Era lì al suo computer. Erano già le undici e 10 ma non voleva andare a letto, ma doveva farlo e così pensò bene di portarsi dietro il suo amato lettore cd con il quale entrava in un mondo tutto suo in cui non esisteva odio, gelosia, litigate con genitori ed amici perchè ne aveva abbastanza di questa cose, nel mondo reale.
Ciò che le mancava erano gli amici o forse era così stupida da non saperli nemmeno riconoscere.
Fatto sta che andò in camera,si mise il suo pigiamone verde, il suo colore preferito, insieme al nero, e si mise sotto le coperte. Non era molto caldo quella sera ma Lei andò a letto in canottiera così,perché le andava. Attaccò il lettore alla presa della corrente e s’inserì le cuffie nelle orecchie. Si sistemò ben bene nel letto e poi pigiò il tasto Play……quei bassi celestiali dei Rancid lei pervasero il corpo e si sentì da dio.
Perché era questo che le dava la musica. Era capace di farla sentire bene,ed erano in pochi quelli che sapevano farlo. Perchè stava così, con quell’aria spesso triste, vuota e spesso ti faceva paura perché riusciva a passare dalla felicità all’arrabbiatura estrema in pochi secondi. Altre volte aveva uno sguardo perfidissimo che persino le sue amiche stavano attente a quel che dicevano in sua presenza. La sua autostima era.. la sua autostima non esisteva. Lei non la faceva esistere, semplicemente perché non ci credeva. Non credeva a tante cose ma soprattutto non credeva alla vita,era quasi convita che lei fosse al mondo giusto per essere presa in giro da quella stronza di una vita. Era quasi convinta perché in fondo, ma molto molto infondo era una tenera romanticona e il suo cuore, od anche solo un milionesimo delle miliardi di cellule del suo cuore, sperava in quel principe azzurro. Ma spesso pensava alla morte, molto spesso.
Forse troppo.
Iniziava a scegliere e capire qual era il miglior modo per morire… l’unica morte che non avrebbe mai voluto era quella per mano di ignoti. Aveva molta paura, Lei. Addirittura le faceva paura scrivere al computer, in una stanza spenta con la sola luce sulla scrivania. Doveva per forza accendere la luce in tutta la stanza. S’impressionava lei per prima a scrivere racconti horror, ma era quello che tentava ed avrebbe voluto fare. Forse con scarsi risultati ma ci provava.
Un’insulsa ed indefinita mattina s’alzò alle 7 come suo solito, si vestì svogliatamente e andò in piazza a prendere l’autobus che l’avrebbe accompagnata a scuola. Non voleva. Era troppo giù anche per andare a scuola. Ed allora decise di prendere sì l’autobus ma scese prima di arrivare, sola, senza dire parola a nessuno.
S’avviò quindi per girare il paesino e così senza motivo entrò in QUEL negozio. Ne uscì solo per prendere l’autobus e tornare a casa… lungo il tragitto la ragazza rifletté sulla strana mattinata passata.
Era entrata nal famigerato “Paradise Of Hell” o meglio conosciuto come il POH.Era alquanto particolare, niente vetrine, Solo una piccola insegnuccia sulla porta, quasi invisibile. Potevano entrare solo alcuni. Era chiuso alla gente che non mostrasse il pass.
Al POH andavano “solo gli svitati, i drogati, i vampiri ed i loro simili”, diceva la gente. Ma Lei se ne fregava di quel che diceva la gente, anzi adorava fare ciò che era strano e pericoloso, perché infondo non aveva niente da perdere. Bè anche se quando entrò al POH entrò a testa alta era stata una decina di minuti a cercare il coraggio di entrare perché Lei comunque era molto timida e paurosa. Tirò un sospiro di sollievo e varcò quella porta, sperando che non la buttassero letteralmente fuori a calci.
Il buio la sommerse al tal punto che rischiò d’inciampare ma, prontamente, un ragazzo la riprese.
-“Prima volta, eh?”-
Lei arrossì ma l’oscurità che la circondava la nascose.
-“Sì… grazie”- Sorrise, e non si sa perché ma i sorrisi si vedono anche al buio.Riescono ad illuminare l’oscurità. E Lui se ne accorse. Riuscì a vedere solo che aveva un paio di occhialoni neri, ed un bel giubbotto nero. Lei piaceva il Suo look. E non si scostò dal misterioso ragazzo.
Si schiarì la voce e azzardò – “Scusa,come ti chiami?” -.
Silenzio. Lui iniziò a camminare a poi tirò un lungo respiro
- “Puoi chiamarmi Matteo. E' un nome che mi è sempre piaciuto”-.
