Scesi di corsa le ultime scale e arrivai al secondo piano. L'ascensore era chiuso e dal suo interno non proveniva alcun tipo di luce che si potesse intravedere dalla sottile lastra di vetro situata sulla porta.
Sapevo che tutto ciò sarebbe durato ancora per breve tempo infatti, dopo essermi avvicinato ulteriormente all'ascensore,la porta si spalancò all'improvviso. Un bagliore accecante mi costrinse a chiudere gli occhi e quando li riaprii la bambina era di nuovo lì che mi fissava, immobile.
Chiusi la porta con tutta la forza che avevo in corpo ma questo non bastò a scacciare via per sempre quella bambina dalla mia vista. Come uno spettro passò attraverso la porta e si fermò poco distante da me. Indietreggiando di alcuni passi caddi all'indietro e sbattei pesantemente la schiena al suolo. La guardai inorridito mentre le mi faceva quel sorriso beffardo che sin dal quinto piano non l'aveva mai abbandonata. Il bambolotto che stringeva tra le sue braccia era ricoperto dalla testa ai piedi di morsi e fenditure. Ero sicuro che se non fossi riuscito ad arrivare al piano terra e non mi fossi riuscito a mettere in salvo anche io avrei fatto quella fine atroce.
"Chi sei? Che cosa vuoi da me?" Strillai con tutto il fiato che avevo in corpo.
La bambina scoppiò in una risata maligna e si avvicinò ancora di più a me indicandomi con il dito indice.
"Aiuto! Aiutatemi!" Ma dalle case del mio palazzo non proveniva altro che un silenzio assoluto.
"Possibile che non mi sente nessuno?" Pensai tra me e me. "Anche se a quest'ora di notte staranno tutti dormendo almeno qualcuno avrà udito le mie grida."
E invece no. Era come se tutta la gente fosse caduta in uno sonno profondo dalla quale non si sarebbe mai più risvegliata.
Provai ad alzarmi in piedi e mettermi in fuga ma la bambina,con una forza soprannaturale che non saprei descrivere, mi prese per una spalla e mi rigettò a terra.
Ormai non avevo via di scampo. La bambina continuava a fissarmi con quegli occhioni azzurri e a farmi quel sorriso smagliante,ma non appena fece rotolare giù per la scale il suo bambolotto mal ridotto, il suo volto divenne pallido e la sua pelle incominciò ad incavarsi nelle sue ossa. Quello a cui stavo assistendo era uno spettacolo orribile, vietato a uomini e donne di qualsiasi età. I suoi capelli biondi presto si fecero di un colore grigio fumo. Mi accorsi di non avere più davanti agli occhi la bambina che fin dal quarto piano del mio palazzo mi aveva perseguitato e non mi aveva lasciato alcuna via di fuga, ma un qualcosa di terrificante che adesso si contorceva ed emanava versi striduli che per poco non mi facevano scoppiare i timpani. Avrei voluto chiudere gli occhi e non vedere ciò che dinanzi a me stava prendendo forma,ma una forza sconosciuta dentro di me mi impedì di fare qualsiasi cosa avessi voluto.
Quando la bambina (o ciò che rimaneva di lei) spalancò le palpebre,non vidi i suoi occhi,ma due sfere nere che mi scrutavano intensamente. Era come se i suoi occhi fossero stati esportati e adesso ciò che rimaneva erano due spazi vuoti. Ed anche quando aprì la bocca non vidi più né i suoi denti né la sua lingua. Quello che avevo davanti assomigliava allo scheletro della bambina.
Mi misi le mani sulla bocca per cercare di trattenere il vomito. Nella mia pancia le budella si contorcevano dal disgusto.
Dopo aver preso quelle sembianze, lo scheletro della bambina tornò a rivolgermi quel suo solito sorriso. Ma mentre prima la bellezza sconvolgente della bambina quasi mi incantava, adesso mi nauseava il modo in cui quella creatura infernale mi fissava scrupolosamente. Presto portò una mano sulla mia gola ed incominciò a stringere sempre più forte. Anche se non riuscivo a vedere il mio viso sapevo che era diventato di un rosso acceso. Quella creatura mi stava strangolando ed io non avevo la minima forza per reagire. Stavo per morire soffocato quando tutto ad un tratto cessò la presa e scomparve nel nulla. Ero salvo.
