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Nurj de Los Reyes amava quel palazzo visceralmente. Vivere alla corte di Versailles, sotto il regno illuminato di Luigi XV, era una goduria che la sua mente acuta e vogliosa di raffinati piaceri non aveva potuto lasciarsi sfuggire. E la sua sete insaziabile di sangue non aveva trovato una riserva migliore altrove. Com’era facile nascondere la propria identità, in quella reggia sterminata, piena di cicisbei e di dame splendide e superbe nei loro vestiti giganteschi, impossibili da immaginare per un comune mortale. Le sue vittime erano sempre tremanti e cupide fanciulle o forti e altezzosi nobili d’alto rango, disposti a concedere il loro piacere proibito a quel Vampiro pallido ed attraente, dalla carnagione malata e dagli occhi scuri come l’Inferno.
Lui amava tutte le sue vittime, per il breve periodo della notte o del giorno che si concedevano a lui, offrendo i loro candidi colli alle sue fauci. Eppure, c’era un tipo di persona che lui adorava sommamente, e per cui provava un’attrazione irresistibile: coloro che si ritraevano, che prima di concedersi volevano farsi conquistare, credendo di giocare con il Vampiro che li avrebbe giocati. Oh, com’era soddisfacente quando infine, con un palpito di emozione, cadevano nelle sue braccia, frementi, mentre il loro delizioso e dolcissimo sangue ancora scorreva nelle loro vene, prima di essere versato dalle sottili labbra di Nurj.
Un giorno, Nurj la vide passare leggera ed elegante tra la folla di una delle tante feste mondane, allestita nel multiforme Corridoio degli Specchi. Il suo abito non era della foggia più splendida, eppure aveva una raffinatezza innata ed incantevole, che la faceva rifulgere di splendore tra le altre, scialbe dame che potevano essere più ricche, ma non potevano competere con lei. La sua figura sottile, alta e magra, metteva ancora più in risalto la sua bellezza da Musa, che sembrava invocare tutti i poeti ed i pittori a farne il ritratto, coi versi o con le morbide pennellate. Rapito da questa figura di sogno, il Vampiro chiese a qualche conoscente chi fosse quella splendida dama, degna delle Ninfe. Un nome esotico, aspro, quasi inadatto alla figura longilinea che sembrava volare sul pavimento marmoreo risuonò nelle sue orecchie: “Zsusza”.
“Da dove viene, mia splendida dama?” chiese Nurj portandosi alle labbra una mano sottile ed affusolata. Il colore della sua pelle era dorato, non era pallida come le altre fanciulle e signore di Versailles: quello, il suo nome ed il fuoco triste nel suo sguardo lo convincevano che fosse straniera.
“Vengo da un paese molto lontano, nobile monsieur” rispose Zsusza sorridendo affabile, e mostrando una fila di denti perfetti e bianchi. “Oltre l’Impero, oltre l’Ungheria. Io sono la Contessa Zsusza Nedelcu.”
“Io sono Nurj de Los Reyes, e sono un esiliato dalla mia patria, come voi.”
Un lieve turbamento rese ancora più bello quel volto delicato. Sotto la parrucca bianchissima, si intravedevano sottili capelli neri, come i suoi.
Era una di quelle persone forti, ritrose, capaci di sottomettere un uomo mortale a loro piacimento. Per questo Nurj ne era così affascinato. Era misteriosa, si teneva nascosta, non parlava mai del suo passato, come se avesse dovuto nascondere qualcosa di terribile o di doloroso. Non aveva fissa dimora, ma vagava di corte in corte, leggera e bella come una farfalla. Che Vampira fantastica sarebbe stata! Più la osservava, più il desiderio di Nurj si trasformava in vera tenerezza, e in desiderio di tenerla sempre al suo fianco, come degna compagna di Caccia.
Ma un giorno arrivò lui. Un cicisbeo come gli altri, all’apparenza: basso di statura, magro, pallido; sempre vestito all’ultima moda, con la parrucca bianca incipriata e il sorriso sulle labbra carnose. Nurj lo vide in mezzo a molte ammiratrici, che lo seguivano come i cani seguono il padrone, pronte a perdere conoscenza se il damerino dalle labbra rosse osava rubar loro un bacio. Nurj ebbe subito un impulso d’odio irresistibile verso quel figuro, senza sapere perché: forse era lo sguardo color nocciola, furbo e lascivo, che sembrava sfidarlo a tenergli testa. Non era di una bellezza folgorante, eppure suscitava reazioni ammirate od estatiche in ogni persona che incontrava. Ma Nurj non aveva voluto immischiarsi nelle sue faccende: fu lui ad entrare nella sua vita. Quella stessa sera, infatti, quando lo sconosciuto vide Zsusza, al solito bellissima nel suo abito color indaco, si arrestò, e la meraviglia si dipinse sul volto pallido.
Cominciò a corteggiarla con audacia, suscitando gli spasimi d’amore o di ammirazione di quasi tutti i nobili di Versailles, e un odio sproporzionato in Nurj. Come osava, quel lacchè, quel damerino impudico e lussurioso (erano già famosi i suoi intrallazzi con parecchie dame e persino damerini di Versailles) corteggiare la stupenda Zsusza, colei che Nurj avrebbe voluto rendere pari a lui? Lo affrontò durante un’altra festa: egli teneva languidamente la mano di Zsusza, e lei arrossiva o impallidiva alle sue parole segrete. La bile rendeva il volto di Nurj ancora più giallo del solito.
“Non ho il piacere di conoscerla, monsieur…” cominciò il Vampiro con fare provocatorio.
Il cicisbeo, per tutta risposta, sorrise beffardo, aumentando la collera di Nurj.
“Infatti è così, io non la conosco, monsieur.” Nurj strinse i pugni.
Zsusza sorrise un po’ imbarazzata, e con un gesto gentile chetò la collera del Vampiro.
“Colui che vedi qui al mio fianco, caro Principe de Los Reyes, si chiama Saint Just de Richebourg. E’ Conte, ha il mio stesso grado ed è giunto da poco qui alla Reggia. Vi prego, non litigate. Siete entrambi nelle mie grazie, non gradirei se uno di voi ne uscisse con un duello inopportuno.”
Saint Just baciò la guancia di Zsusza, poi chiese il permesso di congedarsi. Sorrise affabilmente al Vampiro, mostrandogli i denti bianchissimi…e appuntiti. Anche Nurj chiese il permesso di allontanarsi, in tutta fretta.
“L’ avevo intuito dal primo momento in cui ti ho visto, dannato damerino!” sussurrò Nurj in un orecchio, trattenendo il braccio di Saint Just.
“Due Vampiri che vogliono uno stesso Infante non durano a lungo sotto lo stesso tetto…” sibilò l’altro per risposta.
Nurj aumentò la presa. “Tu vorresti…anche tu vuoi Zsusza come Vampiro! Non dubitare, sentirai ancora parlare di Nurj de Los Reyes!”
“E tu sentirai ancora parlare di Saint Just” disse liberandosi dalla stretta il beffardo cicisbeo, lampeggiando con gli occhi castani. “Puoi starne certo!”
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di Saint Just de Richebourg
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