Pioveva forte anche quella sera.
Oramai era da quattro notti che si andava avanti con quel diluvio, ed era abbastanza noioso stare a guardare l'acqua che scivolava sul vetro, bloccata in casa, senza poter uscire. Erano quattro giorni che non usciva, quattro notti che non lavorava, quattro notti che non vedeva quella che era diventata la sua gente. Sperò che non avessero mandato qualcuno a cercarla, perché non voleva fare preoccupare gente importante, e non voleva che gente così la andasse a trovare a casa.
Ama era stato chiaro, doveva trovarsi ogni notte sul sarcofago dell'angelo di marmo, nel cimitero della città, possibilmente con emozioni forti nel cuore che le facessero scorrere il sangue nelle vene tre volte più velocemente. Shera le aveva chiesto di non mancare mai, o di mandare qualcuno al suo posto se non si fosse potuta presentare, ma Ama aveva anche detto che nei giorni di pioggia non sarebbero usciti. Si morse il labbro preoccupata: i suoi due amici probabilmente non mangiavano da quattro giorni, e rischiavano di indebolirsi troppo; d'altronde, il fatto che il suo era l'unico sangue che potevano assumere dopo quella famosa ferita inferta loro dal cacciatore di vampiri che aveva cercato di ucciderla, scambiandola per una di loro.
Ama, ossia Amaricante Vix Fortis, una delle tre massime autorità nel mondo dei vampiri, l'aveva salvata, era corso in suo aiuto e poi le aveva medicato la ferita, finendo inevitabilmente con l'innamorarsi di lei, e venendo pure ricambiato. Shera invece, ossia Sheratan del Bosco, era un vampiro di origine mista, un mezzo elfo, che rappresentava la seconda autorità nella razza dei vampiri. Lo aveva conosciuto quando un gruppo coalizzato di preti ed ammazza vampiri le aveva teso una trappola una sera, praticamente fuori di casa: non a caso da quel giorno si era trasferita nella cripta dei due. Quando pioveva però, la cripta diventava un luogo insopportabile, e lei tornava in quella che era stata casa sua, e che ora avevano affidato ad un'altra ragazza, di nome Lareda. L'aveva conosciuta e l'aveva trovata una tipa a posto, una degna di occupare la posizione che le era stata data, ossia quella di Compagna Eterna di Astreal, il terzo della triade al potere tra i vampiri. Era un tipo che conoscevo poco, ma sembrava a posto e in gamba esattamente come i suoi colleghi.
Ad ogni modo, era la quarta notte che stava lontana da Ama e Shera, e si sentiva male percependo le vibrazioni del suo sangue: abituata a perderne sempre in grandi quantità per nutrire i due amici, viveva praticamente in un costante effetto mononucleico, e ora si sentiva esplodere, come se ne avesse troppo in corpo. Ignorando la pioggia si mise la giacca ed uscì, correndo sotto le gocce in direzione del cimitero che la aspettava come ogni notte con il cancello spalancato.
Ad un tratto le vennero le vertigini e dovette aggrapparsi ad un lampione per non ritrovarsi a terra: il suo sangue rollava come se al suo interno ci fossero delle onde, e lei si sentiva come se stesse su una barca. Un improvviso conato di vomito minacciò di farle dare di stomaco lì sul marciapiede, ma riuscì a controllarsi e riprese la sua corsa, cercando di non barcollare troppo.Quando fu vicina al cancello del cimitero un altro conato la colse e si accasciò sul cancello, graffiandosi la pelle con un ferro sporgente: era piuttosto strano, non aveva mai notato un ferro messo a quel modo e proprio in quel punto del cancello, avrebbe dovuto fare attenzione o ci si sarebbe infilzata.
Si raddrizzò e si succhio il sangue dalla ferita sulla mano, ma il sangue che le bagnò la bocca le fece di nuovo venire il vomito e fece molta più fatica a non soddisfare il suo stomaco lì, vicino alla tomba cui era accasciata. Si costrinse ad alzarsi, ci riuscì, si stabilizzò per benino e si avviò verso la cripta dei due amici: cercò di sdraiarsi sul sarcofago dell'angelo, quello dove li aspettava sempre, ma le vertigini le fecero intendere che se si fosse sdraiata non si sarebbe più rialzata.
Dunque si trascinò fino alla porta della cripta e si lasciò cadere contro il vecchio portone, bussando con il suo corpo. Dall'interno si udirono dei passi affrettati, e una ragazza aprì la porta, facendo rotolare il corpo sofferente di Marilyn all'interno: nella cripta l'aria era diversa, più salubre rispetto al solito, e le parve di vedere Lareda seduta al tavolo vicino ad Ama, in braccio a qualcuno che non riconobbe.
Le si iniziò ad offuscare la vista sempre più intensamente, ma riuscì a distinguere la forma nota di Ama chino su di lei abbracciarla e sollevarla, e appoggiarla da qualche parte. A questo punto vide anche Shera, che le prese una mano.
Gliela strinse, spostando il collo ed inarcandolo appena per cercare di far loro capire quello di cui aveva bisogno, ma ricadde pesantemente sulla superficie piana alla quale l'avevano appoggiata. Cercò di nuovo di frenare un conato di vomito e boccheggiò quando le mancò l'aria, e fu allora che miracolosamente la figura che teneva in braccio Lareda capì il motivo della sua agonia, le si avvicinò e la morse.
Mentre sentiva il sangue scorrerle fuori riconobbe nella figura Astreal, e la sensazione di stare per vomitare si attutì fino a sparire del tutto. Le tornò appieno anche la vista,sparirono la luce bianca e le macchioline rosse, e lentamente l'abbandonarono anche le vertigini.
Sospirò di sollievo e piacere quando il vampiro spinse i denti più a fondo, e strinse la mano di Shera.
Amaricante, preoccupato, si mise dalla parte opposta a quella dove lavorava Astreal e le accarezzò la testa, fissandola per un po' prima di parlare.
-Stai bene adesso?- chiese.
Marilyn annuì appena, ma Ama colse il movimento e si rasserenò, pur rimanendo preoccupato.
-Che ti è successo?- chiese ancora.
Èh, era un bel problema spiegare che cosa le fosse successo con le poche forze che stava rimettendo da parte, così si limitò a balbettare:-Troppo sangue-.
Shera ridacchiò e le fece un buffetto sulla guancia, mentre dall'altra parte Astreal iniziò lentamente ad estrarre i denti dal suo collo. Quando si sollevò da lei, Marilyn si sentiva di nuovo sé stessa. Chiuse gli occhi e si addormentò, stringendo ancora la mano di Shera, mentre quello le si sedeva a fianco e le mormorava qualcosa in lingua elfica all'orecchio, mentre gli altri si erano allontanati a discutere dell'argomento.
-Ci hai fatto spaventare, Marilyn!- la rimproverò.
Marilyn sorrise, poi sentì il suo corpo trasformarsi, tornare quello di un uomo. Shera allargò il sorriso e scoprì i denti:
-Mi correggo, ci hai fatto spaventare, Brian!-
Bryan sbuffò.
E che ci doveva fare? Era la vita di chi bisessuale lo era davvero, in ogni senso. Intanto aveva già in mente la copertina del nuovo album.

P.S. Brian Warner è il vero nome di Marilyn Manson

di Vereor