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Statua.
Specchio.
Tavolo.
Carte.
Sogni.
Oro.
Tombe.
Quadri.
Bingo. Lo aveva trovato.
Copiò con meticolosità la lunga cantilena in latino che trovò sul volume, ripiegò con cura il foglio di carta riponendolo nella tasca interna della borsetta, e corse via dalla biblioteca senza premunirsi neppure di riporre il libro sullo scaffale dal quale lo aveva prelevato.
Pochi minuti dopo era nuovamente nel suo appartamento.
“Guarda” disse trafelata rivolta al quadro.
Il volto si girò verso la carta e lesse con avidità le righe vergate nell’ordinata calligrafia di Mel.
“E’ lei” esultò “ora devi procurarmi la carne”.
Mel sorrise compiaciuta ed uscì.
La menzogna era sempre un’arte a lei congeniale.
Ritta davanti allo sportello dell’anagrafe non aveva avuto alcun imbarazzo nello spacciarsi per una ricercatrice di mercato, aveva bisogno di consultare gli annuari della città per poter selezionare i futuri clienti ai quali mandare degli opuscoli informativi circa i prodotti per fitness che produceva la ditta per la quale lavorava. L’impiegato era stato riluttante, ma dopo un furtivo centone fatto scivolare sotto il vetro, non aveva mosso ulteriori obiezioni e l’aveva fatta accomodare nell’archivio, chiudendole la porta alle spalle affinché nessuno la disturbasse.
Prelevò il registro che portava impresso l’anno 1973, dopo tutto Edgar era morto all’età di trent’anni, sarebbe stato carino trovare una vittima della stessa età.
Dopo qualche minuto riuscì a trovare un certo Johnathan Livingstone, residente in Melbourne street, al 756, nato il 14 gennaio.
Prese al volo un taxi e si fece lasciare di fronte all’abitazione del signor Livingstone, non aveva idea di come avrebbe fatto, ma lo avrebbe portato a casa sua entro sera.
Bussò.
Johnathan era un atletico ragazzone, alto e muscoloso, con un sorriso da spot pubblicitario stampato sul viso abbronzato, abbordarlo non sarebbe stato difficile.
“Salve” disse Mel sfoderando tutto il suo charme.
“Salve” rispose lui cordialmente “deve essere la mia giornata fortunata, se la prima persona che bussa alla mia porta è una bella ragazza con un sorriso smagliante”.
“La ringrazio, lei è un vero gentiluomo”.
“In cosa posso esserle utile...”.
“Mel” gli disse porgendogli la mano.
“Johnathan”.
“Ecco, non so veramente come dirtelo, posso darti del tu?”.
“Certo” rispose energicamente Johnathan.
“Sono diversi giorni che passo di fronte a casa tua per poterti conoscere, ti ho intravisto attraverso le finestre e mi sei sembrato così carino, oserei dire adorabile, so che può sembrare sciocco, ma se non avessi osato questa volta bussare alla tua porta per stringerti almeno la mano, non ne avrei avuto più il coraggio e non melo sarei mai perdonato”.
“Accidenti, è la prima volta che una donna, per giunta avvenente come te, mi fa una tale dichiarazione”.
“Ti ho imbarazzato” disse appoggiandogli distrattamente una mano sul petto e portandosi l’indice alla bocca, mordicchiandosi l’unghia.
“No, tutt’altro, mi piacciono le donne che hanno iniziativa. Ti vuoi accomodare, ti offro un caffè”. “Oh, mi piacerebbe, ma non vorrei disturbare, ecco...insomma... non so neppure se sei sposato”.
“No, per carità, libero come l’aria”.
“O.K. allora accetto il caffè”.
Chiacchierarono amabilmente per tutta la mattina ed al termine della conversazione, appoggiata allo stipite della porta Mel lo baciò con passione:
“Ti aspetto stasera a casa mia, ti ho lasciato l’indirizzo appuntato su uno dei foglietti attaccati sul frigo, non mancare, giuro che non te ne pentirai”.
E scappò via ridendo come una bambina.





