La strada passava agilmente tra due file di pioppi e si fermava bruscamente a ridosso dell’autostrada. Parcheggiai la macchina con noncuranza, dato che non ne avevo mai viste altre oltre alla mia in quel piazzale, la spensi e a malincuore spensi anche la radio. “Una di queste volte mi porto il walkman” pensai, ma scartai subito l’idea, rimanere isolati dal mondo con due cuffie in testa in un cimitero metterebbe a disagio parecchie persone.. io ero tra queste. Presi i fogli e le matite e mi incamminai verso il cancello. La collina era davanti a me, mi piacevano i cimiteri ma in vita mia mai ne avevo veduto uno così bello. Le terrazze della collina erano collegate tra loro da bianche scalinate, il sentiero era di porfido ben lavorato e si inerpicava su fino a perdersi dalla vista, due casette erano ai piedi della collina, poco oltre l’artistica entrata fatta di bassi muretti con mattoni a vista. Un grande monumento di pietra era in mezzo al parco, con una grossa croce in cima. Ma la cosa più bella erano le tombe, centinaia e centinaia di lapidi, bianche, tutte uguali che spuntavano dal terreno, in file ordinate come soldati silenziosi. Ce n’erano circa cinquanta per ogni terrazza del terreno, e tutta la collina ne era piena. Erano uno spettacolo macabro ma meraviglioso. Quel posto non dava assolutamente l’idea di essere lì per contenere dei corpi, ma piuttosto per simboleggiare una meravigliosa forma d’arte. Il piccolo cancello era aperto, lo era sempre anche di notte, lo oltrepassai e mi fermai vicino al monumento di pietra. Dopo qualche minuto speso ad osservare tutto intorno per trovare la giusta posizione, pensai di aver trovato quella giusta a circa metà della salita e feci per incamminarmi. Il mio sguardo cadde allora sulle due casette, che conoscevo a memoria. In una vi era una piccola nicchia con un registro all’interno, che recitava qualcosa del tipo “Benvenuti al cimitero inglese che ospita i soldati alleati caduti nel corso della seconda guerra mondiale” e dopo una breve pagina di presentazione il resto del registro era compilato dalle firme dei visitatori, mentre la seconda casetta era probabilmente il deposito degli attrezzi che avevo sempre visto chiuso. Ebbene, la mia attenzione fu catturata da quest’ultima casetta, soprattutto dalla porta d’ingresso aperta. Evidentemente era presente il custode. Mi guardai intorno, come se pensassi di essere osservata, cercandolo con lo sguardo, ma non si vedeva nessuno. Non si udivano rumori a parte il cinguettio degli uccelli e lo sfrecciare delle macchine lungo la vicina autostrada. Era un tranquillo pomeriggio di fine estate. “Beh” pensai “se il custode mi vede da quaggiù magari mi lancia anche qualche accidente o mi rincorre con il rastrello, magari gli dico che sono qui e gli faccio anche vedere i disegni che ho fatto in passato.. e magari, se gli piacciono, mi fa disegnare l’interno della casetta, sembra carina..”. I disegni erano effettivamente molto belli, ne avevo già fatti parecchi, anche se molti erano solo bozzetti in bianco e nero, poi magari il custode era analfabeta e si esprimeva solo con versi gutturali e me li avrebbe mangiati.. pazienza, almeno ero stata educata.. mi avvicinai alla porticina lentamente e con voce squillante chiesi “c’è nessuno??” poi rimasi sulla soglia e sbirciai dentro. La casetta era illuminata dalla luce del sole ma le finestre scure mi avevano sempre impedito di vederla dal di fuori. L’interno mi deluse molto, non so di preciso cosa mi aspettassi di trovare, ma non lo trovai. Era un semplice deposito per gli attrezzi, il cimitero non aveva i vasi per deporre i fiori e quindi non c’erano nemmeno quelli. Solo scope, rastrelli e qualche secchio. Notai in secondo