Tutù bianco, scarpe da mezza punta in pelle rosa, calzamaglia e scaldamuscoli rosa, una coroncina di boccioli di rosa bianchi a tenere unito uno chignon di capelli color cioccolato altrimenti lunghi fin sotto le spalle, un viso di porcellana, occhi verde smeraldo, seno acerbo.
Una bambolina piccola e bellissima.
La vedo andare nel retropalco per cambiarsi dopo le prove, scendere i gradini e dirigersi verso i camerini.
Ha appena finito di ballare la Polonaise, domani sera la prima del saggio.
La seguo da lontano con attenzione la madre la tiene per mano, la guarda, sorride, le carezza i capelli, sembra felice con la sua piccina accanto, non sa che questa è l'ultima volta che vedrà sua figlia viva.
Sento l'eccitazione dell'attesa, la sento sotto la pelle, macina finemente le corde della mia anima e le corrode come acido. Un tremore impercettibile alla mia palpebra destra e quella spia rossa che lampeggia all'angolo dell'occhio, modalità "killer on" innescata.
Respiro intensamente cercando nell'aria particelle infinitesimali del suo profumo.
Sta ridendo, il desiderio fra le cosce si scatena impetuoso.
In un angolo del cervello sto già sezionando la gamma di giochi che farò con lei prima di tagliarle la gola.
La vestirò di bianco, un bel vestito di raso con piccoli fiocchi sulle maniche a sbuffo e nastri gialli intrecciati in vita, le scioglierò i capelli e la pettinerò, le metterò un po' di rosso sulle labbra ma solo una punta e lo spalmerò con delicatezza col polpastrello.
Solo una goccia di colore su quelle labbra delicate e vergini che mi tormentano da mesi.
Accarezzerò le sue gambe ancora prive di peli dalle caviglie all'inguine, giocherò con le dita dei piedi, la bacerò tutta.
È mia.
Sono tutte mie.
La amo.
Amo le mie bambine.
Nessuno le ama quando me.
Sono tutte lì, nel cemento appena gettato della mia cantina, resteranno con me per sempre.
Anche lei le raggiungerà presto, quando la vischiosità del sangue macchierà il vestito.
Adoro questo momento, quando la lama affonda senza sforzo.
Quando le labbra si contorceranno e l'ultimo alito di vita lascerà il suo corpo, solo all'ora prenderò il mio trofeo, qualcosa di lei da tenere con me, un'unghia o una ciocca di capelli, qualcosa di piccolo che possa restare nel portagioie di madreperla che ho comprato per lei, tutte loro ne hanno uno nella vetrina di cristallo sopra il camino.
Un pezzetto della mia bambina avvolto in un fazzoletto di lino, qualcosa da toccare per ricordare, per non dimenticare. Sta uscendo, ci siamo.
È tutto pronto.
Arrivo.

di Eleonora