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«Certo, Lei può avere in fitto la
mia abitazione», disse il signor Di Avolo, guardando la
casa in cima alla ripida scala che si ergeva spaventosamente
nel vuoto, «a condizione che Lei non tocchi in alcun modo
e per alcun motivo il diciassettesimo scalino. Non lo dovrà
lavare né spolverare e né vi dovrà mai
poggiare il Suo piede: è la condizione per avere in fitto
la mia abitazione.»
«Ma c'è qualche motivo particolare
perché io non debba in alcun modo toccare quello scalino?»,
chiese il signor Nessuno.
«Sì. Il motivo è che io non
voglio.», rispose seccamente il signor Di Avolo, aggiustandosi
il petto della giacca bianca. «Allora cosa decide?»
«La prendo. Sì, la prendo.»,
rispose il signor Nessuno, guardando nella stessa direzione
verso la quale era rivolto lo sguardo del signor Di Avolo. «Ma
perché la fitta ad un prezzo tanto modico?»
«Perché così voglio!»,
affermò con tono aspro il proprietario dell'abitazione.
Poi guardò la propria cravatta e l'accarezzò col
dorso della mano, come per saggiare la ruvidezza della stoffa.
«Naturalmente...», aggiunse affettando indifferenza,
«il mancato rispetto della condizione che ho posto, provocherà
un'immediata risoluzione del contratto... ed io potrò
cacciarla fuori a calci... vero, signor Nessuno?» disse
il signor Di Avolo, accennando un sorriso, con un tono scherzoso
ma velatamente minaccioso, con un ghigno sinistro ad un angolo
della bocca, mentre i suoi occhi lucidi baluginavano in modo
inconsueto.
«Certamente: Lei sarà in diritto di
farlo. Se non rispetterò questo patto, Lei mi caccerà
fuori a calci...!» disse sorridendo il signor Nessuno,
stringendo la mano al distinto signore che aveva di fronte,
felice di aver avuto in affitto quell'abitazione ad un prezzo
irrisorio.
«Va bene: allora si fa sentire Lei e... ricordi:
al di qua di quello scalino ci saranno gli uomini, al di là
ci sarà la splendida casa che Lei abiterà, il
santuario del Suo spirito, ma in quello scalino ci sarà
la mia possibilità di scegliere, ci sarà la mia
volontà assoluta, ci sarò io in persona!»
disse il signor Di Avolo, accomiatandosi dal signor Nessuno.
L'abitazione era splendida: sulle pareti vi erano
preziosi arazzi decorati con fili d'oro, il pavimento era uno
specchio di mille colori e dalle finestre si vedevano gli uomini
della terra, ciò che facevano, ciò che costruivano
e ciò che distruggevano.
Le candele emanavano una fioca luce ma essa si
spandeva in tutta la casa perché veniva riflessa infinite
volte dagli infiniti specchi che pendevano dal soffitto e si
aveva l'impressione che l'abitazione fosse illuminata non da
esse ma che risplendesse di luce propria, come una stella che
brilli nel cielo, trovando in se stessa l'energia per scintillare.
Da quando il signor Nessuno abitò quella
casa, conobbe la ricchezza, conobbe l'amore, conobbe la felicità.
Di lassù contemplava la vita degli uomini, osservava
le loro miserie e le loro effimere gioie. Poteva contare le
loro lacrime e le loro risate, i loro abbracci ed i loro spintoni,
poteva addirittura sapere cosa avrebbero fatto in futuro quegli
esseri che adesso cominciavano ad apparirgli così piccoli,
miseri, inferiori. Ed egli sembrava ergersi sempre più
sulle loro teste, sembrava dominare tutti da quella sua abitazione
posta così in alto, a cui si accedeva mediante quella
scala sospesa nel vuoto, fluttuante sulle ambizioni umane come
l'alito di vita sulla umida terra fredda.