luogo che non avevo ancora ricevuto risposta e che non c’era nessuno lì dentro, con un po’ di batticuore uscii subito dalla casetta e tornai a guardarmi intorno. “Che scema!” pensai “di cosa ho paura? Degli spiriti?” fuori non vedevo nessuno, forse il custode era dietro la collina.. avevo quasi deciso di andarmene, ero un po’ a disagio all’idea di abbandonarmi a disegnare con quella porta aperta e quella persona che poteva arrivare da un momento all’altro, magari mettendomi una mano sulle spalle per farmi paura…mi si gelò il sangue.. rimisi dentro la testa e osservai di nuovo la casetta, poi mi armai di coraggio, chiesi di nuovo “mi scusi, c’è nessuno?” anche se con voce un po’ più tremolante e mi decisi ad entrare di nuovo. La casetta sembrava piccola, evidentemente i muri erano piuttosto spessi. Tra gli attrezzi non c’erano ragnatele o insetti schifosi o cattivi odori, parevano essere usati abbastanza frequentemente. Feci il giro delle pareti, come se volessi cercare porte o passaggi segreti, e infatti trovai una botola, mezza coperta dai secchi. Feci un sobbalzo. Poi mi calmai, era perfettamente normale che ci fosse una botola, pensai. “Che io sappia tutti i cimiteri hanno una cripta o qualcosa del genere dove tengono le ossa o chissà cos’altro.. e questo cimitero non è da meno..” . Ma dentro di me, da vera esperta di film dell’orrore potevo immaginare gli zombi che sarebbero usciti da lì nel caso l’avessi aperta. E non avevo la minima intenzione di farlo.. con il cuore che batteva forte, guardai la porta e tornai fuori velocemente, respirando aria fresca e osservando la collina. Nessuno. Che fare? Il sole cominciava a calare, io sudavo leggermente. Tornai alla macchina, presi un fazzoletto e mi asciugai. Le mie mani tremavano. “Ma quanto sono stupida? Sono venuta qui per disegnare il cimitero e adesso me la sto facendo sotto per paura degli spiriti o del custode.. potrei andarmene davvero.. un pomeriggio buttato via.. ma se tornassi qui, e la porta fosse chiusa.. sono due anni che non vengo più qui per disegnare, e comunque mai l’avevo trovata aperta. È un occasione unica. Ora vado a disegnare la casetta con la porta aperta, in modo che si intraveda anche l’interno.” Mi diressi di nuovo al cancello, lo aprii con risolutezza e mi piazzai davanti alla casetta. La mano cominciò a correre rapida sul foglio, seguendo linee ben precise che la mia mente tracciava, prima il contorno, poi gli alberi circostanti, poi la porta semiaperta, le finestre scure, l’interno appena accennato. Seduta in quella particolare posizione potevo vedere la zona dove c’era la botola. Mi guardavo intorno ogni due righe che disegnavo, o almeno così pensavo, perché in breve tempo il disegno mi rapì completamente e lanciai un urlo improvviso quando una foglia secca mi cadde sulla mano. “Ma guarda quanto sono cogliona!!” mi dissi. “Certo che se invece di una foglia fosse arrivato un maniaco con il coltellaccio da cucina non me ne sarei accorta comunque..” era il mio triste pensiero. Sotto la luce del tramonto il cimitero era meraviglioso. Ogni tanto pensavo a questi ragazzi, molti dei quali non avevano nemmeno il nome sulla propria tomba, morti assieme a tanti altri senza motivo.. non mi interessava se quelli erano inglesi, potevano anche essere italiani, ebrei, americani o tedeschi. Sapevo solo che ognuno di loro era morto ucciso da altri uomini, da altri ragazzi, sapevo che nessuno di loro avrebbe voluto morire, che tutti loro amavano, piangevano, ridevano come me, fossero stati bianchi, neri, gialli o rossi, la morte era stata uguale per tutti e li aveva strappati alle famiglie, alle fidanzate, ai bambini. Quando pensavo a queste cose il cuore mi si gonfiava di