Cap. 1 – Legami di sangue
“Come riesci a leggere nei miei occhi?…Per te sono un libro aperto…un enigma di cui conosci già la soluzione” disse Mircalla socchiudendo gli occhi e guardando il suo avversario muovere un pedone sulla scacchiera
“Temo sia una dote naturale” disse Vladimir “inutile dire che riesco ad esercitare tale dono solo su di te!” Vladimir socchiuse a sua volta gli occhi guardando la sorella e pensando che, forse, era venuto il momento di raccontarle cos’era successo qualche mese prima. Mircalla alzò lo sguardo sul fratello, biondo, pelle candida e occhi quasi d’argento “Allora cosa vuoi dirmi fratello?”.Vladimir sussultò e poi, sfoderando un bianchissimo e micidiale sorriso, disse: “E poi sono io quello che sa già la soluzione dell’enigma…”
“Spero solo tu non mi voglia raccontare altre bugie sul massacro che c’è stato a casa prima delle vacanze….”
“Come puoi essere certa che io stia mentendo?”
“Tutte le volte che mi dici una bugia il mio cuore sussulta ferito” rispose Mircalla.
“Ti dirò cos’è successo…tutto quanto…mi prepari una tisana per favore?” Vladimir osservava la sorella, non molto alta, con una folta chioma ramata, vestita come tutte le ragazze della sua età; forse, a diciassette anni, lui non avrebbe retto al suo racconto. Mircalla si voltò porgendo una tazza fumante al fratello, gli sorrise, Vladimir notò i denti perfetti e bianchi, solo i canini un po’ lunghi rendevano quel sorriso un po’ agghiacciante.
“Mi racconterai davvero tutto?” chiese Mircalla sedendosi
“Si, a questo punto è inevitabile” rispose Vladimir.

Cap. 2 – Il Funerale
Mircalla frequentava un prestigioso collegio svizzero. Era una mattina fredda e le montagne erano innevate. Forse, di lì a poco, sarebbe nevicato anche nella valle. Mircalla ci sperava, il collegio era così deprimente, era stato ricavato da un vecchio monastero, enorme e pieno di spifferi. La neve, almeno, avrebbe reso surreale e silenziosa l’atmosfera. Per andare nell’aula di scienze doveva fare il giro del chiostro, a metà strada circa incontrò alcune ragazze che conosceva e visto che era insolitamente in vena di parlare, si aggregò. Presto sarebbero iniziate le vacanze di Natale, parlavano di quello mentre percorrevano il breve tragitto. Arrivarono in aula per prime e si sedettero vicino alle finestre, poco dopo l’aula si riempì di ragazzine ciarliere. La professoressa di scienze entrò nell’aula, gettò uno sguardo sulla classe, e dopo aver individuato Mircalla disse: “Du Bois?”
“Si?”
“La preside ti attende per comunicazioni urgenti”
Mircalla si alzò e lentamente si avviò verso la presidenza. Aveva la testa vuota e le gambe pesanti, un nodo allo stomaco e un tuffo al cuore le fecero capire che era successo qualcosa di grave. Bussò.
“Si avanti” disse una voce stridula
“Buongiorno, preside”
“Buongiorno, Mircalla…siediti” la preside era vistosamente agitata “…ecco…non so come dirtelo…ma vedi, pare che i tuoi siano stati aggrediti mentre erano in casa…domani sera tuo fratello verrà a prenderti…al momento i tuoi sono ricoverati in ospedale…ma purtroppo…non so dirti nulla di più”
Mircalla non ascoltava, vedeva immagini allucinanti, come se fosse al cinema, non sentiva cosa diceva la preside…..per oggi saltare le lezioni….puoi parlarne col cappellano….vuoi del tè?
“Ingrid porta una tazza di tè per la signorina Du Bois”
Mircalla vedeva qualcosa… e poi tutto quel sangue…ne percepiva l’odore. Sentì il rumore di qualcosa che si rompeva, le era caduta la tazza che le avevano messo in mano. Si alzò di scatto. Corse fuori. Oltrepassò il corridoio, il chiostro e si buttò fuori dal portone. E il vecchio portiere non la vide nemmeno; veloce come un daino braccato dal segugio corse lungo la strada bianca che dal monastero attraversando il bosco portava verso la civiltà. Superati i primi alberi si fermò e rabbrividì, addosso portava solo la divisa scolastica. Cominciarono a cadere i primi fiocchi di neve, gelidi, piccoli, spilli le cadevano sul viso. S’inoltrò nel bosco perché non voleva essere trovata, si sedette ad una certa distanza dalla strada su un tronco caduto, tremava e non solo di freddo, si sentiva svuotata. Chiuse gli occhi un momento non vide nulla; era calato il sole e le pallide stelle la guardavano dall’alto. Dopo un po’ i suoi occhi si abituarono all’oscurità aiutati dal fatto che era sorta la luna piena, pallida ed indifferente alle sorti umane. Improvvisamente Mircalla sentì dei rumori sordi e bassi, quasi un ringhio, provenire dalle sue spalle. Si voltò di scatto e vide due enormi occhi rossi. Si avvicinavano. Si alzò e cominciò ad arrampicarsi su un basso castagno. Sentiva ringhiare. La bestia era sempre più vicina. Uno dei rami più bassi su cui teneva un piede, mentre cercava di issarsi su una ramo più robusto, cedette sotto il suo peso. Mircalla lanciò un urlo, mentre con le sue braccia cercava disperatamente di salire, il suo polpaccio venne artigliato dalla Belva. Un dolore bruciante alla gamba, e poi uno sparo, il vociare confuso di persone, le sue mani lasciarono la presa e cadde. Cadde sempre più, nell’oscurità.
Quando riprese conoscenza era nel lettino bianco dell’infermeria, la luce entrava dalla finestra e da ciò che poteva vedere era tutto innevato. Improvvisamente si accorse di non essere sola, si voltò e vide un personaggio tutto impettito vestito come se fosse un avvocato “Finalmente! Ben svegliata signorina”
“Lei chi è?”
“Sono un avvocato, ma attualmente sono stato nominato da suo fratello in qualità di tutore.”
“Mio fratello?? Lui dov’è?”
“…ecco…suo fratello si trova a casa vostra, sta organizzando tutto…e inoltre non è in grado di affrontare viaggi, è molto provato.”
“Sta organizzando tutto cosa?”
L’avvocato le porse una busta sigillata, Mircalla l’aprì e lesse poche parole…il succo era che i suoi genitori erano morti in seguito alle ferite riportate. La grafia era quella del fratello ma non sembrava scritta da lui, qualcosa non andava! “Quando ci sarà il funerale?”
“Domani” rispose l’avvocato “quindi dobbiamo affrettarci.”
Il viaggio non fu troppo lungo, arrivarono appena in tempo per andare in chiesa. Mircalla e l’avvocato presero posto in prima fila, di suo fratello non c’era traccia. Finita la funzione si avvicinarono diverse persone per farle le condoglianze poi, accompagnata dall’avvocato, si diressero verso l’uscita: “Mio fratello? Dove si trova? Come mai non è venuto?”
“Vede signorina, suo fratello non è molto in forma, in questo periodo la sua salute è alquanto cagionevole quindi ha evitato il funerale. Lo vedrà di certo a cena.”

