Scendeva lentamente le scale che conducevano alle segrete del Castello… Tac, tac,tac… Sempre lo stesso suono secco che aveva sentito per anni; nessuno dei suoi servi aveva il permesso di varcare la robusta porta di legno leggermente nascosta dai pesanti arazzi. Questo era l’unico modo che conosceva per uscire dalla sua dimora senza che il maggiordomo ficcanaso che aveva assunto in un momento di poca lucidità, lo scoprisse; la discesa era buia, non si era mai preoccupato di illuminarla visto che vedeva benissimo anche in quelle condizioni e inoltre la mancanza di lampade o torce scoraggiava ulteriormente gli estranei ad entrare nel suo mondo privato. Nel corso del tempo aveva dovuto allontanarsi per lunghi periodi dal Castello per non destare sospetti e ogni volta che vi tornava doveva apportare migliorie che si adattassero allo scorrere delle ere. Nessuno avrebbe capito perché il Padrone desiderava ancora i vecchi camini sparsi nelle varie stanze, invece di un comodo impianto di riscaldamento centralizzato. Quella era stata l’ultima diavoleria che era stato costretto e far installare; giorni lunghissimi di continui lavori e via vai di operai affaccendati in ogni dove. Temendo che con il loro continuo sventrare e ricostruire trovassero segreti per così dire di “famiglia” aveva escluso dalla restaurazione l’ala più vecchia della magione, adducendo banali scuse di scarsità di fondi, cosa buffa se si considerava che aveva così tante proprietà in tutta la vecchia Europa da potersi comprare l’intero paese sottostante; ma non erano gli immobili di quella zona ad interessarlo, bensì le persone che vi vivevano….
Ad ogni cambio di generazione tornava per vedere come stesse la sua famiglia; poco prima di divenire ciò che era ora aveva amato una ragazza splendida, dai lunghi capelli rossi e occhi verdi così profondi e saggi da potercisi perdere dentro; questa donna dalla loro unione aveva avuto un figlio e quando il bambino era stato abbastanza grande per essere svezzato lui era tornato, convinto nella sua ingenuità, che la ragazza avrebbe condiviso con piacere l’eternità con lui conservando per sempre la sua bellezza quasi divina. Eppure lei non era pronta, dopo averla costretta con la forza le fece il dono che lui aveva già ricevuto, ma Giulia impazzì e ben presto si donò alla luce del sole…. Con il passare del tempo si rese conto che forse era stato meglio così: Giulia era una creatura nata per godere della luce del sole, la sua chioma alla luce della luna avrebbe perso gran parte del fascino che aveva. Queste considerazioni avvennero però molto tempo dopo e in quel momento l’unica cosa che gli venne in mente per rimediare al suo errore era di assicurare a suo figlio tutto ciò che il denaro potesse comprare; fu così che crebbe e mise su una sua famiglia e nonostante lo scorrere inesorabile degli anni per Esteban era una consolazione vedere i suoi eredi arricchirsi, diventare importanti e stimati come avrebbe voluto fare lui da vivo. Tutto ciò che durante la vita mortale gli era stato negato l’aveva però ottenuto nella sua nuova condizione; era facile per una creatura come lui soggiogare uomini potenti e orgogliosi e metterli al proprio servizio, abbandonandoli quando non erano più necessari ai suoi scopi. Tra le varie imprese non scordava mai di controllare la sua famiglia e di aiutarla quando ce ne era bisogno. Quella sera si era finalmente convinto ad andare in paese a cercare i suoi discendenti; aveva fatto fare ricerche dal suo uomo di fiducia, l’unico a conoscenza della sua vera natura che lo seguiva ormai da tempo immemore. La famiglia che cercava abitava in un quartiere residenziale, ben curato e sicuro, lontano dalle zone più pericolose e abbiette; si avvicinò cautamente alle finestre illuminate facendo attenzione che non ci fosse nessuno che lo potesse vedere e fissò l’interno dell’abitazione con morbosa curiosità, non sapeva il perché, ma sapeva che quella sera avrebbe avuto una sorpresa memorabile. D’improvviso da una porta appena socchiusa che probabilmente si affacciava su un corridoio interno spuntò una chioma rossa, un po ribelle che incorniciava un viso dai lineamenti perfetti e due occhi verdi come smeraldi…. Occhi profondi, quasi persi in visioni meravigliose…Occhi cechi…. La ragazza si muoveva con naturalezza tra i mobili della stanza, ma all’occhio esperto di Esteban non sfuggì la titubanza nascosta, l’incertezza del buio, un po come succedeva a lui nelle segrete: sapeva bene dove si trovavano tutti gli ostacoli, ma temeva che qualcosa fosse fuori posto. L’uomo non capiva come una donna tanto bella potesse sopportare di vivere nelle tenebre e si chiese se avesse mai visto il mondo che la circondava o era costretta a questa vita da sempre, fin dal suo prima respiro. Questi pensieri però rimasero per poco nella sua testa perché la somiglianza con Giulia era impressionante e per qualche secondo le solide mura di mattoni si trasformarono in pareti di legno tarlato, le luci del neon nel bagliore di un camino….
Non seppe bene come accadde ma si ritrovò a suonare alla porta, sperando e temendo allo stesso tempo che la ragazza all’interno fosse la stessa che involontariamente aveva ucciso più di due secoli prima.
Una voce morbida e vellutata rispose dall’interno e lui senza badare troppo alle formalità rispose con il proprio nome, quello che non usava ormai da molto tempo…
Immediatamente la porta si aprì e Esteban si insinuò all’interno, venendo circondato dall’aroma inconfondibile dei fiori di campo che da sempre gli ricordava l’unica donna che avesse mai amato.
Rimase appena oltre la soglia, incantato di fronte a quell’essere così placido eppure così pieno di forza da lasciarlo stordito e spinto da un impulso irrefrenabile le sfiorò il viso con una carezza dolcissima. La ragazza inizialmente sussultò al tocco freddo di quella mano bianca come porcellana e un brivido la scosse dal profondo, spalancò gli occhi e lacrime amare scorsero sulle sue guance appena arrossate dall’emozione….
“Dovevo vivere una vita intera al buio per capire che l’unica luce di cui avessi bisogno era il tuo amore…..Bentornato….”

di Lady Misha