ma già non vedeva l'ora di un'altra disinfestazione di demoni!
Un'altra novità era stata l'acquisizione di poteri psichici.
Aveva semplicemente seguito il vecchio esperimento di uno psicologo, che aveva letto su un libro, e ora sapeva muovere gli oggetti, volare e materializzare un'asta con cui poteva difendersi.
Il problema era che erano talmente deboli,da non servirle a molto per ora.
Controllò di nuovo l'ora sullo schermo del cellulare, era passato un quarto d'ora. Si allontanò dalla ringhiera e uscì dalla porta del terrazzo.     [ avanti » ]

di Serena Pirazzi