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- III -
Il giorno successivo avevano lavorato sodo fin dal mattino presto. Aveva fatto freddo ed un vento implacabile aveva soffiato ininterrottamente lungo la valle dello Spey. Prima del tramonto sentirono sulla strada il rumore di un carro. I cani che circondavano la loro abitazione erano stati più o meno tranquilli per l'intera giornata ma in quel momento iniziarono ad abbaiare ed a ringhiare e corsero incontro al carro appena giunto. Si sentivano i loro versi aggirare la casa e giungere nello spiazzo davanti alla facciata interrompendo la propria corsa lì davanti, inquieti ed allarmanti. Ci fu uno sparo di fucile e subito dopo si udì il forte guaito di un cane. Arthur Mac Cormack aprì la porta e vide quelle bestiacce fuggire a gambe levate, inseguite dall'eco del sordo rumore dello scoppio che ridondava nella valle rimbalzando sulle pareti dei dirupi. John Cairnes, il bizzarro ed accattivante vicino, si stava avvicinando, fiero di aver abbattuto in un sol colpo quell'animale. I suoi passi incontrarono la pozza di sangue ed in mezzo ad essa il corpo agonizzante del cane a cui aveva sparato; le contrazioni delle fibre nervose scuotevano le zampe dell'animale ed il suo corpo si contorceva spasmodicamente, sempre meno frequentemente.
«Avete visto, Mac Cormack? Da più di cinquanta piedi!», gridò John Cairnes, accostandosi al cane morente e premendogli il muso sotto lo stivale.
«Ma era proprio necessario?», chiese Mac Cormack, infastidito per quell'uccisione inutile e crudele.
«Non "necessario", amico mio, ma "piacevole"!», disse Cairnes allontanandosi dal cane dopo che ebbe constatata la sua morte. «Queste bestie dovrebbero essere infornate vive! ve lo dico io!», esclamò, porgendo la mano a Mac Cormack.
Questi gli strinse la mano ma forzando la propria volontà: avrebbe preferito cacciarlo fuori dalla sua proprietà ma non se la sentì di mettere in gioco i futuri rapporti con i nuovi vicini e forse con tutta la gente della valle per l'uccisione di un cane randagio e per di più pericoloso.
Cairnes entrò nella casa e si guardò attorno, poggiando la sua arma da fuoco su un mobile accanto alla porta.
«Avete sistemato benino, qui!», esclamò, prima di salutare Edith Mac Cormack. «Immagino che siate molto stanchi. Avete mangiato? Altrimenti a me e alla mia consorte farebbe piacere tenervi a cena!»
«Grazie per la vostra offerta, Mr. Cairnes, ma già abbiamo provveduto a metterci qualcosa nello stomaco!», disse la donna, con gli occhi bassi, mentre Cairnes volgeva lo sguardo verso l'alto per vedere il punto in cui terminava la scala.
«Perché non tirate giù queste luride funi?», chiese Cairnes afferrandone una e cercando di staccarla dalla trave a cui era assicurata ma senza esito.
Ci furono degli attimi di silenzio. Mac Cormack avrebbe voluto chiedergli spiegazioni per la strana atmosfera che si respirava in quella casa e per gli strani rumori che si udivano di notte ma non ebbe il coraggio di formulargli la domanda, forse per timore di essere considerato un pusillanime. Edith guardava il consorte e dalle sue occhiate sembrava volergli dire "Dai, chiediglielo!", ma egli titubava.
«Avete forse sentito strani rumori, stanotte?», chiese Cairnes, improvvisamente, volgendosi verso Arthur Mac Cormack. «Li avete sentiti, vero?», disse, sorridendo appena come per mascherare la sua soddisfazione per essere riuscito a leggere ciò che passava per la mente dei Mac Cormack.
«Come fate a saperlo?», chiese Arthur, sorpreso dalla rivelazione dell'uomo.
Cairnes rise. Avrebbe potuto dire subito tutto ciò che sapeva ma preferì accentuare la curiosità dei due nuovi vicini differendo il momento delle sue rivelazioni. Si accostò ad una cassa e vi si sedette sopra.
«Ci dite, allora, come fate a sapere che abbiamo sentito strani rumori?», insistette Mac Cormack ma senza risultato. «Ci avevate detto anche che ci avreste parlato del vecchio proprietario, come si chiamava...?»
