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L'ultimo nato è il film "Underworld, thriller di atmosfera gotico metropolitana, girato da Len Wiseman, dove una guerriera-vampira (kate Beckinsale) si unisce, in tutti i sensi, a uno studente di medicina, Micheal (Scott Speedman), per scongiurare un complotto di licantropi. Ma dal ciuccio, prodotto dalla azienda americana Getbubbatheet, che conferisce alla bocca del bambino una parvenza draculiana, ai musical in programmazione a Broadway nella prossima stagione ("Vampire"), ai videogiochi, ai fumetti, il genere succhiasangue e dintorni è in continua evoluzione e crescita.
Non solo in America.
Alla Buchmesse, la fiera del libro di Francoforte, per esempio, erano decine i titoli dedicati al tema, compreso su saggio di 700 pagine ("Wampir. Biografia symboliczna") di una studiosa del romanticismo, la polacca Maria Janion. mentre in Italia possiamo ascrivere alla categoria fenomeni molto diversi come la catena di pub "Transilvania", si comproprietà del regista horror dario Argento, o discobar "carmilla", dal nome del romanzo di J.Sheridan Le Fanu, fino al blog di "letteratura immaginario e cultura di opposizione", curato dallo scrittore Valerio Evangelisti.
Insomma, l'immaginario collettivo appare sempre più popolato di vanpiri. E la realtà? Esistono davvero i vampiri? Alcuni fatti di cronaca sembrerebbero affermarlo: nel 1994 a Vladivostok, nella Russia sud-orientale, una donna ha ferito un poliziotto e si è avventata sulle ferite per berne il sangue. E da un censimento realizzato nello stesso periodo dal "Centro di ricerca sui vampiri" fondato dal parapsicologo americano Stephen Kaplan risultano 40 casi di vampirismo in Canada, 550 negli Stati Uniti e 310 nel resto del mondo.
«La stampa» afferma Massimo Introvigne, maggiore esperto italiano di vampiri e autore del documentato saggio "La stirpe di Dracula" (Mondadori, 1997), «talvolta classifica come vampiri criminali che bevono sangue delle vittime. In realtà si tratta di serial killer che compiono atti di cannibalismo sui cadaveri, compreso quello di bere sangue. Solo che definirli vampiri fa più notizia. Per esempio due criminali italiani vissuti nel XIX secolo, Verzeni e Agnoletti, rientravano in questa categoria e sono stati definiti dal criminologo Cesare Lombroso vampiri. Ma si tratta di una definizione impropria».
«Diverso è il caso di quei club nei quali i patner, immersi in un'atmosfera gotica e vampiresca, si succhiano il sangue. In America ce ne sono un migliaio. Naturalmente gli emosessuali, come si chiamano coloro che si eccitano bevendo il sangue altrui, non si mordono sul collo ma più semplicemente si praticano delle punture sulla punta delle dita e poi succhiano da dì. Una pratica, tra l'altro, molto rischiosa per possibile contagio dell'Aids. Per questo di solito gli emusessuali sono patner moldo fedeli».
Insomma: vampiri per passione, e magari per emulazione. Ma da cosa nasce il fascino per i morti viventi? « Il vampiro», prosegue Introvigne, che è anche presidente del Cesnur, il Centro di studi sulle nuove religioni, con sede a Torino, «incarna insieme il desiderio di essere immortali e la paura della morte. Senrimenti comuni a tutti gli uomini in tutti i tempi e luoghi».
Dello stesso parere è la psicologa Vera Slepoj, per la quale «Dracula rappresenta il tormento e insieme la paura di dover vivere per sempre. Il suo tormento è il nostro tormento. Ci permette di fantasticare di una vita che non s'interrompe, ci regala l'immortalità seppure nell'oscurità della notte, ci offre la possibilità di elaborare le nostre angosce più profonde che toccano le parti oscure, le nostre pulsioni segrete. Ma non è personaggio liberatorio. E' un personaggio angosciante».
Figure di demoni succhiatori di sangue sono del resto presenti in tutte le culture, dei babilonesi agli antichi rimani, dai filippini agli africani, passando per gli indiani e i cinesi: «La paura dei morti» dice ancora Introvigne «è remota e ancestrale, direi preistorica. Probabilmente, nell'età mdoerna, è stata portata nell'est europa dagli zingri provenienti dalle regioni orientali indiane. In Serbia, in Kashubia, una regione della Polonia, e in Moravia, che è la parte della odierna Repubblica Ceca, la mitologia del vamprio è presente. Nel 1600 si verificano crisi di panico collettivo con esecuzioni di poveri cristi assimilabili alla caccia alle streghe e che non s'interrompono fino al secolo successivo, tanto che deve intervenire la Chiesa per porre fine all'isteria collettiva vampiresca». Un panico probabilmente anche ingenerato e potenziato dall'esistenza di alcune malattie, come l'anemia, la porfiria e la catalessi che presentano sintomi in vario modo riconducibili alle condizioni e ai comportamenti tipici del vampirismo.
Stranamente in Romania, patria riconosciuta di Dracula, il vampiro per antonomasia, il mito si afferma molto tardi, grazie allo scrittore irlandese Bram Stoker, che qui ambienta il suo romanzo del 1897. «In romania esistenva la credenza dei vrikolaci» precisa Introvigne «derivati dai vrikolakos greci, morti viventi, come i vampiri, ma che non succhiavano sangue».
