[ « indietro ]     Seduta al tavolino in angolo, Nadia giocherellava con un mazzo di carte da poker, interrompendo solitari e inventando nuovi modi per conoscere il proprio futuro. Gettava lo sguardo su Carlo e il viso allegro, sereno, di lui, le faceva temere sempre di più.
Sembrava incosciente come un ragazzino!
A lei, il ferro che Taco le aveva procurato, pesava nella borsa, ma era la certezza di riuscire finalmente a dominare la situazione, poter rimediare in qualsiasi momento alle sviste fanciullesche di Carlo. I soldi li aveva trovati da sola, come faceva prima di mettersi con lui, quelli del vecchio giro si erano stupiti di vederla ma l'avevano accolta con il calore delle caste chiuse, mai disponibili per gli sconosciuti.
Tre ragazzi che non conosceva entrarono spediti nel bar, accompagnati dal rombo di un motore truccato che fuori si era appena spento. Si guardarono attorno, notarono lei al tavolo e si scambiarono commenti a bassa voce, poi spostarono lo sguardo su Carlo, e Nadia seppe con chiarezza sconcertante che quei tre significavano guai, guai brutti e grossi.
Lasciò le carte disordinatamente sul tavolo e la mano si mosse piano a cercare la pistola nella borsa. Strinse le dita attorno all'impugnatura; era fredda e pesante, molto più fastidiosa, nella sua piccola mano, di un kazzo tiepido ed inanimato! Si inumidì le labbra e mormorò la solita frase Ti prego aiutami tu, rivolta mentalmente al primo santo o chicchessia disponibile al momento.
- Ehi, tu sei Carlo, vero? Sei tu il pivello che ha sconfinato...
Carlo smise di parlare con il ricettatore che si dileguò in un angolo del bar lasciandolo lì inerme di fronte ai tre. Nadia pensò che era indifeso come un bambino, che forse avrebbe dovuto prendere lei in mano la situazione in quel preciso istante, ma non conosceva questi tipi, non sapeva cosa avrebbero fatto, poteva essere un semplice avvertimento, e non la spedizione punitiva che già immaginava.
Le dita stringevano sul calcio della pistola, e il metallo non era più freddo e gelido contro la pelle, sembrava animarsi piano con il sudore freddo che le rendeva la presa scivolosa. Imprecò piano e uno dei ragazzi si voltò verso di lei.
- La tua ragazza sembra più sveglia di te!
In un attimo in due lo afferrarono e l'altro tirò fuori un coltello a serramanico e prima che chiunque potesse fare un gesto gli passò la lama sulla guancia, puntandola poi deciso contro la gola di lui, incidendola superficialmente. Nadia chiuse gli occhi, si alzò in piedi, guardò la scena che aveva davanti come fosse un videogioco e puntò la canna della sua arma tenendola dritta davanti a sé con tutte e due le mani.
Il colpo si piantò nel bancone, ma il suono della detonazione bastò a far impallidire i tre ragazzi e anche Carlo sotto il sangue che ormai gli scendeva giù per la faccia e per il collo.
- Fuori di qui. E' vero che non sono molto brava, ma posso farvi più male persino di quanto vorrei. Sparite, e spariremo anche noi!
I ragazzi avevano già lasciato andare Carlo, che si era subito portato una mano al viso e cercava di tamponarsi il taglio con i fazzolettini di carta che erano nel contenitore al banco.
Guardarono Nadia chiedendosi indecisi se lei avrebbe davvero avuto il coraggio di sparare di nuovo, ma la canna di quella pistola parlava una lingua che non conoscevano e non avevano alcuna voglia di conoscere.
Quello che aveva parlato fece scattare il coltello e lo richiuse, lo ficcò in tasca e seguito dai compagni uscì piano continuando a gettarle delle occhiate interdette.
Il motore truccato spezzò il silenzio irreale che aleggiava nel bar.
- Fuori di qui, immediatamente!- sibilò il padrone non appena riuscì a rimettersi in piedi ed ebbe bevuto un bel sorso di jin.
Nadia chiuse gli occhi, strinse le labbra, prese un gran respiro, mise la sicura alla pistola e la gettò in borsa mettendosela subito a tracolla. Corse accanto a Carlo e passategli le braccia attorno al petto lo strinse forte a sé.

di Nadja