Nulla. Anche il nulla presuppone l’esistenza di qualcosa di ben definito, la non esistenza. Non è quello che segue
la morte. Il nulla post morte non esiste.
Prima sì, aveva sentito la vita dissolversi dalle sue labbra, dal suo corpo, aveva apprezzato un leggero senso di formicolio, parestesie in tutto il corpo, nei propri arti e tremolio attorno alla bocca, la stessa sensazione che si provava a togliere la vita e regalare l’eterna felicità alle proprie vittime. Darkus, il carnefice, l’Angelo Nero. Aveva sempre donato il Sonno Eterno, con le lacrime di sangue agli occhi, conscio di poter dare la pace alle sue vittime, uomini come lui, destinati, chissà perché, a soffrire tutti i giorni della loro presenza.
Questa volta era diverso. L’ambiente era stato per un attimo diverso rispetto alla realtà creata dal suo più grande nemico, il dio dei cristiani. Per un attimo gli era sembrato di stare in mezzo ad un giardino di rose rosse, nel crepuscolo, con uno strato di nebbia che cercava di avvolgere con un filo di umidità i timidi petali vellutati. Petali che non erano altro che il sangue delle persone morte di propria volontà, che hanno avuto il coraggio di mettere una fine nel disegno del dio biblico.
Ma non era così. Darkus era alla riva del fiume, all’inizio del crepuscolo, il fiume che sorgeva dalla caverna di un monte senza nome, un monte dove non era mai cresciuto niente, dove solo gli animali si recavano di rado per strane cerimonie di silenzio e contemplazione del nascere del sole e della fine del buio. La nascita di un altro giorno, accolto con ululati di disperazione e di rassegnazione. Darkus era lì, affianco al fiume nero quando con la sua stessa mano si era tagliato la carotide, sia la destra che la sinistra. Era lì quando con fermezza e fede aveva piantato le sue stesse dita nella propria gola. Era lì quando aveva visto il fiotto del suo sangue, bellissimo e rosso porpora, uscire e versarsi sulla terra.
E tutto si era fermato. Il fiume aveva smesso di scorrere, i pesci avevano smesso di nuotare, le volpi ed i lupi si erano fermati a contemplare Darkus, il Vampiro, l’Angelo Nero, il Figlio Prediletto di Satana, del Dio Uomo, del Dio degli Uomini, che si toglieva la vita, che si regalava la Morte e si donava alla Morte.
Non era stato il primo, almeno di quello che ne sapeva. Prima di lui aveva scelto lo stesso percorso la sua amica di sempre, la Donna Vampiro che si è preso cura di lui dopo che l’aveva trasformato in un Immortale Dispensatore di Morte, di Pace, di Sonno Eterno.
Nadia. L’aveva cercato lei quando il giovane Saverio si disperava davanti alla volontà del dio dei cristiani di continuare ad insistere a fare soffrire il mondo e gli uomini promettendo la salvezza ed il paradiso. Quando si disperava e non capiva come era possibile che il padre degli uomini, così tutti chiamavano questa divinità, fosse misericordioso e nello stesso tempo creare il paradiso, luogo per i puri di anima, e l’inferno, luogo di eterna dannazione, per quelle anime che hanno seguito la propria volontà ed il proprio istinto. E l’aveva trovato quando Saverio aveva deciso che il suo Dio non poteva essere che Satana, l’Angelo Caduto che per primo si ribellò al creatore, il primo che scelse di disobbedire e di cercare di vivere seguendo la propria volontà per scoprire il Mistero, il perché esiste tutto, se veramente esiste qualcosa.
Nadia lo aveva trasformato in Immortale offrendogli a dono il proprio sangue. Saverio bevve avidamente, con fede e speranza di trovare la fine. Trovò solo l’inizio. L’inizio della percezione, l’inizio di tutte le domande e di tutte le risposte. Nadia gli insegnò tutto quello che gli poteva servire per sopravvivere, gli insegnò come uccidere per nutrirsi e per donare la Morte alle proprie vittime, senza che loro provassero orrore o angoscia, ma solo riconoscenza. E gli diede il nome DARKUS, l’Angelo Nero. Darkus imparò a perdere la speranza, ad aspettare il sorgere del buio per uscire dalla sua tomba, un luogo inospitale nel cimitero di Torino. Un angolo dimenticato da tutti, laddove il custode usava buttare tutti i rifiuti della sua dimora, rifiuti organici e cadaveri di persone che nessuno ricercava, senza casa e senza identità. Persone che lui si divertiva a squartare dopo averle attirate nella sua casa con la promessa di un bicchiere di vino squallido e di pane raffermo. Lì dove Darkus bruciò il cadavere di questo essere che provocava la morte orrenda alle sue vittime.
