Sono veramente stufo! Proprio non lo sopporto più. Essere il mio editore non gli conferisce certo il dovere - lasciamo perdere il diritto - di rompermi in continuazione le palle.
Anche stasera mi ha chiesto a più riprese un nuovo racconto, a suo dire, finalmente pubblicabile e soprattutto vendibile: "... qualcosa che anche io potrei comprare. Qualcosa che risvegli i tuoi bisogni quotidiani, stimoli i tuoi istinti - bassi, credo di intuire - allarghi la tua conoscenza - la sua, s'intende."
"Insomma dobbiamo buttare fuori qualcosa di vivo, non le solite cipolle. Intanto nessuno le sbuccia - forse che sia anche per paura di piangere? - e naturalmente non si sogna neppure di comprarle, nemmeno fossero a Millelire. Basta con i pacchi, quel settore è oramai tutto off limits per noi: basta con gli echi post-romantici!"
Una Corona non è sufficiente: ce ne vorranno almeno quattro e poi due o tre Martini minimalisti. 1/3 di Gin e 2/3 di fantasia: 40 gradi secchi + la fantasia che non è in etichetta e, in genere, è gratis. Poi, con ogni probabilità, la tastiera del Pc inizierà a battere da sola.
Cosa devo quindi fare io: quasi nulla.
A) Scegliere un argomento, un tema - non dico una filosofia, lasciamo poi perdere la weltanschauung che oggi non gli frega a nessuno, perché a tutti l'Adesso fa cordialmente schifo: forse se ne vergognano, chissà.
B) Inventare un personaggio, un io narrante che si carichi della responsabilità dell'intreccio: in genere basta guardarsi attorno. Io invece spesso preferisco guardarmi dentro, ma stasera troverei solo troppo alcool. Come cavolo faranno gli scrittori affermati?
Raramente mi sembra di avvertire un'eco di spirito nelle loro opere.
C) Costruire uno scenario plausibile. Plausibile per chi? Questo è sempre il momento più critico. Accettabile da chi? Se fosse solo per me, tutti potrebbero essere piu' che reali. Per loro, per Lui, per i nostri potenziali lettori, quali saranno quelli vitali, quali quelli desiderati? Quali sarebbero quantomeno un pugno allo stomaco, lasciamo perdere all'anima: stiamo scrivendo un racconto, mica la Bibbia.
Qualcosa troverò; qualcosa ho sempre trovato. Più difficile è trovare dei buoni lettori: non parliamo degli editori. Metto nel lettore - purtroppo solo quello del Pc - un compact: ascolto la musica che crea e quindi avvolge paesaggi, stuzzica vecchie emozioni.
Però che stronzata mettere su Incontro di Francesco! Non poteva capitarmi di peggio: come me la cavo adesso? Qualunque cosa ne esca, a Lui non piacerà di certo.
Davvero la tristezza può avvolgerci come miele? Qualche volta lo dubito, ma purtroppo molte esperienze invece lo confermano...
Se continuo così non n'esce niente di buono: niente di meglio del solito.
Lui si era davvero ucciso per Natale? E come? Non l'ho mai capito: appeso forse all'albero o gettandosi nel laghetto di stagnola delle oche...
Questo sì che potrebbe essere uno scenario vendibile. Lavoriamoci sopra e vediamo cosa salta fuori... con tutta probabilità solo stronzate. Ma non devo scrivere la Ricerca, neppure la Commedia; peraltro non è neppure che Devo Scrivere! Ma oramai ho investito in gin e Corona, non vorrei buttare tutto nel cesso. Credo che neppure Lui lo vorrebbe, nonostante non partecipi alle spese e neanche alla gastrite.
"Follia; Dadaismo; Assurdo; Fantastico; Erotico. Ecco quello cui devi dedicare la tua attenzione: oggi solo questo posso sperare di piazzare. Altro ha fatto il suo tempo, mi spiace ma devi adeguarti. Oppure..."
Sino ad oggi i tasti del Pc li ho battuti per amore, solo per amore mio: non ho mai pensato di rivalermi su qualcuno per le spese di birra e liquori.
Stasera invece tutto sembra diverso: sono cambiato io o mi è cambiato il paesaggio d'attorno? Vedremo: per intanto scrivere, scrivere.
Batti quei tasti che vedrai, qualcosa ne esce sempre!
Quando mi trovo nei guai qualcosa viene sempre a suggerirmi parole sagge e sensate: stasera dovrei tapparmi forse le orecchie?