Intanto si avventavano tra i tavolini e Lei iniziò anche ad abituarsi a quella penombra. Stava bene, anche se non sapeva dove la stava portando quello strano tizio. Matteo. Aveva detto di chiamarsi così. No, non si chiamava così. Voleva essere chiamato così ma non aveva un nome. Perchè??? Come fa una persona a non avere un nome?? Possibile che non ne abbia mai avuto uno? Che la stessa prendendo in giro? O voleva solo fare un po’ il misterioso? E che era quell’alone di tristezza che si era sentito mentre diceva che poteva chiamarlo Matteo? Non era forse il suo vero nome? Troppe domande. Lei si faceva troppe domande. Finchè non vide che “Matteo” si sedette su un carinissimo ed adorabile sgabello nero, foderato da seta nera. Anche il tavolino era uguale.
Quel posto era un paradiso del nero. Era tutto nero. Ma era quel nero particolare, aveva delle sfumature favolose di rossi, verdi e blu che fecero impazzire la ragazza. Matteo ordinò due semplicissime coca-cola e poi la guardò. Cercava di capire com’era.
-“La mia vita inizia 2 anni fa.N on so quanti anni ho, non so chi ero, da dove vengo. Non lo so e basta. Puoi chiamarmi Matteo, Luca, Franco o come ti pare, per me è indifferente”-
La ragazza si sbalordì. Lui continuò -“So solo che i proprietari di questo negozio sono i miei genitori. Loro mi hanno accettato e perciò sono i miei genitori. Non servono legami di sangue per volersi bene. Non credi???”- Sorrise.Aveva un sorrido splendido.
-“Bè io……”-.
Deglutì nervosamente.
-“Ah, scusa. Forse ci sei rimasta male perché ho risposto a ciò che pensavi, vero…? ..Come ti chiami?”-
-“*****”-
-“Bel nome, ***** . Bè comunque, c’ho preso che ci sei rimasta male??”- Sorrisone.
-“Bè, sì… Ma come hai fatto?? Cioè non è che leggi nella mente”- …risatina.
-“Sì”-. Sbalordimento.
-“Come sì?!?! Cioè tu…? No, davvero?... Che bello…”-
-“Riesco a leggere nel pensiero, ma solo delle persone pure”-
-“Persone pure?!?!”-
-“Sì di quelle persone cristalline, sincere… …Tu devi essere una di quelle perché altrimenti non ti avrei letto nel pensiero”- Un altro sorrisone. Ci stava provando con Lei, pensò la ragazza. Forse era l’ennesimo cretino che la prendeva per il culo perché lei non si sentiva affatto carina. Anzi…
-“Non è vero. Non sono un cretino, e comunque mi piaci”- sorriso.
Lei aveva una faccia sempre più sbalordita.
-“…uffa però,non c’è divertimento a parlar con te, cioè parli tutto tu!! Comunque posso sapere che posto è questo e cosa si fa di così strano da far raccontare storie pazzesche su questo locale? ”-
-“Non si fa nulla di strano. E' solo che qui vien gente a cui piace stare in penombra, ad alcuni piace bere il sangue ma se ci pensi a chi non piace?? Dai trovami una persona che anche solo una volta che s’è ferita non si sia succhiata il sangue, tutto sommato a te non piace?”-
-“Ha un sapore particolare ma non è niente male”-
-“Bene,abbiamo qualcosa in comune..”- Altro sorriso.
-“Matteo ma tu che ci fai qui??”-
-“Io ci vivo. O meglio,vivo al piano superiore ma qui ci passo 15-16 ore al giorno. E' la mia casa”-
-“E non esci mai??”-
-“No, non sopporto la luce del sole ma sarebbe bello sentire il calore del sole sul viso, sentire il vento sulla pelle ma… credo che la gente si spaventerebbe…”-
Silenzio. -“Perché?? Sai sei molto carino e farebbero bene a guardarti. Di certo non si spaventerebbero!”-.
Questa volta fu Lui che arrossì.
Deglutì. Pensò. Disse -“….La mia pelle bianchissima ed i miei occhi fanno paura un po’ a tutti”-.
-“Non capisco Matteo”-
-“Sei troppo ingenua *****”-
-“Ma scusa sinceramente non vedo cosa c’è che non va in te, anzi a dir la verità mi piaci”-
-“Ingenua. Sei proprio ingenua”-
La prese brutalmente per un braccio e la portò in una stanza vicino all’uscita, si tolse gli occhiali, scostò un tendone nero e la luce illuminò il suo viso.
Lei rimase allibita.
Matteo aveva gli occhi completamente rossi. Più del sangue.. e la pelle bianchissima, quasi trasparente! Era molto impressionante.
-“Ora capisci perché non esco. E comunque dovrei avere una persona accanto a me per muovermi perché non ci vedo”-.