Bram Stoker invece s'ispira alla novella "Il vampiro", del medico di origine italiana di John Polidori, a sua volta ispirata al "Frammento di una storia"" di Byron, che narrava la storia di un morto vivente, Augusto Darevell. La cosa curiosa è che il "Frammento" nacque per gioco nel 1816 durante una gara letteraria tra il poeta romantico e Mary Shelley, che in quell'occasione diede origine a un altro classico dell'horror, "Frankenstein".
E' evidente che l'humus culturale del tempo era ideale: il Settecento, secolo dell'illuminismo in cui Voltaire smaschera tutte le superstizioni, lascia il passo al romanticismo. Le storie di fantasmi si sprecano. Darwin rintraccia le origini della specie umana in ominidi pelosi e feroci. E presto Freud rivelerà il lato oscuro della mente. In Sud America, a metà dell'Ottocento, vengono scoperti pipistrelli che si nutrono del sangue di cavalli, asini, bovini e occasionalmente di umani: «la scoperta dei pipistrelli vampiro» afferma Introvigne «non ha influito sulla mitologia del vampirismo, perchè questa faceva già parte del folklore. Stoker però trasse ispirazione da alcuni esemplari di pipistrelli vampiri cileni che si trovano al museo di scienze naturali di Londra. Ma soprattutto riuscì a intercettare il clima dell'epoca: lo stesso Byron veniva considerato una sorta di vampiro, nel senso che vampirizzava, ovvero distruggeva, le sue donne. Eppoi nel 1871 era anche uscito un altro romanzo di vampiri, o meglio di vampiresse "Carmilla" di Le Fabu. Comunque è certo che la fama del vanpiro la si deve a Stoker: è per il suo "Dracula" che viene inventata la parola best seller, ed è sulla base di quel modello che verranno realizzate innumerevoli varianti letterarie, teatrali e cinematografiche».
Anche perchè la grande intuizione di Stoker fu quella di legare il protagonista della sua storia a un personaggio realmente esistito, Vlad III detto Dracula: «In realta si può ormai affermare con certezza che Bram Stoker scoprì questa figura storica, vissuta nel XV secolo e morta in battaglia, solo quando aveva già finito di scrivere il romanzo. A quel punto corse dall'editore per far cambiare il titolo da "Il conte vampiro" a "Il conte Dracula". Le incongruenze tra il suo personaggio e il vero Dracula sono, del resto molte: innanzitutto Vlad III era valacco e non transilvano, era un principe e non un conte e soprattutto, in patria non è mai stato associato alla mitologia del vampiro. Anzi: il solo accostamento che si faceva tra i due personaggi offendeva i romeni perchè Vlad III è sempre stato considerato un eroe nazionale che combattè contro i turchi. Per questo il romanzo di Bram Stoker non è mai stato tradotto in romeno. Nè durante il periodo monarchico nè in quello comunista, durante il quale esistevano pubblicazioni che accusavano il romanzo di essere una bieca forma di speculazione capitalista. Appena cadde il comunismo, però, a Sighishora, città natale di Vlad III, fiorì un turismo legato al romanzo, con riproduzioni del ritratto del principe (custodito a Monaco) spacciate come ritratti di Dracula di Stoker».
Per tutto il novecento, il mito del conte assetato di sangue non ha mai cessato di diffondersi, attraversando ogni forma e mezzo della cultura di massa, e riuscendo sempre a trovare nella storia o nel personaggio di Dracula un appiglio per affrontare un tema attuale.
Basti pensare, tra gli esempi recenti, a un musical degli anni '70 come "The Rocky Horror Picture Show" che, con evidente gioco d'assodanza, fa della Transilvania la patria (extraterrestre) del travestitismo, e trasforma il vampirismo in un manifesto vivente della voglia di trasgressione; o al film di Coppola del 1992, dichiaratamente fedele al romanzo di Stoker ma in realtà capace di condensare ed esorcizzare le paure per una malattia, l'Aids, che già da un decennio stava mietendo vittime proprio tra chi, come la Lucy vampirizzata nel film, adotta un regime sessuale libero, promiscuo, incontrollato; o infine, al film "Underworld", tra pochi giorno nelle sale, che recupera il vampirismo per integrare nel tema della guerra tra fazioni (o addirittura razze) quello problematico dell'ingegneria genetica.
Insomma i vampiri hanno successo perchè riescono a catalizzare desideri e paure basilari, perchè rendono evidente il rapporto contraddittorio tra amore e morte, l'insondabile paradosso di una vita che può essere tale solo se capace di accettare la sua negazione. Secondo Nina Auerbach, docente di inglese alla Pennsylvania University e autrice di un saggio che è considerato la bibbia in materia, "Our Vampires, Ourseleves" (Chicago University Press, 1995), il segreto di ogni lettore o spettatore, non escluso quello sessuale, innagabilmente presente nella seduzione precedente il morso e naturalmente nel morso stesso. E la psicologa Vera Slepoj, che si dichiara affascinata dal Conte, individua nel sangue l'elemento pricipale della mitologia vampiresca proprio in quanto «elemento di passione e sessualità, come rincongiungimento tra la vita e la morte, come circolo vitale. Un tema che si associa perfettamente con quello della natura notturna del vampiro, poichè la notte è l'incoscienza, il terrifico, il profondo presente in tutte le culture come parti oscure di noi... E Dracula vive di notte portando con sè tutto questo».

di Antonio Armano e Fabio Sclosa

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