[ « indietro ]     Mattew aveva abbandonato il lavoretto alla libreria, dicendo al signor Geordie che aveva intenzione di tornare a scuola l’anno seguente ed aveva un bel po’ di libri da spulciare per poter riaffrontare gli studi; l’uomo non gli fece troppe domande, si felicitò solo per la decisione e si rallegrò per la dipartita del padre, Matt si limitò a sorridere.
Il libro era sempre lì, sotto il suo letto.
Una notte senza luna Mary si intrufolò nella sua stanza.
“Lo hai ancora?” gli chiese.
“Sì” annuì.
“Usiamolo”.
“Per cosa?”.
“Per qualunque cosa, dobbiamo sapere se siamo stati noi” .
Mattew sapeva quale tarlo rodesse le meningi della ragazza, lo stesso dubbio che lo assaliva ogni notte e gli impediva di dormire, dovevano sapere, dovevano trovare la risposta.
Prese il volume e lo aprì all’indice:
“Quale?” chiese.
Mary scorse le righe con occhi avidi:
“Questo, se accade allora funziona davvero”.
Mattew trovò in fretta la pagina, il rituale era semplice: scrivendo con il sangue del richiedente una preghiera su un foglio di carta bianco e dormendo per trenta notti con il medesimo foglio sotto il cuscino, una enorme somma di denaro sarebbe piovuta dal cielo.
“E’ una stronzata” replicò Matt spavaldo.
“Anche bruciare i capelli di papà lo era” .
“Non chiamarlo così”.
Silenzio.
“Va bene, bucati un dito con uno spillo, io faccio altrettanto”.
“E con cosa scriviamo?”.
“Non lo so, prendi una matita senza punta”.
Mary sgattaiolò fuori dalla stanza e fece ritorno qualche attimo dopo con tutto l’occorrente.
“Prima tu” disse lei seria porgendogli lo spillo.
Matt si praticò un emocromo sull’indice della mano sinistra, Mary lo seguì a ruota aggiungendo un infantile “Ahio!”.
Vergarono la pergamena e per un mese esatto ci dormirono a turno sopra.
Allo scadere del trentunesimo giorno, Magdalene rincasò gridando che avevano vinto due milioni di dollari alla lotteria dello Stato.




Vent’anni dopo Mattew Parsons passeggiava tranquillamente con il suo cane, un Labrador purissimo, per un elegante viale del centro; la vetrina di una libreria attirò la sua attenzione, si avvicinò e vide il signor Geordie affaccendato dietro la cassa.
Entrò divertito e picchiò con fare deciso sulla spalla dell’uomo, che si voltò di scatto e con modi gentili gli chiese:
“In cosa posso esserle utile?”.
“Beh vorrei un lavoretto part time, la mia famiglia ha bisogno di soldi…so che non ho esperienza, ma magari potrei metterle a posto il magazzino…”.
“Mattew!” gridò il signor Geordie, uscendo dal bancone ed abbracciando l’uomo robusto ed un po’ stempiato che gli stava di fronte.
“Come stai, ti trovo benissimo”.
“Sto bene, lei come sta, è tanto che non la vedo”.
“Da povero vecchio ormai, ma dimmi di te, tutti hanno letto sui giornali della tua prossima candidatura al Congresso, eh ne hai fatta di strada da quando rimettevi in ordine i libri negli scaffali del retrobottega”.
“Sì, è passato molto tempo e anche molta strada”.
“Immagino sarai felice di quello che hai raggiunto”.
“Molto, ma è costato anche tanta fatica”.
“E la tua famiglia?”.
“Mia madre è morta qualche anno fa”.
“Mi dispiace” disse rattristato.
“Era malata da tempo, la sua dipartita è stata una liberazione, per lei intendo, soffriva troppo. Mary si è sposata con un uomo d’affari che ha conosciuto durante un viaggio in Italia,Steve si sta laureando in medicina e Jason passa tutto il suo tempo a scommettere alle corse, ha una fortuna sfacciata quel ragazzo”.
“Solo fortuna?” chiese l’uomo.
“Certo” replicò Mattew imbarazzato.
“La tua vita è cambiata davvero in modo sorprendente, mio caro,chi l’avrebbe mai detto, un umile ragazzino di provincia, vittima di una società ingiusta e di un padre indegno, che riesce a costruirsi una vita perfetta, una sorta di miracolo,non credi?”.
“Ho avuto la buona sorte dalla mia, questo è vero”.
“Beh direi che la buona sorte da sola non basta, quante teste hai dovuto far cadere per arrivare dove sei ora?”.
“Non capisco cosa intenda, è strano signor Geordie, tutto il suo discorso è singolare”.
“Discorsi da vecchi Matt, tutto qui. Ma dimmi come è morta tua madre?”.
“Era malata, gliel’ho detto”.
“Sì, lo hai fatto, scommetto che con i soldi che ti ha lasciato hai cominciato a finanziare la tua scalata verso la politica”.
“Queste allusioni non mi sembrano corrette, signor Geordie”.
“Oh, ma non sono allusioni Matt, è la verità, la vecchia aveva accumulato molto in maniera non proprio lecita, se mi consenti l’eufemismo,ed un ricovero di pochi giorni corredato da una morte improvvisa, non è esattamente quello che si dice una lunga malattia”.
“Come sa queste cose?” chiese allarmato.
“Io so molte cose di te piccolo mio”.
“E’ stato un piacere rivederla signor Geordie, ma ora devo proprio andare, ho una campagna elettorale da mandare avanti” disse quasi fuggendo dal locale.
“Un’ ultima cosa Matt”.
“Sì?”.
“Sono vent’anni che manca un libro dalla mia biblioteca, un libro antico e molto prezioso, è sparito la notte prima della morte di tuo padre”.
“E perché lo dice a me?”.
“Credevo solo che ne sapessi qualcosa”.
“No, non ne so nulla. Addio signor Geordie”.
Uscì senza voltarsi.
“Arrivederci Mattew”.
Geordie chiuse la libreria con sveltezza.
Si diresse nel retrobottega e si inginocchiò come in preghiera: una nube sulfurea si sprigionò dai suoi abiti che si dissolsero come fuochi fatui, la pelle della testa si arricciò scoprendo un cranio ossuto e scuro,
si alzò ed il suo corpo ricoperto di squame liquefece ogni oggetto con il quale entrò in contatto, gli occhi sfavillanti rosseggiarono nelle orbite vuote, i denti aguzzi si serrarono nella mandibola spinosa, le spalle enormi guizzarono mentre un paio di ali nere spuntarono dalle scapole uncinate.
“Arrivederci Mattew, mio buon servitore”.


di Vampire