[ « indietro ]     “Perché mi dai la colpa? Sono io che ho inventato una cosa del genere? Sono io che l’ho protetta dagli sguardi di chiunque? Io non ho fatto proprio niente. Sei tu che hai preso le tue scelte, non ti ho assolutamente forzato.”
Queste ultime parole la scossero terribilmente tanto che iniziò a vacillare e la sua voce, improvvisamente insicura, ne era la prova.
-E i sogni e il dischetto? –chiese con gli occhi sbarrati.
“Nei sogni non ho fatto menzione ad Anghells, o meglio a Daemonicus, era questo il titolo. Che onore! Ho solo cercato di farti capire chi sei. I documenti che hai trovato in quel dischetto ti avrebbero dovuto mettere sulla buona strada, ma hai voluto cancellarli!”
-Ma nel dischetto c’era anche una cartella compressa nominata Daemonicus, non…-
“Non facevi così tu? Tenevi il libro in una cartella compressa così gli altri avrebbero dovuto sapere la password per aprirla. Stavi sempre a frignare perché non riuscivi a capire che ti stava succedendo, perché ti sentivi sola, distante, e ti continuavi a ripetere “Se sapessero che posso scrivere un libro del genere, non mi tratterebbero così”. Io ti ho solo dato la possibilità di farlo, ma hai cancellato anche quello.”
-Smettila con queste bugie! Io non sono così cattiva! Non avrei mai fatto una cosa del genere se tu non ci fossi stato! –
“Certo che lo sei. Hai sperato che il finale del libro si avverasse fin dall’inizio. Lo volevi tanto che la tua voce mi è arrivata. Non è mia la colpa, solo tua, ma non vuoi ammetterlo perché sei una bambina debole e capricciosa.”
L’impeto di quelle parole l’aveva scombussolata a tal punto, che era caduta in ginocchio con le mani alle tempie come per impedire che la sua testa scoppiasse, tanti erano i suoi pensieri. Le lacrime sopraggiunsero copiose e improvvisamente Serena sentì di nuovo le orribili sensazioni di solitudine e disperazione, che l’avevano condotta a scrivere “Daemonicus”. Di nuovo una caduta nel buio, di nuovo quell’abbandono, di nuovo la tristezza tornavano a farsi sentire.
Poi una mano calda le si poggiò sulla testa; era una calore che sapeva di lontano e superficiale.
“Non preoccuparti. Io voglio farti felice, lasciati andare, lascia che le tenebre ti prendano. E’ inutile lottare contro di me, sei solo una mortale. Non devi rischiare più di quel che puoi.”
Serena iniziò a sentire di nuovo quel vuoto, già, si stava lasciando andare e questa volta nessuno le avrebbe afferrato la mano. Era una specie di trance che aveva sentito solo vagamente un tempo e ora era così forte, che lei non trovava ragioni per resistergli.
-Anghells…- la chiamò la nocetta di un bambino, questa volta con dolcezza.
Dischiuse gli occhi lentamente e vide davanti a lei un bambino di circa otto anni, coi vestiti stracciati e i piedini nudi e sporchi. Le si avvicinò fino a farle notare la sua inconsistenza.
-Ti ho chiamato tanto a lungo, perché non ci aiuti- disse mostrandole delle catene che gli chiudevano i polsi.
Serena abbassò gli occhi; anche ai suoi polsi si stavano formando delle catene.
- Ti prego, non lasciarci qui a soffrire. – detto questo, la voce svanì insieme al bambino.
-Non voglio! -gridò la ragazza riprendendosi dal trance-Non voglio lasciare solo chi soffre! Non posso lasciare che continuino ad affondare! –disse totalmente ripresa.
Di fronte a lei il Demonio era circondato da bambini dai volti informi e orribili, le espressioni ridotte a maligni ghigni sormontati da occhi luccicanti e pieni di odio.
Una scena agghiacciate che le fece gelare il sangue nelle vene. Era immobile, atterrita e incapace di pensare a cosa fare. Indietreggiò di qualche passo, lentamente, finché non vide sul pavimento, alla sua sinistra, un rettangolo di luce ritagliato probabilmente da una finestra alle sue spalle. Lanciò un’ultima occhiata alla mostruosa armata di bambini, poi si girò di scatto e iniziò a correre.
Saltò fuori dalla finestra e corse ancora qualche metro.
Si girò indietro a guardare, i bambini erano vicini alla finestra e la osservavano con le loro espressioni sogghignanti, in silenzio. Dietro a loro troneggiava ancora la figura nera e impassibile del Demonio.
“Non hai il coraggio di affrontarmi. Come speri di aiutarli se ne hai paura?”
Serena rimasse immobile a pensare. Era venuto il momento di prendere una decisione: rischiare o salvarsi? Fuggire e rinnegare o buttarsi nel baratro?
Aveva sempre pensato che quelle anime vaganti avessero bisogno di qualcuno che le aiutasse a trovare la strada per la luce, ma qual’era il prezzo? La realtà che aveva sempre visto con gli occhi di un uomo, con le sue guerre e le sue ingiustizie, le sembrava nulla in confronto al baratro che la circondava, quell’immenso baratro che gli uomini classificavano come irreale, impossibile. Come tutti aveva portato la sua benda sugli occhi, finché non iniziò a scrivere “Daemonicus”. Ciò che aveva vissuto fino ad allora non era niente in confronto a quello che l’aspettava. Se aiutava quei fantasmi si sarebbe messa in mezzo a quel conflitto eterno tra il bene e il male. Ma non l’aveva già fatto con “Daemonicus”? Lasciando perdere quel libro si era già fatta carico di una scelta: vivere nel tormento del suo errore per permettere che le persone che amava continuassero a vivere. Se aveva potuto avere un’altra possibilità di scriverlo, voleva dire che non era ancora finita; significava che poteva ancora far soffrire chi amava.
-Sere! Che sta succedendo? –gridò Federico.
Si voltò a guardare verso destra e vide, a pochi metri di distanza i suoi tre amici che la osservavano preoccupati. Di nuovo, Serena sentì scenderle calde lacrime lungo le guance. Perché i loro volti erano così tesi al vederla? Non sapevano cosa aveva fatto, altrimenti avrebbero avuto paura di lei. Per loro aveva smesso di scrivere quell’assurdo libro, per loro aveva accettato di rinfacciarsi ogni giorno il suo errore, per loro aveva voluto staccarsi dal male, ma non ne sapevano assolutamente niente di tutto ciò. Alzò lo sguardo di nuovo ai bambini e si rammentò delle dolci parole che poco prima l’avevano risvegliata dal trance. Tutti quei mostri non erano altro che spettri incatenati in cerca d’aiuto, non volevano farle del male. Loro non erano riusciti a fermarsi dove si era arrestata lei, avevano proceduto a causa della loro debolezza, dell’ignoranza del bene. Lei era riuscita a fermarsi, sarebbe riuscita a far uscire anche loro dalle tenebre?
-Non sono ancora abbastanza forte per affrontarti, ma loro non li lascio nel buio. Preferisco morire piuttosto che lasciarteli! –disse con convinzione.
Poi corse incontro alla finestra e vi saltò dentro.     [ avanti » ]

di Serena Pirazzi