«... Vincent Redmond, il nome di quel dannato essere era Vincent Redmond!», disse Cairnes col viso che si infiammò di rabbia e di odio. «Sarebbe dovuto bruciare assieme ai suoi maledettissimi cani!», gridò in un eccesso di furore mentre, alla sua ultima parola, dal piano superiore ricominciò a farsi sentire il cigolìo della sera precedente. Era lo stesso suono che sembrava prodotto da un'oscillazione ma adesso sembrava più inquieto. «Lo sentite? Lo sentite?», gridò Cairnes, alzandosi di colpo in piedi. «E' quel maledetto Vincent Redmond!» gridò con tutta la voce che aveva in gola come per farsi sentire da qualcuno che si fosse trovato al piano di sopra. Guardò in alto verso la fine della scala. «Seguitemi! seguitemi!», disse con fare concitato, rivolgendosi ad Arthur Mac Cormack. «Vi farò vedere dov'è!»
Arthur lo seguì con un certo orrore e dietro di lui si accodò Edith, troppo impressionata per restare sola nel grande e tetro salone d'ingresso.
Giunsero al piano superiore ed ad ogni loro passo le assi del pavimento sembravano essere sul punto di cedere. Cairnes li condusse nell'ultima stanza a destra. Aprì la porta e sullo sfondo della finestra, da cui si vedeva la valle dello Spey rischiarata debolmente dalla lieve e grigia luce del tramonto, videro la orrenda sagoma del cappio che oscillava sensibilmente.
«Ecco: lui è lì!», esclamò Cairnes mentre le lievi oscillazioni del cappio sembravano farsi più ampie emettendo un forte rumore come se stesse reggendo un qualcosa dal peso considerevole. «Lì cigola il legno che ha dato la morte a quel demonio!», continuò, con una espressione di disgusto sul viso.
Si accostò al cappio e lo tirò con rabbia, come se avesse voluto stringere meglio la fune alla trave per non farla più oscillare, ma essa ricominciò lentamente a pendolare. Allora allentò la fune avvolta attorno al legno, afferrò il nodo scorsoio e tentò di strappare la corda con la forza ma essa non si svolse dalla trave anzi, tornò a stringersi attorno al proprio sostegno. Allora Cairnes desistette dal tentativo: non aveva ottenuto altro risultato che portare il cappio due piedi più in basso, più o meno all'altezza del proprio collo. Ora quel nodo era stato abbassato e la fune sembrava oscillare con movimenti più ampi. I cani che erano davanti alla facciata della casa iniziarono ad abbaiare rabbiosamente.
«Li sentite? Sono i suoi luridi animali!» esclamò Cairnes, richiudendo la porta e ritornando al pian terreno, seguito dai Mac Cormack.
«Stanno succedendo cose troppo strane!», esclamò Arthur Mac Cormack, accendendo delle candele per illuminare il grande salone.
Stava facendo buio ed ormai quasi non si ci vedeva. Il fuoco acceso illuminava debolmente il pavimento tutt'intorno al camino. Edith si era seduta accanto ad esso e poco dopo fu raggiunta da Arthur e da John Cairnes. Questi sembrava aver riacquistato un po' del controllo dei propri nervi.
«Fu trovato impiccato a quel cappio.», disse di botto Cairnes, guardando fisso la fiamma e nel suo ondeggiare pareva che rivedesse il corpo di Vincent Redmond penzolare da quella trave. «Era già morto da molti giorni. Non fu mai appurato se si trattò di un suicidio o di un omicidio.»
«Ma come facevate a sapere del cigolìo?», gli chiese Arthur Mac Cormack.
«Perché prima di voi è venuta altra gente intenzionata a comprare questa casa.», disse Cairnes, poi distolse lo sguardo dal fuoco. «Anzi, l'avevano già comprata ma lo strano rumore e lo strano movimento di quel cappio li ha spaventati!»
«Ma è terribile! Quindi questa abitazione sarebbe infestata da un fantasma?», chiese Edith Mac Cormack.
«Propriamente!», disse John Cairnes. «Ma se voi mi aiuterete, riusciremo a scacciarlo da questa casa! Come prima cosa, domani mattina taglieremo in mille pezzi quella fune e quel cappio», disse con gli occhi che divennero lucidi per l'esaltazione, «poi inizieremo a rendergli tutt'altro che piacevole la permanenza in questa casa e su questa rupe: gli faremo soffrire le pene dell'Inferno. L'unica cosa che lui amava erano quei suoi luridi cani: basterà sterminarli usando molta crudeltà!»     [ avanti » ]


di Plaisir