[ « indietro ]     Mattew non rispondeva, gli occhi gelidi puntati sull’asfalto scuro, Mary lo fissava impaurita, aveva lo stesso sguardo di suo padre.
Giunti davanti alla libreria, Mattew pescò dalla tasca le chiavi, aprì la serranda e fece entrare la sorella, la seguì chiudendo il tutto alle sue spalle. Nell’oscurità il respiro affannoso di Mary sembrava lo sbuffo lontano di una vecchia locomotiva; Mattew accese le luci e la lasciò sola nella grande sala. La ragazza si guardava attorno con aria smarrita:
“Che ci facciamo qui” chiedeva “se il tuo capo arriva all’improvviso ci uccide, andiamo via, ti prego”.
Mattew non rispose, ritto di fronte allo scaffale fissava con aria assorta il libro rosso che sporgeva, invitante, fra la Bibbia ed i Vangeli.
Lo prese.
Lo aprì e capì.
Raggiunse Mary, depose il tomo sotto la luce di una vecchia lampada stile Tiffany e cominciò a scorgere l’indice:
Come procurare la fortuna
Come curare dal veneficio
Come far innamorare
Come evocare i morti
Come causare la morte
Cercò febbrilmente la pagina e lesse con avidità le parole che vi erano vergate.
“Cosa stai facendo?” gli chiese Mary incuriosita.
“Uccido quel bastardo”.
“Con un libro?” chiese lei quasi divertita.
“Perché no” replicò lui sorridendo “cosa abbiamo da perdere?”.
“Nulla” ammise lei “fammi leggere…Dunque qui dice che per procurare la morte di qualcuno è necessario odiarlo, e fin qui ci siamo, bruciare alcune sue ciocche di capelli su un ceppo di rovere pensandolo intensamente e recitare questa specie di cantilena…ma che lingua è?”.
“Latino”.
“E tu sai leggerlo?”.
Mattew intonò a voce alta e stentorea i pochi versi dedicati allo diabolo e Mary rimase stupita dalla sicurezza con la quale suo fratello leggeva e recitava quella antica lingua dimenticata.
“Dove l’hai studiato?”.
Mattew si fermò perplesso:
“Non l’ho mai studiato, è come se lo conoscessi”.
“Lo facciamo?”.
“Sì, disse lui, domani notte, ci sarà la Luna piena”.

La notte seguente Mary e Mattew attendevano sotto una luna nascosta e timida il momento propizio per attuare la loro follia, consci di giocare agli alchimisti e nulla più. Quando furono certi che nel grande parco cittadino non passasse nessuno a disturbarli, Mary porse al fratello una ciocca di capelli ricci, scuri ed unti:
“Come glieli hai presi” disse Mattew con disgusto.
“Li ho strappati dal pettine che tiene sempre accanto al letto, ha dormito tutto il giorno”.
“Bene, dammeli”.
Li dispose su un piccolo rametto che giaceva lì vicino.
“Sei sicuro che sia di rovere?”.
“No, veramente no, ma che importa?”.
Mary lo guardò spazientita, lo colpì con un piccolo pugno sulla spalla e si mise a ridere, per un attimo Mattew vide tutta la bellezza dei suoi quattordici anni, se non fosse stato per la bocca tumefatta e l’occhio nero,sarebbe parsa una ragazzina come tante, che scherza ed aspetta impaziente il suo futuro.
Mattew accese il fuoco con lo zippo.
La fiammella divampò allegra e splendente e Mary accompagnò il suo sfavillio con un applauso ed un grido di gioia.
Mattew iniziò la litania, la fiamma tremò, si spense, poi di colpo divampò al suono delle ultime parole. Il fuoco si fece alto, azzurro, viola, rosso, sembrava salire oltre le loro teste rivolte all’insù, per un attimo un volto contorto, forse un gioco di luci, parve volteggiare fra le scintille per poi svanire in una nuvola di fumo.
“Hai visto?” chiese Mary allibita.
“Sì, forse una reazione chimica del legno”.
“Sì, forse” replicò mesta. “Ma tu credi…”.
“Torniamo a casa” la cinse per la vita tenendo il libro stretto al petto con l’altra mano.
Camminarono piano, con le spalle abbassate.
Giunti sotto casa videro una volante della polizia con il lampeggiante acceso, stazionare dinnanzi al loro portone.
