[ « indietro ]     Thanatos si allontanò per sedersi sul suo trono e restò ad osservarla per qualche istante, lì, per terra. "Ora rialzati e vieni qui"... Leida si alzò, e tremante si avvicinò a lui: "qui, in ginocchio, d’avanti a me", le disse. Gli si avvicinò, seguendo il dito del tiranno che indicava il pavimento: "cosi, da brava. Se tu sarai ubbidiente e accondiscendente con me io sarò meno" com’è che era? BASTARDO" Già, sarò meno bastardo con te...". Leida sorrise appena. "Che c’è, ti fa rider il fatto che ti devi sottomettere a me? Rispondi". Thanatos la scosse. Leida alzò lo sguardo "No, non è questo che mi fa ridere..."
Thanatos si inclinò col busto, appoggiandosi col gomito sul ginocchio destro, accarezzandosi il pizzetto con la stessa mano. La guardò, fissa negli occhi: "E per cosa allora?" "Per il semplice fatto che nessuno può mutar la sua natura: siete un cane bastardo e tale rimarrete". La mano gelida colpì la delicata gote di lei, tanto da farla barcollar e poggiarsi alla gamba sinistra del tiranno, dove scoppio in un pianto disperato.
"E adesso perché piangi? Fa male cerbiatta?". Le afferrò il braccio e la sollevò dal suo ginocchio, scotendola: "Ah? Fa tanto male la mia mano..."
Le appoggiò la mano sulla gote indolenzita e l’accarezzò: "...sulla tua pelle?"
"Non sono i vostri schiaffi a farmi piangere"
"E cosa allora?"
"Voi mi fate del male". Lui allentò la presa sul braccio e lei si ripiegò sul suo ginocchio. Meravigliando Leida, Thanatos l’accarezzò lievemente, si alzò ed avanzò verso una stanza. Leida rimase lì ferma. Lui la guardò, fermandosi sul ciglio della porta: "devo attender ancora molto per un bagno?".
"Bagno?... sibilò lei"
"Si, preparami la vasca per il bagno. Avanti, alzati..." Leida si alzò ed andò verso di lui, che la condusse in una sala di pietra circondata da statue e colonne, ed al centro una grande vasca di mosaico. "Quando sarà tutto pronto, vienimi a chiamare". "Dove andate?". «Le interessa davvero sapere dove vado, o solo se starò lontano da lei?», pensò il tiranno. Poi le disse ghignando "A svestirmi". La guardò per un istante, mettendola in imbarazzo tanto da farle abbassar lo sguardo. Il principe si disperse in un'altra sala. Leida restò sola e si guardò intorno: "Ed ora cosa faccio? Chi lo ha mai preparato un bagno! Mmmhh" Vediamo, forte com’è, l'acqua la vorrà sicuramente fredda, odierà il calore...", cosi dicendo versò dei barili di acqua gelida nella vasca. "Poi lo vorrà adornato, mmhh!! Delle foglie andranno benissimo..." Strappò dei ramoscelli delle piante che crescevano sulle rocce che circondavano la stanza e li gettò nella vasca. Poi la guardò per un istante: "Mha! Credo che cosi andrà benissimo...".
Si recò nell’altra stanza dov'era Thanatos, per chiamarlo: "Milord?". Continuò ad avanzare, ma alla vista del tiranno nudo, solo avvolto da un asciugamano d'oro, il suo volto si dipinse di rosso" "Si?", rispose il sovrano. Voltandosi e vedendola arrossire sorrise...
“hem, io… eh… le..."
“E' già pronto?
“e..! Si, lo è...“ Leida scappò fuori dalla stanza: «accidenti, credo di non aver mai visto nulla di tanto simile ad una statua, così scolpito e lavorato alla perfezione». Aveva il cuore in gola, e quando lo vide uscire, abbassò lo sguardo. Thanatos le si avvicinò e le disse. “Grazie! Ottima concezione per un bastardo! Non trovi?”
Leida sgranò gli occhi meravigliata: «no! Non è possibile! Come fa a rispondere a qualcosa che ho soltanto pensato?!». Thanatos le sorrise, ma quando osservò la vasca la sua espressione si mutò in sarcasmo: “Ehi!!! E questo cosa dovrebbe essere?”
“Il vostro bagno, milord”
“Il mio cosa? Mi prendi in giro? Hai una minima idea di come si prepari un bagno…”. Toccò l’acqua, poi riguardò la fanciulla “…caldo?”
“Ma perché, non va bene cosi?
“Certo che no, almenoché tu non voglia uccidermi…“. Velocemente fece svuotar la vasca...
“Prendi i barili d’acqua calda, versali qui dentro“. Leida versò l'acqua fumante
“Ora vedi quelle boccette? Sono oli e saponi. Scegli delle fragranze e portali qui…“. Leida andò verso le boccette e le guardò, ma senza sceglierne alcuna: «e ora quale prendo? Sapessi legger cosa sono…! Vediamo, questa qui com’è...». Senza che se ne fosse accorta, Thanatos era arrivato dietro di lei. Quando si voltò lo vide e sobbalzò.
“Ehi, stà calma! Allora, hai scelto?”