Alle otto e mezzo in punto era tutto pronto.
La tavola coperta da un drappo nero.
Il foglio con l’evocazione latina poggiato al centro del panno funebre.
Le candele accese ai quattro angoli.
Johnathan bussò alla porta in perfetto orario.
Mel lo accolse fra le sue braccia.
Lo baciò con foga stringendolo a sé e facendogli sentire tutto il calore del suo giovane corpo.
Lo indirizzò verso la parete ed improvvisamente lo scaraventò contro il quadro.
Johnathan restò dapprima sbigottito, quando si sentì ghermire da due mani fredde che affioravano dal muro, poi un urlo strozzato gli spalancò le labbra, quando la bocca di Edgar si chiuse sul suo collo strappando via brandelli di carne.
Il sangue che zampillava dalla giugulare e dalla carotide recisa aveva imbrattato l’intera superficie del muro.
Il ragazzo provò a divincolarsi dalla stretta portandosi le mani alla gola, ma Edgar, implacabile, lo trasse a sè, lo voltò nella sua direzione e con un sorriso zuppo di plasma e lercio di lembi di pelle, gli sorrise prima di divorargli la faccia.
Johnathan scalciò ancora per qualche secondo, quindi si accasciò inerme fra le braccia tese dell’alchimista ancora intento a cibarsi della sua vittima.
Mel volse lo sguardo dall’altra parte e si accese una sigaretta.
Quando non udì più il rumore della mandibola di Edgar si voltò e vide il giovane letterato ottocentesco che tanto l’aveva ammaliata nel negozio del vecchio antiquario, sorriderle comodamente assiso sulla piccola poltrona vicino alla finestra.
“Ci sei riuscito” esultò Mel.
“Ci siamo riusciti” disse Edgar alzandosi e stringendo la sua complice fra le braccia.
“E di lui cosa ne facciamo” disse la donna rivolta alla carcassa che giaceva contorta in un angolo del pavimento.
“Non ti preoccupare, di lui mi finirò di occupare dopo, ho ancora fame”.
“Cosa hai voglia di fare nella tua prima sera da essere umano” gli sussurrò Mel all’orecchio.
“Ho voglia di fare l’amore” gli rispose Edgar ridendo, la prese in braccio e la depose sul divano.
“Ma prima, dimmi il tuo desiderio”.
“Voglio essere ammirata, voglio che tutti mi guardino con stupore, voglio essere al centro dell’attenzione per sempre”.
“E così sarà” disse baciandola.





Sette mesi dopo Edgar vagava assorto nei suoi pensieri lungo i corridoi dell’Istituto di anatomia umana, affianco a lui passeggiava serio un uomo dai modi raffinati, elegante, ben vestito, con un volto sottile ed affilato come la lama di un rasoio.
Un nugolo di studenti in camice bianco si accalcava attorno ad una teca di cristallo, mentre un professore spocchioso li osservava malevolo, dicendo: “Questa è il famoso corpo mummificato ritrovato in città circa sette mesi fa. Come senz’altro avrete letto sugli innumerevoli giornali che ne hanno parlato, il corpo di questa donna è stato rinvenuto in stato di totale disidratazione, disteso sul divano del suo salotto. Gli organi sono perfettamente conservati, il volto è rimasto contratto in una smorfia di stupore, come se non si aspettasse di dover morire, e come credo già sappiate, è il primo ,e per quanto ne sappiamo, unico caso di mummificazione spontanea documentato dalla scienza, dato che nel corpo della giovane non è stata ritrovata traccia di alcun tipo di sostanza chimica a noi nota o sconosciuta; osservatela bene, perché è un prodigio della natura e desterà interesse e curiosità ancora per molti anni”.
Una ragazza alzò la mano .
“Dica pure”.
“Come si chiamava la donna?”.
“Mel Singer”.
Restarono a fissarla con stupore e meraviglia.
“Siete stato più ironico del solito, Sire, con quella sventurata” sussurrò Edgar all’orecchio dell’uomo che lo accompagnava.
“No” rispose lui gelido “ho esaudito alla lettera il suo desiderio. Sono così futili questi umani”.


di Vampire