Se la notte mentre dormi
entra vento all’apparenza
e tu senti come un peso proprio
là sulla tua pancia…
Stanne certo lei è entrata sta con
te dentro la stanza …..!!!
(adagio tratto da una vecchia canzone popolare del sud Pontino)...


I bambini per definizione non possono essere scettici in virtù di quel disincanto con cui vivono la loro vita di relazione e, quest'assenza di scetticismo li rende ancora più vulnerabili sotto il profilo strettamente psicologico: ai bambini si può far credere di tutto, ci vuole solo la persona giusta che eserciti su di loro il fascino necessario per guadagnarsi la totale fiducia.
Tra le persone dotate di questa virtù va annoverato sicuramente il mio vecchio bisnonno Giovanni, un ometto esile con due baffoni alla "Vittorio Emanuele" che era capace di tenere a bada per intere giornate il più vivace dei bambini. Ci riusciva con la sua enorme “riserva” di “racconti” che conservava su di un grosso quaderno nero e ci riusciva con tale naturalezza che rappresentava l’ancora di salvezza di tante madri ed in particolare le nostre che, quando proprio non ne potevano più, ci affidavano alle sue “cure” per tenerci lontano qualche ora.
Ci raccontava di serpenti a tre teste, di strani fenomeni naturali, di come si coltiva la vite, ma , le storie che, in maniera eclatante catturavano la nostra attenzione erano, inevitabilmente, quei surrogati di leggende metropolitane che ogni paese si porta inesorabilmente dietro nei secoli dei secoli. “Lupi mannari”, “streghe”, “Folletti“ erano le “guest star” più ambite che la nostra fantasia fagocitava per poi metabolizzare e trasformare nelle paure che si slatentizzavano ogni volta che ci ritrovavamo in qualche zona poco illuminata. L’allestimento scenico di contorno in cui nonno Giovanni si muoveva a suo agio era rappresentato dal gran camino dell’altrettanto grande cucina della casa di famiglia e dalle ore serali, nell’immediato dopo cena. Eravamo nell’inverno appena iniziato dell’anno 1970 avevo 10 anni e, a causa di una forte forma depressiva di cui mia madre soffriva, fui affidato, trasferendomi dalla città di Roma, alle cure dei miei nonni materni che alloggiavano in un paesino di campagna della provincia di Caserta. A quel tempo avevo otto anni e frequentavo la scuola elementare, la mia fervidissima fantasia associata all’avidità di conoscere mi aveva fatto eleggere nonno Giovanni ad assoluto ed incontrastato vate del mio passatempo preferito : spaventarmi ai suoi racconti.
Vivevo di casa – chiesa – scuola e …. Nonno Giovanni! Ed insieme con me, il mio cuginetto Sebastiano figlio di una cugina di mia madre nonché vicino di casa. Una fredda sera di novembre ci ritrovammo come solito davanti ad un bel ciocco che allegramente scoppiettava nel grande camino. Il vecchio con l’immancabile Nazionale senza filtro tra le dita giallastre di nicotina era stranamente taciturno, la mattina un evento nefasto aveva messo di cattivo umore un po’ tutti gli adulti della nostra casa : era morto Benito il cavallo baio di circa 12 anni che, veniva utilizzato dal grande vecchio della nostra famiglia come unico mezzo di locomozione.
Da quel poco che era riuscito a trapelare oltre la cortina di omertà eretta da Gaetano mio nonno materno, avevano trovato Benito agonizzante nella stalla, sudato fino all’inverosimile e con la coda annodata in una strana ed intricatissima treccia. Il Dott. Marchigiano, un gioviale ed obeso veterinario di mezza età si pronunciò per la più scontata delle diagnosi “Crisi cardiaca“, il vecchio cavallo era morto per una crisi cardiaca. Mentre il dottore si stava per accomiatare, ci fu l’intervento del mio bisnonno che attraverso l’immancabile coltre di fumo di sigaretta che lo precedeva commentò laconicamente: “ e’ stata la janara …!! Guardate la coda … ci vuole dire che ce l’ha con noi …”Ci fu un attimo di silenzio interrotto solo dal commento dell’altro mio nonno nonché suo figlio Gaetano: “Papà ma stamattina non avete proprio nulla da fare? "Mentre tutti questi fatti accaduti in mattinata mi passavano davanti come in un film, ritornai in me e chiesi: “ Nonno ma che cos’è la Janara?” Senza voltarsi e continuando a fumare il vecchio cominciò a parlare di donne malvagie e crudeli che di giorno erano normali ma che, nelle notti di luna piena si trasformavano in orrendi mostri capaci di commettere qualsiasi nefandezza, in particolare amavano camminare sui tetti, storpiare neonati spezzando e mutilando le loro membra, volare sugli alberi dove restavano appollaiate per saltare sulle spalle del malcapitato di turno, potevano addirittura trasformarsi in vento, girando velocemente su se stesse per penetrare così al di sotto delle fessure dei portoni ed entrarti in casa per rubarti il respiro fino a farti morire…. Terminò spiegandoci come difendersi da loro: portare sempre con sé una o più immagini Sacre, “segnarsi” per tre volte consecutive ripetendo a voce alta “OGGI E’ SABATO”, collocare sacchetti di sabbia sulle finestre e sulla soglia del portone …
“Ma come si diventa janara?”
“ianara non si diventa”, rispose il vecchio, “si nasce”… O meglio, nasce janara la donna che vede la luce il 24 dicembre a mezzanotte in punto…. Non si può offendere Gesù nascendo insieme con lui….”     [ Vai a pagina: 2 » ]


di N. Pagano