[ Torna a pagina: 1 » ]     La lotta invisibile, a colpi di piccoli dispetti, per entrare maggiormente nelle grazie di Zsusza si protrasse per lungo tempo, con esiti incerti. A volte lei sembrava preferire la compagnia di Nurj, altre volte trascorreva intere giornate in compagnia di Saint Just. Nelle feste, nelle passeggiate, nelle letture: sempre o uno o l’altro Vampiro erano in compagnia di Zsusza. Non si parlavano molto tra di loro: si limitavano a lanciarsi sguardi assassini o di sfida. Non era proprio odio, ciò che li accomunava e li teneva distanti: era piuttosto l’amore per quella dama bellissima, per quella donna mortale che aveva catturato entrambi i loro cuori. I loro occhi scuri si cercavano spesso, per schernire o per disprezzare l’avversario con le loro piccole vittorie o le loro sconfitte. Nurj aveva consultato i tarocchi per vedere chi fosse mai quell’essere beffardo: scoprì che era assai potente, e figlio di una divinità diversa dalla sua. Temibile, quindi: temibile e letale. Come lui, del resto…sarebbe stato uno scontro molto interessante. La bufera si scatenò un giorno informale, in cui i nobili passeggiavano tranquilli nei giardini, vestiti in maniera semplice, rispetto alla norma. Quasi nessuno portava la parrucca, e tutti sfoggiavano vestiti per così dire “campagnoli”. Saint Just era a braccetto di Zsusza, in camicia; aveva una coda di lunghi e ricci capelli castani, selvaggi, che ben contrastavano con i lisci e morbidi capelli neri con riflessi ramati della sua compagna. Nurj li seguiva da lontano, anch’egli in tenuta estiva, con i capelli corvini che incorniciavano riottosi il bel viso angosciato per ciò che vedeva davanti a sé. Saint Just notò la sua presenza, e sorrise tra sé e sé. Con fare aggraziato, cinse la vita di Zsusza col braccio, e posò un bacio ben poco casto sulle sue labbra. Nurj dovette frenare la sua rabbia, altrimenti avrebbe squartato seduta stante quell’essere immondo: cominciò a vedere tutto rosso, e per evitare una strage, corse verso il Palazzo, con la frenesia in corpo. Quella notte, Saint Just avrebbe fatto meglio a non uscire nei giardini da solo. Nurj teneva i suoi affilati canini pronti all’azione, ancora pieno d’astio. Aveva avuto ragione, quel dannato: “Due Vampiri non possono convivere sotto lo stesso tetto”, e certo ora ne sarebbe rimasto solo uno. Si appostò dietro un albero, in un luogo isolato, fremente d’ira, ancora in maniche di camicia, attendendo. Presto udì un passo felpato percorrere il viale: sbirciò, e vide Saint Just, solo e baldanzoso, evidentemente ignaro, senza parrucca né ghirigori, con i vestiti leggeri scomposti. Chissà cosa aveva fatto! Il pensiero lo tormentava come un parassita. Attese il momento giusto, poi attaccò. Saint Just fu colto di sorpresa, tanto che non si difese dall’impeto dell’assalitore: venne scaraventato a terra, e l’urlo venne soffocato da una mano forte e ben salda. L’altra cercava di strozzare o di rompere l’osso del collo del Vampiro, e gli occhi di Nurj risplendevano come braci. Ma l’altro non si limitò a subire. Con un calcio ben assestato nel basso ventre, fece accasciare Nurj a terra, poi si risollevò e provò a scappare: ma il Vampiro coi capelli neri si era già ripreso, e lo afferrò con violenza ad una spalla, strattonandolo, tanto che la camicia si strappò, facendo di nuovo cadere per terra il malcapitato Saint Just. Ma in quel momento Nurj vide qualcosa che gli bloccò d’un tratto l’istinto omicida, e lo lasciò talmente senza parole che si pietrificò a mezz’aria, col pugno alzato e la bocca spalancata. La camicia era in terra, strappata dalla furia del Vampiro, e il torace nudo di Saint Just mostrava qualcosa che Nurj non si sarebbe mai aspettato. Con un braccio, Saint Just cercava di coprirsi il seno, ansante per lo sforzo ed inequivocabilmente da donna. Aveva il viso paonazzo e gli occhi sembravano voler trapassare l’altro Vampiro da parte a parte. Nurj, impacciato, volse il viso di lato, balbettando qualche parola.
“Tu…tu sei…sei…”
“Non ci va un granché per capire cosa sono!” disse Saint Just, ferita nel suo orgoglio, raccattando la camicia, o ciò che ne rimaneva. “Molti lo sanno già, in privato, qui a Versailles. Per favore, evita di commentare o di fare battute.”
“Non mi permetterei mai!” disse Nurj, esterrefatto. Guardò il viso dell’altro Vampiro come se fosse la prima volta. “Io non avevo proprio idea che…”
“Per favore.” Saint Just sembrava più sconvolto di lui. “Giurami solo che non lo dirai a nessuno. Neanche a Zsusza, ti prego.”
“Ehi, aspetta!” ma Saint Just già correva via, decisa a non far vedere le brucianti lacrime di vergogna che le solcavano il viso.
Nei giorni seguenti, fu fin troppo facile stare vicino a Zsusza: Saint Just non si faceva vedere, e non appena Nurj cercava di catturare il suo sguardo, si girava o se ne andava, senza dir nulla. Nurj era contento di questo, ma ora tutto il suo odio verso Saint Just era scemato e si era spento, come un fuoco inopportuno. Era diventato il rivale di una persona assolutamente diversa da quella che si era aspettato! Come poteva odiare una tale donna se lei amava Zsusza con tale intensità? Un uomo sarebbe stato un’altra cosa. Con lei, ora, era diverso!
“Ti vedo pensieroso, Nurj, cosa ti turba?” chiese dolcemente Zsusza.
“In effetti, mi preoccupa il Conte Richebourg. L’ hai più visto?”
Zsusza sospirò. “Sì, ma lui ora mi evita. Ha uno sguardo così triste…mi ricorda il mio, qualche anno fa, quando il mio fidanzato di allora è partito per la guerra, e non è più tornato. La stessa perdita terribile, come se qualcuno le avesse strappato un pezzo di cuore. Povera creatura…”
Ciò che nessuno a Versailles poteva aspettarsi era accaduto: un uomo era stato trovato morto, assassinato con un palo nel cuore, nella sua stanza da letto. Il terrore scosse Nurj fino alla radice dei capelli, quando sentì questa notizia. Volle scoprire chi fosse stato ucciso, ed uno strano dolore sordo si impossessò di lui. Non poteva essere stata uccisa Saint Just, vero? Zsusza, stranamente, era agitata come lui: non aveva timore né era costernata come gli altri, ma come lui era irrequieta, e non voleva dirne la ragione.
“Zsusza!” disse infine Nurj, mentre un pensiero lo folgorava, alla vista di un mazzo di tarocchi sul comodino della camera della donna. “Tu stai temendo per Saint Just, non è vero?”     [ Vai a pagina: 3 » ]

di Saint Just de Rochebourg