Che sensazione si prova ad avere la canna di una pistola infilata in bocca, intenzionati a premere il grilletto?
Era esasperata Leila, da tutto e tutti, ed in quel momento per lei era difficile persino respirare, con quel freddo metallo spinto nella gola, giù, fino in fondo. Sarebbe bastato un attimo e pum, niente più dolore, niente più negazione di se stessa. Semplicemente non ci sarebbe più stata, puf, sparita, solo un freddo cadavere da raccogliere, catalogare e seppellire.
Quando lui parlò, Leila sembrò riemergere da quella marea di pensieri in cui era annegata: Che fai adesso, ti tiri indietro?, le disse ilare, e la mano di lei che leggermente tremava, ed il calcio tra le dita sudate che sembrava stesse per scivolare. No, non aveva cambiato idea, ma per un attimo, prima di farla finita, voleva ripensare a cosa avrebbe perso e cosa guadagnato premendo quel grilletto. Una vita intera passata tra alcool e libri, tra l'illusione e la consapevolezza. Ed era stata quella stupida vacca che l'aveva data a tutti al liceo, persino agli sfigati, percorsa da quella sottile soddisfazione, come corrente, quando nei corridoi della vecchia scuola tutti i suoi compagni la osservavano passare e le sospiravano dietro, come fosse il sogno durato un'intera notte e svanito al risveglio, senza lasciare traccia.
Era sempre stata una cacciatrice, qualunque cosa avesse mai voluto l'aveva ottenuta, che fosse un semplice passaggio a casa o i compiti per il giorno dopo, vestiti griffati o una macchina nuova.
E adesso lì, con una pistola fin quasi nell'esofago e lui che la osservava; con l'università che non aveva mai finito e tre aborti alle spalle; con lo stomaco ancora pieno di alcool e succhi gastrici da contenere. Premi il grilletto, le sussurrava lui innocente e il dito tremante e il suo sguardo fisso sul tamburo.
Premi il grilletto, e a cosa avrebbe rinunciato? Ad una vita fatta di eccessi ed errori, a ritrovarsi a trentacinque anni ancora sola come un cane, nei bar a bere whisky come l'ultima delle alcoliste.
Premi il grilletto, ed il pensiero che non avrebbe mai potuto rivedere suo fratello, l'unico uomo che avesse mai tentato di sottrarla dalla merda in cui era sprofondata.
E ci stava fino al collo nel lerciume questa volta, e quel premi il grilletto di lui la rendeva ancor più vittima delle proprie paure. Servirsi su d'un piatto d'argento al demonio, questo stava per fare, mentre sentiva la voce di lui sempre più vicina.
Premi il grilletto.., e quel grilletto le sembrava troppo duro ormai, cos troppo difficile da premere, mentre i fumi dell'alcool le annebbiavano la vista nella più stupida delle sbronze della sua vita. Avanti Leila, premi il grilletto, e la pressione sempre più forte stava per far segnare la sua ora al suono del suo cervello in frantumi.
Ed era stupida arroganza quella che l'aveva spinta fino a lì, il modo di fare di una bambina che non sarebbe mai cresciuta, che si sarebbe spalmata la testa su di un muro in una stanza che sapeva di birra e formaggio rancido.
E allora spara, stupida bambina viziata, si diceva, pensando alla sua bocca ormai colma di saliva, pensando che stava per andare di stomaco, pensando che avrebbe voluto gridare cheese e sorridere, prima di premere il grilletto.
Allora, premilo, le urlò lui alle spalle, e Leila capì che non cera più tempo per pensare, che non avanzava abbastanza tempo per tirarsi in dietro e che non sarebbe mai bastato tutto il tempo del mondo per chiedere perdono a Dio. E così spinse l'indice forte e, poi, il grilletto si abbassò completamente.
Clik, non ci fu altro, solo la eco di quello stupido rumore a riempir la stanza. E lui cominciò a ridere, pensando a lei che se l'era quasi fatta nei pantaloni. Poi le disse, togliendole la pistola dalla mani: Tocca a me
Così Leila si sedette e, abbandonandosi al pavimento, si portò la bottiglia di rum alle labbra, pensando che non sarebbe finita mai quella notte di roulette russa


di Eric Dron