Nadia gli insegnò tutto. La via per la Verità, la via per la Salvezza. Viaggiarono in continuazione, videro il buio in tutti i continenti, conobbero la disperazione degli uomini e percepirono le sensazioni di tutti, in tutte le lingue ed in tutte le sfumature. E questa disperazione era in maniera comune presente in tutto il mondo. Uccisero insieme, si alimentarono sempre con la stessa intensità ed invocavano Satana in tutti i momenti di difficoltà e di dubbi. Diventarono famosi in tutta la terra per la loro serenità e determinazione, tutti i disperati e stanchi di esistere avevano pregato almeno una notte in vita loro per avere un incontro risolutivo con Nadia e Darkus. Erano inseparabili. Niente poteva turbare la loro esistenza. Niente tranne il nulla. Nadia diventava sempre più solitaria, più distratta. Darkus era preoccupato per la sua fedele compagna, per sua Madre, Sorella ed Amante. Preoccupato ma anche conscio che Nadia non poteva sbagliare, non poteva non avere motivi di essere così strana e diversa. Nadia nascondeva qualcosa, e lo aveva nascosto fino a quando non baciò in bocca il suo amato, dicendogli che era giunta l’ora della Rivoluzione Frontale, dello scontro totale con dio. Ed in un crepuscolo, affianco ad un fiume si tolse la vita. Si suicidò davanti allo sguardo impassibile e pietrificato di Darkus. E lo fece con determinazione ed un sorriso enigmatico stampato alle labbra.
Dolore. Orrore. Tristezza. Angoscia. Sentimenti che aveva dimenticato ma che tornarono prontamente nella mente di Darkus. Invocò Satana che prontamente accorse in aiuto al suo Prediletto. Satana guardò negli occhi e con gli occhi pieni di riconoscenza il corpo inanimato di Nadia, bellissimo nel suo pallore ed immobilità, nella sua fine dell’esistenza. E poi rivolse il suo sguardo all’Angelo Nero. – Non disperare figlio mio, Nadia ha trovato la soluzione, ha affrontato il disegno di dio ed ha avuto la sua vittoria, la sua rivincita-. La fede di Darkus era incrollabile e resistette alla scomparsa della sua compagna, e si promise di fare l’impossibile per vendicare anche lui il genere umano, per affrontare e sconfiggere il creatore adorato dai cristiani. Ma non riusciva a capire il senso, non riusciva ad intravedere una soluzione, neppure un singolo indizio.
Dopo un lungo periodo decise di tornare a Torino. Si rifugiò in un monastero di monache di clausura, sopra la città. Da lì partiva tutte le notti per le sue escursioni a scopo liberatorio in tutta la città, continuando ad osservare le cose del mondo e le persone. Ma era stanco di aspettare e di cercare. Era stanco di fare sempre le stesse cose, era stanco delle persone e della loro tristezza, era stanco della vita, ma non riusciva a capire il vero senso della morte. Perché un senso doveva esserci. Sapeva che c’era, altrimenti Nadia non si sarebbe estinta. Continuò ad essere stanco fino ad una notte di dicembre, la notte del 25, natali del figlio di dio, Emanuele il Nazzareno. Era a caccia di anime. Camminava con il passo leggero canticchiando un motivo scuro e infernale, copiato da Nadia da una vecchia canzone di un Mortale che scelse la Fine, Ian Curtis. E la vide. Maria. Una donna piccola, splendida, enigmatica, una donna che aveva tutte le risposte ma non lo sapeva. Una donna di uno sguardo travolgente, occhi color miele, capelli rossi come il desiderio e la passione. Maria, una donna con il nome più innocente del mondo, uno scherzo di dio. Guardava fuori dalla finestra del suo appartamento quando Darkus si fermò e la fissò, senza cercare di nascondersi. Maria lo vide, lo fissò intensamente e si innamorò perdutamente dell’uomo più affascinante, strepitoso e misterioso che avesse mai incontrato. Darkus volò senza indugio da lei e la baciò sulla bocca con tutta la passione che aveva nella sua anima. Rimasero a fissarsi per tutta la notte senza sprecare una parola, senza rincorrere all’inganno della necessità di utilizzare un ammasso di lettere, offerte da dio agli uomini per sminuire la loro intelligenza ed il loro potenziale di capire il vero senso della vita e della morte, il vero senso dell’esistenza e delle non esistenza. Trovarono una nell’altra, tutto quello che cercavano, la momentanea felicità e tristezza nello stesso istante, il desiderio e la passione. Si sono amati intensamente per tutta la notte e Maria offrì sicuro rifugio dai raggi del sole al suo amato.