tristezza, avevo scritto anch’io nel registro, qualche mese prima “riposate in pace, fratelli, siano maledette tutte le guerre” e avrei tanto voluto che anche Dio avesse letto quelle parole. Il disegno era quasi finito, le prime luci della sera si intravedevano dietro le montagne, rimaneva la zona d’ombra dentro la casetta, mi alzai e entrai per osservarla meglio, nonostante la luce più debole. Dal mio lato la visuale era proprio brutta, allora cominciai a spostare qualche attrezzo “licenza poetica, anzi, artistica..” pensai mentre spostavo i rastrelli in modo da non vederli nel disegno. Spostai anche i secchi che coprivano la botola, non senza qualche timore, e questa volta il cuore minacciò di uscire dal mio corpo!! Il secchio più grande copriva sì la botola, ma non copriva il robusto legno che fungeva da coperchio, copriva un buco nel legno stesso, la botola sotto il secchio era aperta e io venni investita da una forte corrente d’aria improvvisa appena lo tolsi. Tutto quello che avevo in mano mi cadde nella penombra e anch’io mi ritrovai seduta con il secchio che rotolava rumorosamente lì a fianco. “Ommadonna.. che casino!!” furono le parole che uscirono dalla mia bocca, erano un po’ roche e mi resi conto che ero zitta da diverse ore. Mi alzai in tutta fretta, in preda ad una paura indescrivibile, vidi cadere a terra i miei colori e gli altri oggetti che mi si erano posati in grembo e vidi con orrore, mentre gridavo ancora, che le chiavi della macchina si erano fermate ad un passo dal buco.. il pesante portachiavi cilindrico stava per rotolarci dentro.. allungai la mano con i nervi a fior di pelle, ma evidentemente la convinzione non fu troppa, o in un certo senso volevo che ci finisse dentro per sperimentare emozioni forti, infatti il portachiavi finì dentro il buco e si trascinò dietro le chiavi della macchina.. dopo un attimo udii un suono che mi fece pensare di essere perduta, era il suono del mio portachiavi che finiva nell’acqua.. pluff.. e non sentii altro. Ora singhiozzavo, disperata. Presi i colori e i fogli sparsi per terra e li buttai istericamente fuori dalla porta. Poi uscii anch’io, la sera stava sopraggiungendo improvvisa, ora. Solo adesso mi rendevo conto che fuori era quasi buio. Il cimitero di notte era buio come il nero più fitto, rischiarato solo ogni tanto e per qualche attimo dalle luci dei tir che percorrevano lentamente le corsie li’ vicino. C’ero stata altre volte di notte, ma mai da sola, andavo ogni tanto con un gruppetto di amici e amiche che non capivano cosa fosse l’arte, spesso mi vergognavo di loro quando li vedevo far finta di spaventarsi tra di loro nascondendosi dietro le tombe e urlando. Avevo addirittura avuto il sospetto che avessero rubato qualcosa, ma non riuscii a farmi dire nulla. “Ma guarda in che cazzo di situazione mi sono cacciata!!” urlai, quasi per avere qualcuno che mi rispondesse. Silenzio. La mia macchina era ancora lì. La porta della casetta era ancora aperta, c’ero davanti. Le lapidi erano al loro posto. Le chiavi della mia macchina erano finite dentro una botola, dentro un deposito degli attrezzi, dentro un cimitero. Era sempre più buio. non sapevo proprio che fare, da vera cogliona non avevo detto con nessuno che sarei andata al cimitero di guerra a disegnare e dubitavo anche che questo fosse il primo posto dove sarebbero venuti a cercarmi. Ero la tipica vittima innocente.. ora dovevo avvicinarmi alla botola, aprirla e scendere di sotto.. ma dovevo proprio? E se avessi aspettato la luce del giorno? Ma dove avrei dormito? La macchina era chiusa, la strada principale non era lontana, pensai di andare a fare l’autostop, ma nelle mie condizioni attuali non mi avrebbe caricato neanche un camionista.. non