A mano a mano il mio cuore ricominciò a battere regolarmente e trovai la forza di mettermi in piedi. Dovevo sbrigarmi ad arrivare al piano terra ed uscire da quel palazzo il prima possibile. Sapevo che era quella la mia unica via di fuga.
E così scesi le scale ed arrivai al primo piano.
L'ascensore adesso si trovava lì,ed era come se i due pulsanti dentro la quale c'era scritto "Al piano" o "Occupato", illuminati uno da un colore verde e l'altro da un colore rosso,stessero osservando proprio me.
Dovevo continuare a scendere le scale e non perdere altro tempo,ma proprio quando percorsi alcuni gradini, sentii quella solita risata gelida. Mi voltai e ancora una volta dall'ascensore, attraversandolo senza necessità di aprire la porta,uscì la bambina. Il mio cuore ricominciò a scoppiarmi in petto ma nonostante ciò ripresi a percorrere le scale il più in fretta possibile. "Aiutami,ti prego!" Non credevo alle mie orecchie; sul momento pensai quasi che stessi sognando. La bambina mi aveva parlato. Mi arrestai sulle scale. Una forza dentro di me avrebbe voluto continuare a scendere,ma un'altra, quella che mai prima d'ora sapevo essere presente in me tant'è che dubitai che fosse realmente mia,mi diceva di voltarmi e ascoltare quella bambina. Tanto per cambiare vinse la forza a me sconosciuta e mi voltai per guardarla. Adesso aveva riacquistato le sembianze di un essere umano. Era graziosa. Mi tese un sorriso e per un breve istante mi sentii meglio perché avevo l'impressione che volesse veramente parlare con me e non aggredirmi. Ripercorsi le scale e mi fermai sul pianerottolo a poca distanza da lei.
"Chi sei tu? Cosa vuoi da me?" Le chiesi a bassa voce. Non mi rispose. Continuava a sorridermi ma non era il sorriso maligno di prima, era diverso; più dolce ma soprattutto più umano.
"Come ti chiami?"
"Alexandra." Finalmente mi parlò. So che potrebbe sembrare strano ma sul momento mi sentii a mio agio perché mi venne da pensare che nonostante le sue trasformazioni in un essere spaventoso,la bambina era innocua. "Mi aiuti a cercare Bobby?"
"Chi è Bobby?"
"Il mio cane." Quello che stava succedendo non aveva molto senso così cercai di capire meglio.
"Sei sicura che Bobby si trova in questo palazzo?"
"Si."
"Ma non sai dove è finito,giusto?" Alexandra fece su e giù con la testa.
"Ti aiuto a ritrovarlo solo se mi dici una cosa: perché prima hai cercato di uccidermi? Come hai fatto a trasformati in quella specie di scheletro vivente? Per caso,sei un fantasma?" A quella domanda, formulatasi da sé, misi in dubbio da solo la mia sanità mentale. Durante quella notte erano successe cose davvero molto strambe,ma quella domanda fu la cosa più assurda di tutte. Già sapevo Alexandra cosa avrebbe risposto. Semplicemente non disse una parola. Ero intenzionato a ripeterle la domanda ma mi precedette di un secondo.
"Tu sei diverso da tutti gli altri."
"Diverso da chi?" Le chiesi incuriosito. Anche questa volta non rispose. Sapevo che non avevo altra scelta; piuttosto che venire ucciso decisi di aiutare la bambina nella speranza che non mi avesse fatto fuori in seguito.
"Va bene" Le dissi. "ti aiuterò a cercare Bobby. Dov'è l'ultima volta che lo hai visto?"Alzò la testa e con il braccio sinistro indicò verso l'alto.
"Al terzo piano?"
Alexandra scosse la testa. Pensai al luogo a cui la bambina potesse fare riferimento ma non mi venne nulla in mente.