Vissero insieme per molte lune, si sono amati tutte le volte che lo desideravano, sempre senza parlare e sempre con maggiore intensità e volontà. Maria era sempre più affascinata dall’Angelo Nero, aveva sentito parlare di lui negli anni precedenti e lo aveva immaginato esattamente così come era: normale, pallido, combattente. Desiderava seguirlo, diventare come lui, poter stare con lui tutti i momenti della notte e non lasciarlo di giorno, non poteva vivere sapendo che era vulnerabile, sia dai fedeli di dio che dai raggi del sole. Ed una notte lo seguì, di nascosto, avendo imparato da lui come muoversi senza farsi vedere e sentire. Non farsi vedere e sentire dai mortali, non dagli Immortali Adoratori di Satana. Darkus la lasciò fare, lasciò che lo seguisse e si divertì a farle perdere le sue tracce per poi farsi trovare esattamente dove lei con disperazione e paura rivolgeva lo sguardo.
Lupi. Un branco di lupi dalle sembianze umane, Lupi Mannari, la travolse con una furia incredibile. Esseri abominevoli, assassini puri, mostri che odiavano tutti e tutto e che uccidevano non solo per nutrirsi ma anche per paura, per gelosia e desiderio di una vita totalmente umana. Ibridi tra l’uomo ed il lupo, un’offesa all’animale del bosco, il lupo, che da sempre ha rappresentato l’indipendenza, la timidezza ed il coraggio. Un branco che cercava di portare via Maria, l’anima di Darkus. Ma lui non poteva permetterlo, non poteva lasciare che la donna dei suoi desideri venisse trasformata in cibo e gioco per un branco di Lupi Mannari. Corse veloce e feroce come il vento, travolse il branco. Uccise senza pietà il capo branco, Marius, e tutti quelli che hanno cercato di capire chi li aveva aggrediti e perché. Morirono tutti, sempre comunque senza orrore ed angoscia, l’Angelo Nero aveva imparato ad essere misericordioso con tutti, compresi i suoi nemici. Sapeva che tutte le azioni, anche le più impressionanti e abominevoli dovevano avere un senso e permettere alla vittima, qualsiasi vittima, di liberarsi e passare ad un mondo possibilmente migliore. Maria era stata purtroppo ferita, stuprata nella sua natura ed anima, contaminata dalla saliva di Marius e poi trasformata, una trasformazione immediata e repentina, anche lei in un Lupo Mannaro. Guardò Darkus con disperazione, tristezza e rassegnazione. Decise di parlare non perché voleva esprimere qualcosa di diverso con le parole, che con lo sguardo. Lo fece solo per offendere dio, per fargli vedere che il loro amore ed il loro desiderio era stato irrimediabilmente distrutto dalla volontà di vendetta e di gelosia del creatore dei cristiani verso tutto quello che può fare felice due persone, due essere viventi. E insieme promisero vendetta, espressero il loro odio con una voce che fece tremare la terra e fece sperare di una vittoria finale tutti i disperati, speranza dell’inizio della fine. Cambiò il suo nome in Letizia.
Paura. Angoscia. Letizia non capiva. Cosa era tutto questo? Non erano le sue memorie, almeno non tutto ciò che visse con la mente. Perché aveva davanti a sé tutto questo, perché aveva vissuto un’altra volta la sua storia con Darkus, ma dal punto di vista di un altro? Perché tutto questo era così reale? Chi era questo essere a terra, questo essere morto che emanava questo profumo etereo, che non gli aveva potuto resistere e di cui si stava cibando? Lo fissò. Con orrore scoprì che stava divorando il corpo dell’unico uomo o presunto tale che avesse mai amato, dell’Angelo Nero, del Carnefice, del Figlio Prediletto di Satana, Darkus.
