L’usanza del “refrigerio”, ovvero la “sete” del defunto costituisce un motivo antichissimo. Nel mondo pagano il refrigerium era il banchetto funebre che si usava fare sulla tomba dei defunti. Spesso sulle tombe era offerto del pane, sia come nutrimento che come simbolo di rinascita del morto nella sua novella vita.
Anche i greci e i latini commemoravano i propri morti con offerte votive di cibo e vini sulle tombe proprio per placare le anime, mentre i babilonesi e gli assiri seppellivano vasi di miele.
Che il cibo reale fosse davvero utilizzato nei sepolcri è dimostrato da diversi testi come il “De Masticazione Mortuorum in Tumulis” di Michel Raufft o la “Dissertatio Historico-Philosophica de Masticatione Mortorum” di Philip Rohr.
Qui si descriveva come il morto, le cui scorte alimentari erano insufficienti, iniziava a nutrirsi masticando il sudario e le sue stesse carni.
L’Abate Calmet Agustin, parlando proprio dell’opera del Raufft scrive che “E’ opinione comune in Alemagna che certi morti mastichino nelle sue sepolture e divorino tutto ciò che hanno intorno…Egli [ il Raufft N.d.A.] suppone che cosa provata e certa esservi alcuni morti che han mangiato gli abiti ond’eran involti, e tutto ciò che avevano vicino e per fino divorare le proprie carni.
Egli osserva come in alcuni luoghi dell’Alemagna, per impedire ai morti di mangiare loro, mettono sotto il manto una zolla di terra che in altri luoghi mettono loro in bocca una piccola moneta d’argento e una pietra e in altri casi con un fazzoletto loro stringono fortemente la gola”.
Sant’Agostino invece parla “del costume dei Cristiani di portar su per i sepolcri della carne e del vino con cui si facevan i pranzi di devozione”
giustificando, ma non assecondando, questa tradizione pagana facendola basare sul libro di Tobia “mettete il vostro pane e il vostro vino sulla sepoltura del giusto e guardativi di mangiarne e di bere in compagnia dè peccatori”. Anche il pane “pro anima” tipico dell’area campana avrebbe una funzione simile.
L’alimento è offerto spesso durante la veglia notturna, all’ingresso del cimitero o della casa dei luttuati.
Successivamente il termine “refrigerio” fu legato più ad una sorta di rinfresco delle anime che, immaginate avvolte dalle fiamme, avevano bisogno di acqua per rinfrescarsi.
Questa idea è presenta già nel Vangelo, “…Morì anche il ricco e fu sepolto. Trovandosi questo nell’Ade fra i tormenti … alzata la voce disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura…”.
Nasceva così l’usanza di mettere vicino al defunto vasi e bicchieri di acqua fresca. Frequente era anche l’uso di lasciare sulla tomba uno spiraglio o piccoli bucherelli dai quali versare il prezioso liquido direttamente sul morto.