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Ho iniziato a piangere. In silenzio.
Ero patetica.
Lo sapevamo entrambe.
Ma tacevo.

“Si. Sono bella. Ora.” Ti sei girata a guardarmi.
Poi mi sei venuta incontro.

“Fanculo.” Hai sibilato. “Sei una stronza. Una sfottuta stronza.”
“Sei bella” ho detto sottovoce.
Mi hai guardata.

Sei tornata a sdraiarti sul letto.
“Legami”.
Ho preso la corda che avevo tinto di nero.
Ti ho legata. Stretta.
Come sempre.
Ho preso il rossetto ed ho iniziato a scriverti sul corpo.
Volevi ti coprissi di scritte.
Di crudeli insulti.

Mi sono sdraiata al tua fianco una volta finito.
Mi sono rannicchiata.
Te, così legata hai iniziato a gridare e a scuoterti..

“Mi purifico”. “Mi purifico”.

Così è passata la notte. Due esseri prive di angeliche ali sullo stesso letto unite dal male di vivere e dall’immenso dolore.

Appena sveglia hai fissato interrogativamente i tuoi grandi occhi neri su di me..
“Mi ami?”
“Si che ti amo”
“Mi ami?”
“Ti ho detto di si.”
“Devi ripeterlo se è vero. Mi ami?”
“Ti amo”.
“E sarà per sempre?
“Per sempre.”
“Dimmi che mi ami.”
“Ti amo.”
“Dimmi che mi ami per sempre.”
“Ti amo per sempre.”

Hai riempito di acqua la vasca da bagno.
“Vorrei morire così”
Non ti ho risposto.
“Vorrei morire immersa in acqua, sangue e tanta schiuma profumata… Quando tireranno fuori il mio corpo, avrà la pelle morbida e levigata.
Sarebbe una morte deliziosa…”
“Smettila.”
“Ma non trovi che sarebbe una morte da diva?”

Me ne sono andata.
Sono uscita.
Ti ho lasciata sola.

Ho vagato per le strade.
Era tutto così maledettamente disperato.

Era grigio. Erano sensazioni oscure che si dissolvevano nel cielo.

E’ squillato il cellulare.
Eri te.

Urlavi “Perché mi hai abbandonata??”
“Adesso torno.”
“Perché mi hai abbandonata??!!
Ho attaccato.

Sono corsa verso casa. Stavo male. Ho vomitato in un angolo durante il tragitto.

Sono arrivata. Sudata. Col fiatone.
Ci siamo viste.
Hai detto “Ora taci e fissami”.
“Cosa vuoi fare?”
“Ti ho detto di stare zitta. Lo sai fare molto bene mi pare. Quindi taci.”
Sono rimasta immobile.
Avevi tra le dita una lametta.
Hai cominciato a passare il lato tagliente sull’addome.
La canotta si è macchiata di rosso.
Sulle cosce, sul viso, l’hai ripassata sulle cicatrici. “Ora sono bella?”
Ed eri bella comunque, anche in quello stato eri di una delirante bellezza.
Sei andata in bagno.
Ti ho seguito.
Hai preparato la vasca. L’hai fatta straboccare.

Ho avuto paura.
Ti sei immersa.

Mi sono spogliata.
Sono entrata in acqua con te.
Sul bordo una serie di bottiglie di birra vuote.
C’erano anche a terra. Sparse.
Ne hai presa una per berne il fondo.

Hai iniziato a tremare.
“Vorrei morire…”
“Hai detto che saremmo state insieme per sempre”
“Vorrei morire… insieme a te.”

Mi sono alzata. Nuda. In piedi. L’acqua bagnava il pavimento. La schiuma ancora sul corpo.
Ho preso altre lamette.
Sono tornata in acqua. Con te.

Ci siamo baciate.
Ci siamo strette.
Tremavamo.

Hai iniziato a farmi gli stessi tagli che avevi te.
Hai riprodotto le tue ferite sul mio volto.

Ho pianto.

Colava mascara macchiando la pelle.

Mascara e sangue.

Poi mi hai preso i polsi. Hai tagliato verticalmente.

Hai ripetuto il gesto su di te.

Immerse in acqua colma di bianca schiuma ci abbandonavamo.
“Saremo in sieme per sempre…”

“Ti amo” ho sussurrato.


di Angela Buccella