c’erano bar o paesini nel raggio di vari chilometri. E poi non ero proprio entusiasta di incamminarmi al buio sul ciglio della strada, per quanto fosse assurdo pensarlo mi sentivo più al sicuro all’interno del cimitero. Aspettai ancora qualche minuto “a casa sarà pronta la cena..” pensai tristemente. Non sapevo se stavo per compiere un atto di puro coraggio o di estrema incoscienza mentre tiravo verso l’alto l’anello di ferro che faceva sollevare la botola, a volte mi sentivo come se fossi in un film, se mi succedeva qualcosa si poteva tornare indietro, no? Oppure qualcuno mi stava riprendendo con una telecamera o facevo parte di uno strano esperimento.. che stronzate.. avevo una paura matta.. questa era la realtà.. la botola si aprì senza difficoltà e la appoggiai di lato sul pavimento. Siccome reputavo di essere una persona molto intelligente misi un paio di secchi in bilico davanti all’entrata della casetta pensando “se qualcuno entra io me ne accorgerò perché urterà i secchi al buio ribaltandoli..” . Mi resi conto che una persona “intelligente” non avrebbe mai dovuto trovarsi in una situazione come quella, e poi se fosse arrivato qualcuno gli sarebbe bastata una pila per vedere i secchi e passarci sopra senza fare rumore. Beh, pazienza, dovevo recuperare le chiavi e ci avrei messo poco.. sotto la botola c’erano dei gradini di legno che sparivano nel buio. Fortunatamente ce n’erano pochi, buttai qualche sasso per sentire la profondità e sentii subito il rumore. I sassi però sbattevano su altri sassi, non nell’acqua. Dove erano finite dunque le chiavi? Cominciai a scendere i gradini, in quei momenti avrei voluto avere il vizio del fumo, se non altro per avere un accendino. Nel buio quasi totale faticavo a distinguere le forme che mi trovavo davanti. Mi venne in mente che nell’astuccio avevo una penna multicolore che poteva aiutarmi. Mi era stata regalata in un pub ad Halloween, quando si scriveva la piccola zucca sopra la penna emetteva una piccola luce. “Sarà sempre meglio del buio totale..” mi dissi. Presi la penna e spinsi la sferetta con le dita. Subito una piccola luce si accese tra le mie mani. Illuminava veramente poco, non più di 20 cm. ma mi aiutava considerevolmente. Dopo pochi gradini, non più di tre-quattro, poggiavo i piedi sulla terra. Mi avvicinai al pavimento con la luce e vidi solo terra e qualche sasso. Non c’era odore di chiuso e sentivo anche una certa corrente d’aria, mi pareva strano ma quella specie di cantina doveva essere molto grande e poteva anche avere un’altra uscita. Ma non volevo pensare all’eventualità di essere chiusa qui dentro e di doverla cercare per poter uscire.. intorno a me trovai i muri della costruzione, erano anche quelli fatti di mattoni e vidi degli scaffali con dei raccoglitori e mucchi di scatole. Gli scaffali davano l’idea di proseguire ancora per parecchi metri nel buio, quindi li lasciai perdere. lanciai un occhiata al buco nella botola sopra di me e cercai di capire dove potevano essere cadute quelle dannate chiavi. “La mia solita sfiga..” pensai e mi misi a parlare ad alta voce, rabbiosa “ecco! Le chiavi dovevano finire proprio qui! In questa cazzo di botte piena di acqua putrida! Porcaputtana! E la botte doveva essere proprio qui, sotto il buco, non sotto gli archivi, non sotto le lapidi, non sotto quei cazzi di scaffali!! Non potevano finirci quei fottuti sassi in questa cazzo di botte, no, dovevano finirci le mie chiavi!”