Qualche volta nella vita devi anche saperti arrangiare..
Poi, più lo sai fare e meglio è per te.
La notte in cui per i miei tre amici è calata la tenebra eterna, per me è sorto il sole che avrebbe per sempre illuminato la mia vita. Buffo, voglio dire, per loro la dannazione, per me la redenzione. Sempre che la si voglia chiamare così.
Ma lasciate che vi racconti per bene le cose, così che possiate giudicare con cognizione di causa la mia storia e darmi il vostro parere.
Sono nata là dove la pioggia porta ancora il profumo dell'ebano, in una terra dove il cemento ancora non strangola il sole... Tutti dicevano che ero bella, come la grande notte africana, e nei miei occhi splendevano le stelle... Mi chiamavano la Perla Nera...
La mia famiglia non era molto ben messa economicamente parlando, diciamo pure che faceva schifo, così quando dei ribelli del f.r.p. hanno sterminato tutti quanti non sono molto rimasta a piangere sui loro cadaveri squartati: voglio dire, chi dovevo piangere? La madre puttana che nemmeno insegnava il mestiere, un padre che è meglio non descrivere nemmeno con allusioni, due fratelli che credevano di essere uno il figlio di un presidente americano e l'altro una scimmia? Ma per favore...
Me ne sono andata in fretta, verso il primo aereoporto che c'era: una volta arrivata dovevo affrontare un gran bel problema: come sarei potuta salire su quel maledetto aereo? Ma qui mi sono venuti in aiuto i miei tre amici: tre ragazzi sui ventitrè anni, di bell'aspetto e con i denti un po' più appuntiti del normale mi hanno preso con loro.
All'inizio non volevo fidarmi di loro, insomma, non mi va di finire sul giornale come “ennesima ragazza stuprata da gruppo di ragazzi dall'aspetto disumano”.
Poi però il più grande, detto tra noi il più bello, mi guarda con quei suoi due occhi blu scuro e mi fa:
-Tranquilla, non vogliamo niente da te.-
E io “cippirimerla, come no!!” ho pensato all'inizio, ma poi ho deciso di fidarmi perchè era l'unica occasione che avevo, me ne volevo andare da lì, ma se non prendevo al volo quest'occasione che altre speranze potevo avere?
Sono andata con loro, ma durante il viaggio uno dei tre, uno splendido pezzo d'uomo alto uno e novanta con capelli rosso fuoco, altro che arancionino scemo, e due smeraldi incastonati nei bulbi oculari, si è sentito male. Non ha iniziato a foppare come fanno tutti gli umani, ma gli stava per venire un mancamento.
Già era pallido di suo, vuoi che aveva i capelli di quel colore, vuoi che comunque erano tutti e tre cerei, questo sta per avere una crisi epilettica, inizia a tremare anche se ancora controlla le sue reazioni, sbatte gli occhi infastidito dalla luce e respira pesantemente, ma il petto si alza ancora più lentamente di prima.
Adesso, voi quanto ci avreste messo a capire che quelli erano vampiri? Io, mezzo secondo e un quarto.
Mi sono piegata verso di lui spostando un po' il colletto della camicia, mi sono seduta in braccio a lui e ho lasciato che mi mordesse: ha fatto piano, per non farmi male, ed è stato bello, come un bacio normale. Lo sentivo tornare in forze man mano che il mio sangue defluiva nella sua bocca, e mi stringeva tra le sue braccia con più forza.
Quando finì,io mi sentivo logicamente stanca, spossata, e mi abbandonai contro il petto del ragazzo con gli occhi blu che mi aveva preso in braccio per lasciare all'altro la libertà dal mio peso, seppure leggero.
Sotto quei cieli scuri mi sono sentita ribollire, e di lì a poco si china e mi bacia, non mi morde, si limita a baciarmi come se fosse un umano.
Poi rapidissimo mi infila i denti dalla parte dove la pelle era ancora intatta, e mi strappa un mezzo gemito a metà tra dolore e piacere.
Anche il terzo ragazzo, una magnifica creatura con occhi e capelli scuri come la notte, come l'eternità, mi bacia e banchetta con il mio sangue, ma a dire la verità andò a finire che mi sentii più riposata che stanca, anche se avevo perso altro sangue.
Di lì a poco arrivammo all'altro aereoporto, a Londra.
Io, che di quella città sapevo solo il nome e che ci vendono la coca-cola, che dovevo fare? Più che altro, che POTEVO fare? Così, quando mi proposero di seguirli accettai, per un paio di mesi( ma fate anche una quindicina con comodo) mi misi nella loro cripta.
Sì, a volte era un po' affollata per via della gente che li andava a trovare, tutta della loro razza tra l'altro, ma facevamo una bella vita, loro mi proteggevano, io consigliavo loro dove andare, andavamo in giro insieme per adescare vittime di entrambi i sessi e via dicendo.
Poi sono venuti gli ammazza-vampiri.
Erano i miei migliori amici, ma non c'è amica migliore della tua pelle. Io ho dato loro l'eterna dannazione, e mi sono “redenta”.
Ho trovato una vita ancora migliore. Come?
Facile. Uno degli ammazza-vampiri più importanti mi aveva adocchiata: poteva farmi fare una vita di gran lunga migliore, di lusso, in cambio voleva solo sapere come trovare quei tre vampiri.
Sapevo che li avrebbe ovviamente uccisi, perché oltre ad essere un ammazza-vampiri aveva anche parecchi conti in sospeso con il moro con gli occhi blu, o meglio, conti che aveva perso: la prima figlia vampira, la seconda che aveva donato al bel tipo la verginità, e il terzo figlio reso vampiro dal rosso, e la moglie “stuprata” (ovviamente c'era stata eccome) dal terzo tipo, quello dai capelli e gli occhi nero notte.
Questo ammazza-vampiri alla fin fine era un bell'uomo, aveva senso critico, senso dell'umorismo e quant'altro, e sarebbe sicuramente andato d'accordo con i tre che detestava, se solo fosse stato della loro razza o meno arrabbiato nei loro confronti.
Cosa che comunque non gli si poteva biasimare. Era la redenzione che vi dicevo.
Mi da fastidio aver tradito i miei amici, a volte mi sveglio la notte e sento le urla di rabbia del moro con gli occhi blu. A volte sento ancora le parole ben scandite che mi grida dietro, mentre si difende, eroico e bellissimo nella sua frustrata difesa, mentre lo accoltellano, mentre si dibatte e si libera, mentre strattona i suoi aguzzini, mentre...
O lo sguardo lontano, vuoto, accusatore, che gli occhi smeraldini del rosso imprimono nella mia pelle come un senso di colpevolezza, la colpevolezza di essere causa di quel totale abbandono alla morte...
O il riso sprezzante del terzo, che si lascia uccidere per primo, mentre i due scappano...
Ma che sapeva, guardandomi negli occhi, che non sarebbero andati da nessuna parte...
Tu lo sai che moriremo.- mi sembravano sussurrare quegli occhi.
- Sì, ma non è colpa mia!- avrei voluto gridargli io, per vedere quelle labbra piegarsi in un sorriso meno bastardo, più di compassione.
Ma quello che non dimenticherò mai è il ragazzo moro, con quei suoi occhi stupendi, perché nella sua estrema difesa mi è apparso più bello che mai.
Mi dispiace davvero che siano morti.
Erano dei bei ragazzi.

di Vereor