"Dove allora?"
"Al quinto piano."
Gettai un occhiata alle scale che arrivavano al terzo piano e vidi che non c'era alcuna luce ad illuminarle.
"Vuoi andare a piedi?"
Alexandra annuì.
Così,nonostante non si riuscisse a vedere bene dove mettevamo i piedi, percorremmo le scale fino all'ultimo piano. La bambina mi seguiva silenziosa con il bambolotto che aveva raccolto stretto tra le sue braccia. Spesso mi voltai per vedere se fosse ancora lì o se si fosse materializzata nel nulla. Mi stette sempre dietro. Il coraggio che riuscii a trovare per superare il terzo e il quarto pianerottolo (dove si trovava la mia abitazione) non so neanche io dove riuscii a trovarlo, ma una cosa era certa: il terrore fin lì provato mano a mano si stava dileguando.
"Eccoci arrivati." Su quel piano si trovava solo un appartamento e un vecchio ripostiglio dove la gente del palazzo andava a mettere mobili o letti ormai da buttare.
"Qui non c'è il tuo cane." Le dissi dopo aver controllato bene. "Sei proprio sicura che è venuto fino al quinto piano?"
"Si." Rispose questa volta con una voce più che soave. Strinse ancora più forte a sé il bambolotto. "E' entrato lì dentro." Indicò il ripostiglio. Al solo pensiero di aprire il ripostiglio e vedere se al suo interno ci fosse il cane della bambina mi sentii gelare tutte le parti del corpo; avevo l'impressione che appena aperta la porta qualcosa di mostruoso mi avrebbe aggredito e mi avrebbe massacrato vivo.
Guardai la bambina e provai compassione; mi faceva molta tenerezza. Aveva un espressione triste e capii che era per via del suo cane. Lo aveva perso ed era diventata così per questo. Ma se stava fingendo? Se era tutta una presa in giro? Mi ricordai di averla vista trasformata in una specie di scheletro e che dal mio piano fino all'ultimo mi aveva tormentato a morte e cercato di uccidermi. Non potevo essere sicuro di nulla. Una volta aperta la porta del ripostiglio sarebbe potuto succedermi qualsiasi cosa. Ed io, cosa potevo fare? Nulla; solo sperare che avrei trovato Bobby e che Alexandra mi avesse lasciato in pace per sempre.
Così mi avvicinai alla porta e tentai di aprirla. Ricordavo che quando qualcuno doveva andare lì per buttarci dentro qualche oggetto ormai inutilizzabile la porta veniva sempre richiusa a chiave. Eppure questa volta qualcuno si era dimenticato di richiudere perché la porta si aprì senza l'ausilio della chiave (che tra l'altro non avevo con me).
Entrai in punta di piedi e cercai di intravedere qualcosa attraverso il buio.
Premetti l'interruttore della corrente ma la lampadina che pendeva dal soffitto non si accese. Fui costretto a vagare per il ripostiglio senza luce e con la paura che scorreva nelle mie vene. Alexandra entrò anche lei nella stanza buia e si aggrappò con una mano al mio pantalone. "Bobby?" Chiamai ad alta voce. "Bobby dove sei?"
Silenzio totale. Avanzai così di qualche passo per vedere se si potesse trovare sotto qualche letto accatastato uno sopra all'altro ma non vidi nulla. Ebbi la certezza che in quella stanza non ci fosse nessuno ma non sapevo come dirlo ad Alexandra. Come avrebbe reagito? Se la sarebbe presa con me? Mentre formulavo queste domande, ancora chinato per cercare sotto un letto,sentii una mano ossuta posarsi sulla mia spalla.
"Grazie."
Mi voltai di scatto ma Alexandra non c'era più. Ero rimasto solo io nel vecchio ripostiglio. Mentre con le mani a terra cercai di rialzarmi e capire cosa fosse successo,la luce nel ripostiglio si accese all'improvviso ma senza che nessuno avesse premuto l'interruttore. Alexandra era scomparsa,svanita nel nulla. Uscì dal ripostiglio e mi accorsi che era ritornata la luce anche sugli altri piani.