Corsero su per le scale nella speranza di trovare ciò che sognavano da tempo, ma gli uomini in divisa li scrutarono con indifferenza, troppo presi a litigare con una vecchia di colore che rifiutava ad ogni costo di dire dove si trovasse il nipote, probabilmente accusato di furto.
In casa nulla era cambiato, Magdalene fumava con aria assente fissando il forno, Steve e Jason sedevano sul divano accanto al padre, muti e con gli occhi sgranati.
“Venite anche voi qui” biascicò l’uomo “facciamo la famigliola felice che guarda la tv”.
Non si mossero.
“Vi ho detto di venire qui, porca puttana” ringhiò.
I due si sedettero sul tappeto logoro, silenziosi, Mary versò qualche lacrima senza farsene accorgere, Mattew pregò che ciò che avevano fatto nel parco funzionasse, ma la voce roca della madre li chiamò per la cena e la preghiera a quel dio sconosciuto gli morì sulle labbra.
Seduti attorno alla tavola apparecchiata presero a mangiare lentamente, l’aria greve e tesa sembrava solida, l’odore della paura che aleggiava nella stanza si poteva fiutare con ogni poro della pelle.
Poi accadde.
All’improvviso.
Cominciò con un colpo di tosse a cui ne seguì un altro, cupo. L’uomo si portò le mani alla gola, strabuzzò gli occhi, additò la bottiglia d’acqua con la mano uncinata. La tosse peggiorava, un rantolo sibilante gli squassava il petto, lo stomaco prominente rimbalzava al ritmo dell’accesso, il volto paonazzo, un rivolo di muco gli colava impertinente sulla bocca e sul mento. Continuava ad additare l’acqua.
Magdalene ne versò un po’ nel bicchiere del marito e la bevve sorridendo.
Steve e Jason si alzarono all’unisono e cominciarono a gridare:
“Crepa, bastardo, crepa…” ridevano ed urlavano come indemoniati.
L’uomo si alzò barcollando, la tosse era svanita, era rimasto solo il rantolo, una goccia di sangue gli stillava giù per il mento gocciolando sul linoleum del pavimento. Tentò di raggiungere la bottiglia dell’acqua, ma Magdalene la rovesciò per terra ridendo e piangendo:
“Strozzati pezzo di merda, strozzati e liberaci, liberaci finalmente…”.
Mattew assisteva muto, Mary piangeva.
L’uomo piombò a terra, immobile, uno spasmo gli percorse tutto il corpo scuotendolo dalla testa ai piedi, poi il nulla.
Magdalene si alzò, prese una scopa dal ripostiglio e lo colpì ad una gamba, non si mosse.
Urla di gioia, di libertà di follia inondarono la stanza, Magdalene corse ad abbracciare i figli, li strinse tutti e quattro a sé in un'unica dolorosa morsa.
“E’ finita piccoli miei” ripeteva “la mamma non è stata capace di proteggervi, aveva troppa paura, ma ora tutto è finito, il Signore ci ha aiutato”.
Mattew si divincolò dalla stretta e corse in bagno seguito a ruota da Mary.
“Non è stato il Signore, vero?” sussurrò “ siamo stai noi?”.
“Shhhh!!!” la zittì perentorio Mattew “non lo so, non ne sono convinto, magari gli è solo andato di traverso qualcosa”.
“Ma la fiamma, il rito…”.
Mattew abbracciò forte Mary che tremava:
“Non importa come sia accaduto, importa solo che se ne sia andato”.
La polizia tornò quella notte, non fecero troppe domande, i volti gonfi di lacrime dei familiari, la meccanica dell’incidente, erano palesemente chiari, non c’era molto da aggiungere: morto per soffocamento da osso di pollo, caso chiuso, pratica archiviata.
I funerali si svolsero due giorni dopo, nessuno intervenne alla funzione, nessuno accompagnò il feretro al cimitero.
Pochi mesi dopo Magdalene riprese a lavorare come segretaria in un piccolo ufficio e lasciarono l’appartamento per trasferirsi dalla nonna materna che fu lieta di accoglierli; Steve e Jasono tornarono a scuola e dimenticarono l’accaduto in fretta, a volte si svegliavano urlando per il timore che il mostro fosse tornato, ma gli bastava vedere il volto sereno della madre per riaddormentarsi.
Mary e Mattew non erano più gli stessi.     [ avanti » ]

di Vampire