Non capiva, non riusciva a farsene una ragione. Erano passati anni di solitudine e ricordi della vita passata con Darkus, anni di depressione trasformata in furia omicida. Letizia non aveva mai fondato un branco, aveva vissuto e cacciato da sola, come pochi lupi erano in grado di fare. In quel momento si sentì una bestia, chi altro avrebbe potuto cibarsi del cadavere della persona che più di ogni altro aveva amato per tutta la sua vita? Ma non era così semplice. Conosceva bene Darkus, non poteva credere che una così simile poteva succedere senza motivo, senza una giustificazione. Credeva a Satana, una fede incrollabile che le aveva trasmesso il suo amato e non poteva accettare l’idea che il suo Dio potesse riservarle una simile beffa. Riguardò con attenzione Darkus, e vide un sorriso impercettibile, prima non presente, un sorriso enigmatico accerchiato da una riga di sangue porpora profumatissimo che faceva crescere la curiosità e la fame di Letizia. Si chinò, con intensità immensa e infinito amore leccò il sangue di Darkus, sangue dal sapore indescrivibile, corposo ed infinitamente saturo di amore.
Davanti a sé vide l’Angelo Nero, la sua presenza discreta che accompagnava Letizia tutti i giorni nel suo territorio di caccia; una presenza continua, assillante. E capì che la sensazione di essere seguita che provava tutte le volte che si muoveva di notte nel suo vasto territorio, non era altro che il suo Amore. Vegliò su di lei, non la perse mai di vista ed era pronto in qualsiasi momento a rincorrere a suo aiuto in caso di necessità. Ma Letizia non aveva mai avuto bisogno di aiuto. Il desiderio di vendicare la fine del suo amore e della sua felicità, la speranza di trovarsi davanti al dio dei cristiani per sfidarlo e cercare di sconfiggerlo la resero sempre più forte, indipendente e combattente. Sopravvisse al suo dolore, alla sua disperazione per fare che cosa, mangiare il corpo del suo amante e congiungersi definitivamente con lui? No, non poteva accettarlo. Davanti a sé, quando assaporò l’ultima goccia del sangue di Darkus, capì che tutto questo era stato voluto dall’Angelo Nero. Lo vide davanti a sé fissarla con adorazione. – Maria, la soluzione c’è, è semplice e definitiva, orgogliosa e pura, nera e dolce. Ti ho amato come niente al mondo, i miei pensieri nascevano e morivano attorno al tuo nome, al tuo odore, al sapore delle tue labbra. Ti ho desiderato guardandoti da lontano e immaginando il contatto con la tua pelle morbida e liscia, il tuo odore ed il sapore dolce della tua bocca. Ricordi che hanno riempito di tristezza e rassegnazione la mia eternità. E nostro Padre mi venne di aiuto e mi aiutò, come io aiutai lui a capire ed a scoprire il Segreto di dio, del nostro odiato nemico-.

Un urlo tremendo, proveniente dalle viscere di un anima dannatamente nera e disperata uscì dalla gola di Letizia. Nessuno l’aveva mai chiamata con il suo nome, Maria. Nessuno. Mai.
-Padre, Satana, Lucifero, Anima Infinita, Presenza Dolce, Compagno Misericordioso, Lacrima degli occhi dei disperati, vieni a vedere il mio dolore, viene a vedere il mio pianto, vieni ed ingigantisci la mia rabbia, vieni a vedermi soffrire come soffre un bambino ferito ed offeso, vieni e prendimi e butta definitivamente la mia anima nelle viscere dell’Inferno, non posso più sopportare, non posso più continuare ad esistere, non posso, non posso, non posso, non voglio. Dio dei cristiani, essere misero ed abominevole, sorgente di ogni perfidia, di ogni rancore. Cagna rabbiosa, essere odiato. Nasconditi, fuggi, sparisci, non farti trovare davanti ai miei artigli, alle mie fauci, non perderò il tempo a divorarti, a distruggerti. Morirò cercando di ucciderti. Scoprirò il tuo segreto-.
Il fiume non riprese a scorrere, gli animali rimasero fermi a guardare e la rabbia cresceva a dismisura nei cuori e menti di tutti gli esseri del mondo. Urla tremende, cariche di odio venivano emesse ed indirizzate contro il cielo, urla promettenti battaglia, battaglia e morte, volontà della fine. Darkus era morto, sparito, e nessuno capiva il senso.