L'incubo era finito.

Non parlai mai con nessuno di ciò che successe quella notte,chi mai mi avrebbe creduto? In compenso non mi limitai a stare zitto e cercare di dimenticare ciò che mi era capitato. Anche se dentro di me ero sicuro che nulla mi sarebbe più accaduto,avevo voglia di scoprire quella bambina chi era e da dove proveniva.
Dopo molte ricerche venni a sapere che cinquant'anni fa una tremenda disgrazia colpì il luogo dove abito ancora oggi. Il nostro palazzo, a quell'epoca, era in fase di costruzione; e fu proprio durante una giornata di lavoro che una bambina di otto anni, per seguire il suo cane sfuggitole dal guinzaglio,venne travolta da pilastri d'acciaio. Si chiamava Alexandra Morrison ed il suo corpo non venne mai ritrovato. Scavando tra le macerie alcuni operai trovarono solo un vecchio bambolotto ricoperto di polvere.
Da quel giorno, dopo che i lavori giunsero al termine,molta gente dichiarò di vedere apparire dall'ascensore una strana bambina che chiedeva loro di aiutarla a ritrovare il proprio cane. Alcuni morirono perché si rifiutarono di prestarle ascolto credendo che si trattasse solo di uno stupido scherzo, altri sono ancora oggi ricoverati in ospedale perché parti del loro corpo sono state carbonizzate, e sulla parte andata a fuoco sono evidenti i segni di una mano piccola che possono appartenere solo ad un bambino.
E' proprio da uno di questi signori in ospedale, un certo Peter Filling che una volta abitava nel mio palazzo,che ho scoperto queste cose incredibili. Mai nessuno,neanche i miei genitori mi dissero che della gente era morta nel nostro palazzo. La verità fu sempre tenuta nascosta per paura che più nessuno andasse ad abitare in quel posto. Tutti erano convinti che la gente morta o ricoverata in ospedale erano persone con problemi mentali incurabili che avevano tentato,qualcuno riuscendoci,di uccidersi da soli.
Ma io sapevo che non era così.
Peter Filling mi raccontò anche che l'unico modo di sbarazzarsi di quel "fantasma" dal palazzo era ascoltarlo ed aiutarlo a cercare il suo cane. "Anche se è morto lei non lo sa e pensa che sia ancora vivo" Mi disse il vecchio Filling. "ha bisogno di qualcuno che le vuole bene nonostante sia diversa; solo così potrà trovare la pace ed andare ad abitare nel suo nuovo mondo."
Io non gli raccontai della mia avventura e gli promisi che avrei provato a seguire i suoi consigli nel caso l'avessi rivista.
Ora ero sicuro che Alexandra aveva trovato la strada per l'aldilà. Una povera bambina di otto anni bloccata tra questo mondo e quello dei morti in cerca del suo cane Bobby. Quello che avevo visto era un fantasma, ma non era stato cattivo con me. L'avevo aiutato a cercare quello che voleva pur senza trovarlo; per questo mi aveva risparmiato la vita.
Da quel giorno non successe più nulla di strano nel mio palazzo, né a me, né a nessun altro inquilino.
A volte, quando dormo,mi capita di sentire Alexandra ripetere sempre la stessa frase in sogno: "Tu sei diverso da tutti gli altri" e solo ora so cosa significa.
I morti prima o poi ritornano ma non sempre con cattive intenzioni. Quello che ho imparato io da questa esperienza è che prima di scappare dinanzi ad uno di loro e pregare per la propria salvezza, bisogna aiutarli, se si può e se si ha il coraggio di farlo.
Ancora oggi sento spesso la sua mano posarsi delicatamente sulla mia schiena; un gesto che terrorizzerebbe chiunque, soprattutto ad una tarda ora della notte, ma non me; almeno non più.
La bambina di nome Alexandra,morta in un giorno qualsiasi di tanti anni fa, veglierà per sempre su di me.

"Grazie Alan. Grazie per avermi ascoltato."

di Luca Tebaldi