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Poema inciso su undici tavolette, più una (in cui si narrano le vicende di un personaggio secondario), che furono rinvenute a Ninive alla metà ottocento tra i resti della biblioteca del palazzo reale del re Assurbanipal.
Gilgamesh re leggendario è figlio del divino Lugalbanda e della dea Rimat-Ninsun sacerdotessa del tempo Egalmah del Dio del sole Shamash, è per un solo terzo mortale.
Il sovrano di Uruk è però un uomo estremamente violento e brutale, si arriva a dire che bevesse il sangue stesso dei nemici.
Proprio per tentare di smorzare questa sua violenza vengono supplicati gli dei, che rispondono inviando un prode guerriero: Enkidu.
L'incontro tra guerriero e Gilgamesh si risolve in un combattimento epocale, Enkidu ha la meglio, ma riconoscendo nel re di Uruk la divina capacità di comando, gli si sottomette ed i due si dichiarano amicizia.
I due eroi diventano inseparabili compagni di avventure epiche.
L’olimpo divino non è contento ma offeso dai ripetuti sacrilegi. Enlil decreta che uno dei due eroi muoia. Poiché Gilgamesh ha sangue divino nelle vene, la pena ricade su Enkidu che cade in agonia.
Il sovrano di Uruk ha quindi per la prima volta la percezione non soltanto della perdita del compagno del suo cuore, ma anche della ineluttabilità della morte.
Per quando longevo lui, discendente di un dio e di una dea-sacerdotessa non è immune alla vecchiaia ed infine alla morte.
Gilgamesh quindi diventa ossessionato dalla ricerca dell'immortalità, a qualunque prezzo.
Intraprende quindi un viaggio alla ricerca di Utnapishtim, il lontano, antico re di Shuruppak sopravvissuto al diluvio universale, ma quando, dopo numerose peripezie, riesce ad incontrarlo, nella terra di (dilmun) - là dove sorge il sole - deve arrendersi all'evidenza: le circostanze che hanno dato al suo antenato l'immortalità sono eccezionali e non ripetibili.
Riceve però indicazioni su come raccogliere in fondo al mare un'erba simile al biancospino il cui nome è vecchio-ritorna-giovane, che intende portare al suo popolo.
Dopo essere riuscito a coglierla, immergendosi con l'aiuto del battelliere Urshanabi, mentre si riposa accanto a un ruscello, un serpente la ruba e la divora cambiando quindi pelle.
Gilgamesh fa quindi ritorno ad Uruk.
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