I’m no angel, but does that mean that I won’t fly
(I’m no angel – Dido)


I miei viaggi partono sempre in sordina, confusi come colline tra le nebbie di Avalon, per poi esplodere in un fall out di colori.
Allora il mondo comincia a girare con me, vorticosamente, ed io sono il derviscio che lo domina dall’alto.
Sento le urla dei ragazzi, vedo le loro braccia alzate mentre invocano a gran voce il mio nome.
Rinchiuso nella mia gabbia di plexiglas li guido verso l’estasi, verso il nirvana.
Manipolo la musica, la piego, la faccio gemere e gridare. Il sudore mi cola sugli occhi come pioggia mentre mi faccio di onnipotenza. Bastano una manciata di pillole colorate e due sorsi di birra e si spalancano le porte del paradiso.
Il mio paradiso artificiale ha il sapore della notte, di bile e di vomito rancido. E’ lo scotto che devo pagare alla luce del giorno.
La mattina prendo delle altre pillole per riuscire a dormire, per tenere lontano da me i sogni. Hanno sempre un volto cattivo, i sogni. Fauci spalancate che dilaniano ciò che resta della mia anima.
A volte non mi lavo per giorni. Sono sporco e puzzo. Mi dimentico di mangiare e tiro avanti solo con due bottiglie di birra ed un pacchetto di marlboro.
C’è stato un tempo in cui non ero così, quando ancora avevo il mio angelo con me.
Il mio perduto angelo nel mio perduto Eden.
Piango lacrime di sangue stringendo il cuore tra i denti, come quella notte di pioggia tanti anni fa, quando assaggiai l’asfalto tra i rottami della mia moto, con la vita spezzata del mio angelo tra le braccia.
Il mio perduto angelo nel mio perduto Eden.
La notte del sabato è quella più faticosa. Mi tiro due piste di coca, poi ne tiro altre due. E ci metto sopra un mezzo whisky per essere sicuro di sballare.
Con il pugno sollevato contro il cielo abbandono il mio corpo alla musica, mentre la mia anima vola altrove, nel mio perduto Eden.
La folla è un mare che ribolle sotto di me, tra i fumi colorati e l’odore di erba. Il mio perduto angelo è là ed ondeggia con gli altri, al di sopra degli altri. Tende le braccia verso di me e mi chiama. La sua voce è un raggio laser che fende l’oscurità.
Scavalco d’un balzo il blocco mixer e mi lancio al suo inseguimento.
Scalcio e spingo ed urlo. Con la bava alla bocca mordo come un cane rabbioso le mani che cercano di fermarmi mentre il mio angelo svanisce.
Mi lascio cadere sulle ginocchia. La musica è cessata ma sento ancora il ritmo pulsante delle percussioni dentro di me: accelera ed accelera, diventa distonia, aritmia, si impenna, si ferma.
Sono di nuovo con il mio angelo, ora.
Con il mio perduto angelo nel mio perduto Eden.

di Vareno
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