Magari in effetti sarebbe meglio, almeno per una volta. In fondo, cosa mi costa provare: lasciamo che sia.
Gli occhi inchiodati al video osservano, oramai da forse più di un'ora, lo schermo inesorabilmente vuoto. Le icone mi traballano davanti come folletti mentre con la mano agito a tratti il mouse che sfreccia veloce a destra e sinistra come fosse inseguito da Gatto Silvestro... A proposito qualcosa di adatto forse l'ho già scritto. Non è per ripescare nel cestino della cartaccia ma forse potrebbe essermi utile rileggerlo. Accidenti come si chiamava il file? Allucinazioni? No, troppo lungo. Visioni: forse... Incubi: sì, si chiamava incubi. Eccolo l'ho trovato nella Sentry, ancora due giorni e sarebbe stato eliminato definitivamente. Appena in tempo.
Ho sempre un occhio di riguardo per le coincidenze: portano bene e non costano nulla.
Non ho resistito. Confesso, l'avevo giurato a me stesso ma non ho resistito: ho mangiato ancora crauti e maiale. D'altronde che ci posso fare, le sirene le ho finite e non ne vedo altre all'orizzonte.
Puntuale come la sfiga, è tornato il solito incubo notturno.
Strisciando come un gatto, penetro in un tetro castello. Mi introduco furtivamente in una torre e salgo gli innumerevoli gradini che conducono a una porta oscura: credo fossero tredici, se ricordo bene.
Dall'interno si sentono urla strazianti: "Ridatemela, la voglio... è mia, non posso resistere senza. Ridatemela subito: vi supplico."
Da una piccola fessura osservo la scena: sono certo, non so neppur io come, di riconoscere i personaggi di un qualche vecchio libro d'avventura, letto forse da ragazzo.
Un signore molto compito siede ad un tavolo e scrive qualcosa su una pergamena ingiallita. Ha l'aria assorta e neppure sembra udire, men che mai ascoltare, le urla che si levano dall'altro lato della stanza.
Il nobile portamento, il fisico imponente e fiero si mescolano ad un vago sentore di sofferenza: un tarlo che sembra rodere, grumo dopo grumo, il suo duro cuore.
Non posso sbagliarmi. E' proprio lui: l'Innominato.
A un lato del tavolo, una nera figura armeggia con una lunga spada affilata. Quasi a provarne il filo, la fissa con aria cupa e minacciosa: sembra una pantera pronta ad afferrare la preda. L'osservo con curiosità: non l'avrei fatto così giovane e aitante Don Rodrigo. Ma si sa, chi si salva dalla peste perde poi ogni rapporto con il tempo e l'età.
E lei... che pena sentirla urlare e lamentarsi. Povera Lucia, imprigionata in questa torre in balia di tali figuri. Il mio cuore freme e vorrei gettarmi in suo soccorso; ma cosa potrei fare contro la spada di Don Rodrigo e lo sguardo fiero dell'Innominato?
Fortuna vuole che non mi sia mosso. Di lì a poco, dai discorsi che seguono, intuisco che Lucia non è per nulla prigioniera in questa torre. Anzi l'ha acquistata anni addietro in comproprietà con tal Don Abbondio, e i due poveri scagnozzi - così alfine devo infatti definire Rodrigo e l'Innominato - stanno adesso lavorando alle sue dipendenze per tessere una tela che Renzo aveva lasciato incompiuta. A proposito: chissà che fine avrà fatto Renzo...
Lucia urla ordini a destra e manca. Quando gli sembra di aver forse esagerato, supplica e implora di far presto, più presto...
Ogni tanto, una giovane fanciulla - che sia forse la monaca di Monza che ha gettato l'abito alle ortiche? - si aggira per la stanza porgendo biscotti e bevande: sembra Alice nella casa del Cappellaio e della Lepre Marzolina.
Dolce, testarda e impertinente, distribuisce a tutti caramelle e sorrisi: sembra quasi uscita dalla matita di Crepax.
D'improvviso qualcosa mi trafigge il culo, come uno spillo. Mi giro e...
Ma come cavolo andava a finire? Porcaccia la miseria: questi undelete non funzionano mai bene, accidenti. E adesso cosa faccio: mi dovrei forse reinventare un finale per una storia già scritta e conclusa?
Ma nemmeno per sogno: ho anche finito le sigarette ed è già più dell'una.
Sbatto dentro un nuovo CD e a occhi chiusi, sognando la dolce bionda che non c'è, ascolto la musica...
Speaking words of wisdom, let it be. Let it be, let it be, let it be, let it be!

di Alessio Robotti