“Hem, io veramente… non so… leg…”. Lui la fece voltar verso le ampolle, prese la vellutata mano fra la sua, gelida, e cominciò ad indicare le fragranze schiudendo le sue labbra vicino all’orecchio della sua schiava: “Oppio, mirra, mango, sandalo, avocado, tropicali, zenzero, muschio bianco, cedro, vaniglia, karatè…”. Leida sentiva una strana sensazione, le sembrava d’impazzire e di sciogliersi fra le braccia udendo il suono della sua calda voce, alzò il capo, quasi sino a sfiorargli il mento con il movimento delle labbra: “Zenzero…”. Lui le sorrise e le baciò dolcemente la fronte, lasciandola sempre più confusa: «sarà normale che sia cosi gentile con le sue schiave?» “Quando voglio si! Ora versali nella vasca!” Leida si diresse verso di essa, pensando che fosse impossibile che riuscisse a leggerle la mente. Versò gli oli, mentre Thanatos chiuse gli occhi. Quando li riaprì, il camino e le candele come per magia si accesero: “accendi l’incenso“, le disse, indicando dove fosse. Leida accese un bastoncino di sandalo dallo stoppino d’una candela. Thanatos lasciò cadere sul bordo della vasca l’asciugamano, e vi si immerse, mente una pioggia di petali neri e porpora baciavano il suo corpo. Leida lo guardò… Sedutosi nella vasca la invitò ad entrare: “vieni, poggia i vestiti pure lì”…
“Io, milord?”
“Sì, tu. Qualcuno dovrà pur lavarmi la schiena, no?”. Lui le sorrise; Leida avanzò fissandolo negl’occhi, indugiando ad entrare. Thanatos la raggiunse con le braccia e la tirò a se nella vasca, vestita. Leida tremò un po’, per l’imbarazzo ma soprattutto per la paura: “sta calma! Non mordo mica se non…” il cavaliere interruppe la frase, e penso «se non per mangiare», e ghignò, porgendole la spugna. Lei cominciò a lavarlo. Finito il bagno, Thanatos lasciò Leida nella vasca e si avvicinò al bordo; lo risalì e si avvolse nell’asciugamano, ne prese uno più grande, facendo cenno alla sua schiava di avvicinarsi. L’aiutò a salire e l’avvolse, abbracciandola. Poi si diressero assieme verso il camino. Lui si sedette per terra: “siedi! Qui, vicino a me, AL TUO PADRONE, mia schiava!”. Leida gli si sedette accanto e restò per un poco in silenzio, cominciando a toccarsi il ciondolo. Il suo sguardo fu richiamato dal quadro posto sul camino. “Ti piace quel quadro?”, le chiese Thanatos. “Mh! E’ un po’ inquietante, ma non so, mi fa uno strano effetto guardarlo. Chi raffigura? Lui ha un volto familiare, ma non riesco a capir chi possa essere…”. “Ah, trovi che assomigli a qualcuno che già conosci? Beh, lui era un mio avo e lei era la sua vita, ma non gli fu concesso di amarsi“. “E perché no?”, “Perché lei era la schiava di suo padre, la sua concubina, e per un principe non era decoroso sposarsi con una concubina, oltre più concubina del proprio padre“, “E poi? com’è finita la storia?” I due trascorsero diverse sere accanto a quel camino, l’uno a raccontare, l’altra ad ascoltare…
“Continuarono ad amarsi, di nascosto, finché un giorno la matrigna di lui, gelosa del marito, la vendette ad un sultano. Ma prima di separarsi i due innamorati si promisero di non amare nessun’altro all’infuori di loro stessi, ed il principe le fece dono del ciondolo che …” Thanatos guardò il quadro e Leida pensò: «porta al collo nel quadro…» ma la risposta del tiranno la stupì: “porti al collo da quando sei nata”. Leida sgranò gli occhi. “Come ha detto?”, ma lui sembrò non accorgersi della sua domanda: “Lei purtroppo non è mai arrivata alla corte del sultano: la moglie del re trucidò il suo corpo straziandolo e bruciandolo, ed infine sparse le sue ceneri al vento. Tutto il suo corpo venne bruciato meno che la mano, che venne riportata a palazzo e posta in uno scrigno. Il giovane principe, un giorno, per combinazione aprì lo scrigno e vi trovo la mano, che riconobbe. Ma la sua più grande meraviglia fu nel veder il ciondolo che celava, che neanche le fiamme erano state in grado di distruggere. Nulla era stato in grado di distrugger il loro amore! Il principe formulò un incantesimo quel giorno, col quale ci sarebbe stata la possibilità di ritrovar la sua amata, ma non in quella vita; al termine dell’incantesimo mise un pugnale nella mano della donna, sul quale si uccise!”. Leida, mentre ascoltava, senza rendersene conto si era appoggiata alla spalla del suo signore, finche il sonno non la raggiunse, e tra la veglia ed il sonno disse: “un'altra vita? E quale?”... “questa...”. Leida, nel sonno, sorrise schiudendo le labbra scarlatte sulle quali Thanatos posò un lieve bacio. Lei strinse le dita al suo corpo, quasi per non lasciarlo andar via da lei. Il principe la condusse al suo letto, le baciò le labbra: “dormi mia dolce schiava…”. Si allontanò, e avvoltosi nel proprio nero manto, usci dal palazzo per sposarsi con la nebbia notturna, che lo avvolse dagli occhi arditi delle stelle.     [ avanti » ]

di Dukessa Dela Croix