Nei primi anni, quando ritornava a casa, il signor
Nessuno contava gli scalini che si lasciava dietro e quando,
salendo, giungeva al sedicesimo scalino, allora allungava la
gamba e poggiava il piede sul diciottesimo scalino, superando
così il diciassettesimo che oramai, coperto da uno spesso
strato di polvere, si distingueva facilmente dagli altri. Nei
primi tempi, avvertiva una fievole ansia ogni volta che doveva
iniziare a salire per le scale, apprensione che poi svaniva
subito dopo aver superato l'ostacolo, ma col passare degli anni
anche questo timore di contravvenire alle prescrizioni del proprietario
della casa svanì ed egli riuscì a compiere le
solite operazioni meccanicamente, senza tenere più in
conto gli scalini che avesse raggiunto e senza badare più
a dove mettesse i piedi. Sembrava, infatti, che le sue gambe
avessero imparato a calcolare autonomamente il numero di scalini
senza l'intervento della sua attenzione vigile e che riuscissero
a rendersi conto del momento opportuno per dare il passo più
lungo, per scavalcare quell'ostacolo.
Passarono molti anni ed il signor Nessuno divenne
più ricco e più felice e la sua abitazione illuminava,
con il suo scintillìo, l'intera città. Per tutto
il periodo in cui abitò in quella casa, il signor Nessuno
non incontrò più il proprietario. Il pagamento
della pigione avveniva tramite banca ed il signor Di Avolo non
si recò mai a far visita all'inquilino né a controllare
le condizioni in cui veniva tenuta l'abitazione e né
a verificare il rispetto della clausola che aveva posto inizialmente
al contratto di locazione.
Una sera il signor Nessuno iniziò a salire
per le scale. Guardava lo spiazzo sottostante e si chiedeva
perché la gente fosse tutta intorno alla sua abitazione,
a fissarlo. Giunse al primo gradino, poi al secondo, al terzo,
al quarto. Ognuno lo guardava e tutti tacevano, immobili. Gli
occhi dei bambini sembravano sfere di cristallo, quelli delle
donne frecce avvelenate. Giunse al decimo scalino, poi all'undicesimo,
poi al dodicesimo. Guardò giù e vide, sotto la
scala, altra gente che si adunava, famelica, ed adesso tutti
alzavano le mani e le agitavano in aria, brandendo degli strani
oggetti a forma di ipsilon capovolta. Giunse al tredicesimo
scalino, poi al quattordicesimo, poi al quindicesimo. La folla
che si era assiepata sotto la sua abitazione, adesso sussurrava.
Giunse al sedicesimo scalino, poi posò il
suo piede sul diciassettesimo. Ravvisò qualcosa di inconsueto
nei propri soliti movimenti, allora si fermò sulla scala.
Guardò i suoi piedi e si accorse di trovarsi sul gradino
polveroso. Si sbiancò in viso e le forze sembrarono abbandonarlo.
Volle cercare di raggiungere al più presto l'abitazione
ma quando alzò gli occhi vide davanti a sé, due
gradini più sopra, il signor Di Avolo, dal volto ringiovanito,
vestito elegantemente di bianco, con un cappello ed un bastone
anch'essi bianchi. Il signor Nessuno guardò il suo volto
ed il signor Di Avolo iniziò a ridere, sguaiatamente.
Allora il signor Nessuno si voltò sullo scalino per cercare
di scendere, ma appena si fu girato, il signor Di Avolo gli
diede un calcio nel sedere ed egli ruzzolò giù
per la scala giungendo a terra senza vita.
Due persone che passavano per quella strada deserta
assistettero alla scena della disgrazia: videro il signor Nessuno
mentre come ogni sera saliva per la scala che portava all'entrata
della sua abitazione; improvvisamente aveva mostrato strani
segni di esitazione nel procedere, poi ad un tratto si era girato
e si era buttato a capofitto per le scale.
di Plaisir
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