. Mi si spense la lampadina della biro. “Merda” fu il mio pensiero. Si riaccese. L’avevo solo mollata per un attimo. “Vaffanculo!!” gridai rivolta alla botte “voglio andare a casa!!” ormai la mia voce era sempre più isterica, diedi dei calci alla botte che non si mosse di un millimetro, allora la spinsi e la buttai per terra. Una grossa quantità d’acqua si rovesciò nella cantina facendo un gran rumore, le mie scarpe vennero a contatto con l’acqua gelida. Mi chinai e presi febbrilmente a cercare le chiavi, pensando che fossero rimaste nel fondo della botte, dato il peso del portachiavi. “Quel cazzo di portachiavi bastardo! Appena becco quello stronzo di mio fratello che me l’ha regalato.. “ mi stavo praticamente infilando nella botte mentre finivo la mia minaccia e mi bloccai, atterrita. I secchi erano caduti. I secchi che avevo lasciato davanti all’ingresso di sopra. Qualcuno era entrato. “Occazzo..” sudavo. “E adesso??”. Le mie mani trovarono le chiavi. Sentivo che qualcuno al piano superiore muoveva qualcosa. Cosa dovevo fare? Mettere fuori la testa gridando “sono qui, voglio uscire?” ma se il tipo non fosse stato il custode? Se aspettava solo di vedermi per farmi chissà cosa? Presi la decisione di rimanere lì sotto, in silenzio. Se il tipo era il custode avrebbe visto il disordine nella casetta e si sarebbe avvicinato alla botola con sicurezza. Se era un balordo non sapeva nulla del luogo e speravo di vedere in lui l’esitazione e la paura. Altri rumori di sopra. Nessuna parola. “E se effettivamente è il custode che si ricorda della porta aperta ed è venuto per chiuderla? rimarrei chiusa qui dentro per chissà quanto tempo.. beh, se così fosse mi cercherei l’altra uscita.. oppure sfondo la porta con gli attrezzi di sopra, non mi pare solidissima” . Ma adesso, nascosta lì sotto, rimanevo immobile e l’unica cosa che desideravo era che se ne andasse, amico o nemico. Ero praticamente in ginocchio, i pantaloni e le gambe erano bagnati dall’acqua che avevo rovesciato. Avevo spento la lucina già da un po’. Sopra ancora trambusto, oggetti spostati, secchi rimossi, ma senza la violenza o la frenesia di chi entra per spaccare tutto o per rubare qualcosa. Poi silenzio. Nessun rumore di porta chiusa. Io aspetto ancora. Poi mi alzo, pian piano. Non sento più le ginocchia, mi tiro su e accendo di nuovo la lucina. Non funziona più. Spingo per bene la sfera ma stavolta proprio non va. Le chiavi mi sfuggono di mano e cadono nel fango. “No!” è il mio grido “Basta! Basta! Ma perché anche questa?!?”. Scaglio la penna per terra nel buio. Rumori dal piano di sopra!! “Oddio, era ancora lì!!!”. Passi frettolosi che escono dalla casetta, io sono terrorizzata e continuo a cercare le chiavi. I passi tornano, sono di più persone. Quelle cazzo di chiavi!! Luci di torcie elettriche che illuminano la botola, sono due, tre. Voci basse che parlano tra loro, non le capisco. I primi passi che scendono le scale, sono lenti. Sono dei balordi. Le luci mi cercano ma io sono nella botte, trovo la penna ma non trovo le chiavi. Le persone ora sono nella cantina con me. Le luci mi girano attorno come in una discoteca ma non mi afferrano. Io sto piangendo in silenzio. Una mano afferra la botte! Un'altra mano afferra l’alto lato! Vogliono rimettere in piedi la botte! No! So che non siete i custodi! Ho solo una penna, cerco di piantarla nella mano che tiene un lato della botte, spero che affondi nella carne e gliela trapassi ma nella penombra lo sfioro soltanto. Io sto gridando mentre la botte ricade, io cerco di uscire e di tornare di sopra ma le luci mi danno fastidio, una pesante stretta mi blocca la spalla, un fazzoletto mi viene premuto sul naso, un odore forte e nauseante mi invade..
Apro gli occhi. Non posso muovermi. Sono immobilizzata. Un ago è nel mio braccio. Il Dottor Graldi è vicino a me e mi guarda con occhi seri. Io riesco solo a dire “i…miei..disegni??”.
“Li abbiamo noi. Un giorno li riavrai. Ma non devi più scappare….”

FINE.
di Thor