Ma come? Era stato così agile a muoversi tra i tavoli, a prenderla al volo!!
-“Abitudine, *****,abitudine.”-. Sorriso.
-“A me piaci. Se vuoi uscire ogni tanto da qui, anzi,se ti fidi di me ti porto a fare un giro. Dai ti prego,vuoi venire??”-. Mentre lo diceva ***** si stupì di sé stessa. Dove aveva trovato quel coraggio? E perché lo stava facendo?
-“……Sicura??”-
Lei sorrise ma poi pensò che se lui non vedeva non avrebbe potuto capire che aveva sorriso… ma…
-“Anche se non lo vedo lo sento. Sai, il sorriso e la felicità sono nell’aria. Quando si sorride è come se nell’aria ci fossero micro particelle di allegria che “contagiano” quelli vicino. Se ci pensi un attimo è così”- Sorrise. Aveva davvero un bel visino. Ed era molto saggio.
Così si ritrovarono davanti all’uscita, lei gli tese il braccio e lui si appoggiò delicatamente. Quasi avesse paura.
Fecero un respiro profondo e ***** aprì la porta.
Non sapeva che dire, se descrivergli il mondo o meno, e così pensò di portarlo al fiume poco distante, per fargli sentire il rumore della piccola cascata.
Matteo si ripulì la bocca con la manica del giubbotto e rientrò nel locale. Si stava meglio a pancia piena.

La seconda

Laura aveva 18 anni, era giovane, carina e innamorata del suo ragazzo. Appena smetteva di lavorare correva da lui perché gli piaceva troppo,ci stava troppo bene. Quando la sua amica la chiamò dicendole che l’aveva visto in discoteca con Katy lei non c’aveva visto più: era salita in macchina e stava già correndo per vedere se ciò che le aveva riferito la sua amica fosse vero. Arrivò nel parcheggio della discoteca. Scese ed entrò furiosa. Li vide ballare abbracciati. Si stavano baciando.
Rimase pietrificata. Non poteva averla tradita!!! No, non era lui. Gli aveva detto che doveva studiare per l’esame di maturità, che non avrebbero potuto uscire quella sera. Le aveva detto che era unica. Le aveva detto che l’amava. Le aveva detto che non l’avrebbe mai tradita. Le aveva chiesto di sposarlo. Erano solo balle?!
Un bacio che distrugge il futuro, il passato.
Emozioni contrastanti le pervasero il corpo, odio, disperazione, rabbia. Uscì piangendo e salì in macchina. Accese la radio a tutto volume e partì. Vagò senza meta fino al “Paradise Of Hell”.
Entrò. Si sedette al bancone ed ordinò un bella Vodka.
Tirò giù 2 bicchierini e già era ubriaca quando le si avvicinò uno sconosciuto.
-“Perché bevi??”-
-“Che vuoi? Io non bevo”-
-“Che c’è che non và?”-
-“Ma che vuoi?? Chi ti conosce!! Se vuoi solo venire a letto con me si può fare. Ho voglia.”-
-“Mi dispiace, sei molto carina… ma non mi va, volevo solo sapere perché stai così, non si beve da sole, in un bar sconosciuto senza motivo, no?”-
-“Sì, in effetti non è una gran giornata”-
-“Ti va di parlarne?”-
-“Non c’è niente da dire. Ho visto il mio ragazzo che si baciava con un altra. Mi ha sempre ingannata. Ci dovevamo sposare.”-
-“Mi dispiace, ma su con la vita,potrebbe essere una cosa positiva. Pensa che lui non era sicuramente l’uomo della tua vita, visto il comportamento e se l’avresti sposato avresti fatto un bello sbaglio.”-
-“Bè… ...sì, hai ragione.”-
-“Ora soffrirai un po’, ma tranquilla,passerà presto.”- Sorrisone.
-“Io.. Devo andare… comunque grazie… Scusa come ti chiami?? Non ci siamo presentati, io sono Laura, tu?”- Riuscì a sorridere anche lei… non pensava ce l’avrebbe fatta.
-“Matteo, piacere mio”- Sorrisone -“Bè, ci rivediamo?? A presto ”- Ri sorrisone.
Così la ragazza tornò a casa, distrutta ma in fondo felice per la nuova conoscenza…
Passarono due giorni che Laura e Matteo si rividero, “casualmente”, al Paradise.
Ma da quel bar uscì solo Matteo.
L’aveva uccisa,così come aveva fatto con *****.
L’aveva fatta ridere, divertire e bere. Quado la ragazza era “andata” le aveva proposto di accompagnarla a casa… invece l’aveva portata in una casetta abbandonata, a mezz’ora dal paese.. Una volta lì l’appoggiò per terra e consumò il suo pranzo.


di Dark Ire