Satana arrivò. Piccolo, gobbo, stanco, con gli occhi pieni di fuoco e passione, pieni di speranza e compassione. Con paura alzò lo sguardo verso Letizia. Paura, comprensione, ferito anche lui della perdita del suo Figlio Prodigo. Nessuno regalò mai la Liberazione, la Morte, il Sonno Eterno con intensità tale, come aveva fatto l’Angelo Nero. Nessuno. Ma perché, perché? Il tempo cessò di scorrere per tutto il periodo che il Padre e la Figlia si guardarono. Perché. Segreto. Mistero. Paradiso. Inferno. Vita. Morte. Vita. Mondo. Terra. Morte. Segreto. Mistero. Paradiso. Inferno. Morte. Nascita. Liberazione. Religione. Dio. Perché. Darkus. Nadia. Satana. Perché. Mistero. Mistero. Segreto. Mistero.
-Sì, e così figlia mia, è così, Letizia, amata compagna di mio figlio. Bacio la terra dove cammini, piango per il tuo dolore e mi inchino davanti al amore che hai cercato di offrire all’Angelo Nero. Hai capito tutto quello che c’era da capire, perché lo sapevi già. Sei riuscita a scorgere nella mente e nei sentimenti di Darkus, sei riuscita ad assaporare la sua volontà. Ti ha amato come nessuno ed ha voluto offrirti la sua conoscenza, la via per riscoprire tutto ciò che dalla tua nascita sapevi. Siamo già all’Inferno, piccola mia, questa non è la vita prima della Morte. Tutti noi abbiamo già vissuto e siamo stati già giudicati davanti alla “sacra” famiglia, davanti a dio, a suo figlio, Emanuele, e davanti al loro spirito. E siamo già stati giudicati immondi, indegni di trovare posto e pace affianco al creatore di tutti noi. Immondi perché abbiamo scoperto l’istinto, perché abbiamo voluto provare ed assaporate il proibito, il nuovo, il diverso. Perché abbiamo cercato di soddisfare le nostre necessità, perché abbiamo provato amore e desiderio per i nostri amati, simili, e persone diverse dai predestinati, da dio o dai nostri mariti e mogli. Perché abbiamo avuto il coraggio di non essere sempre riconoscenti delle briciole di felicità regalata dalla quotidianità. Perché abbiamo avuto dei desideri. E perché abbiamo cercato di soddisfarli, con ostentazione e audacia ed arroganza. Perché abbiamo scelto la possibilità di poter scegliere. E lui ha creato per noi questo posto, l’Inferno. Abbiamo imparato a viverci, abbiamo imparato a soffrire. Qualcuno ha dimenticato ed ha cercato di richiedere il suo perdono. E’ tornato ad adorarlo ed a sperare ad una seconda occasione. E lui lo ha permesso, non perché potesse essere possibile, ma perché voleva prendersi gioco di noi, degli immondi. Ma qualcuno non ha dimenticato. Ha capito il mistero, ha capito che nessun morto poteva morire di nuovo, nessuno poteva salvarsi. Era tutto destinato ad un ciclo perpetuo. Ma il ciclo si è spezzato con la creazione dei Vampiri, con la creazione conscia e volontaria di Uomini Superiori, Fedeli Felici Combattenti al mio fianco, capaci di porre fine all’esistenza con l’eliminazione della linfa divina, del sangue. Il sangue non è altro che la sostanza di dio, la natura di dio. Una volta sottratta al corpo, tutto cessa di esistere. Lo scopo è quello di eliminare tutti noi, per togliere la ragione dell’esistenza dell’Inferno, per togliere il senso del giudizio divino. La Morte provocata da un Vampiro è la Liberazione. Il Suicidio è l’offesa personale a dio, ed è anche l’offensiva definitiva contro il disegno divino. Togliersi la vita è un atto inconcepibile per dio, è la negazione del destino e dell’esistenza, è il rifiuto del possesso, dell’avere, la liberazione del corpo e dell’anima umana di tutte la caratteristiche divine. Solo così si potrà avere una rivincita, solo così si potrà porre fine a questo gioco perverso. Questo è il segreto di dio. Questa è la realtà, questa è la Soluzione. E’ solo così che si può sconfiggere dio. Questa è la Via, la Via degli Eletti-.
E Letizia si tolse la vita. Un altro passo si fece verso la vittoria finale.


autore                                    
Petros Giovanis