Cap 3 – Dopo il tramonto
Infine arrivò sera. Mircalla si era seduta sul divano e guardava le fiamme nel camino, la casa era silenziosa, nulla disturbava i pensieri della ragazza. Poi, finalmente, sentì una porta aprirsi piano e subito dopo, cigolando, richiudersi. Aprì gli occhi gonfi e vidse davanti a se il fratello. Non troppo alto (per meglio dire..non abbastanza), magro, la guardava con quegli occhi improvvisamente così alieni “Mi dispiace Mircalla, so quanto tu gli amassi!”
“Davvero lo sai?”
“Pensi di restare qui o di tornare in collegio?”
“Non lo so” disse Mircalla “perché? Hai fretta di mandarmi via?”
“No, assolutamente” rispose Vladimir con un sussurro
“Ora sai tutto!” affermò Vladimir. Mircalla lo guardava ma nei suoi occhi non c’era traccia di turbamento “Mi stai dicendo che tu, non più tardi di alcuni mesi fa, sei stato creato, che sei diventato un cacciatore, che depredi la vita altrui?”
“Si” rispose Valdimir “come si legge nei polverosi libri di papà! Lo sai che persino i nostri nomi sono in quei libri? Mircalla e Vladimir sono nomi di vampiri.”
Ecco! L’aveva detto. Erano ore che tentava di spiegare cosa gli era accaduto e di come tali accadimenti si fossero poi rovinosamente rivoltati contro di lui. “Pensavo sarebbe stato un destino infausto, ma che forse voi avreste potuto capirmi” disse con ira.
“Noi?” ripetè Mircalla “se scopro soltanto ora che sei, o che ti credi, un vampiro.”
“Pensi che io ti stia mentendo?” chiese Vladimir.
“Non so” rispose Mircalla
“In ogni caso, sorellina, questo è un dono e io pensavo di dividerlo con la mia famiglia, ma evidentemente, mamma e papà non ne erano così entusiasti.”
“Tu volevi trasformare tutti noi in vampiri?” chiese debolmente Mircalla. Vladimir non rispose, si limitò a guardare la sorella. Si fronteggiavano senza fiatare, poi Mircalla disse: “Ora della famiglia sono rimasta solo io…”
“Proprio così” disse Vladimir esibendo un sorriso
“Purtroppo fratello temo che il tuo inatteso dono a me non possa essere fatto” disse pacatamente la ragazza. Vladimir proruppe in una risata e poi con tono serio aggiunse “Perché mai?”
Mircalla storse la bocca in quello che poteva sembrare un sorriso e la luce le illuminò ancora una volta quegli occhi ferini e quei suoi lunghi canini.
“Perché io ho già il mio, fratello.”


autrice                                    
Gaia Vancini