[ Torna a pagina: 1 » ]     Entrò in casa con circospezione, come se fosse un ladro. Il buio gli sembrava ancora più profondo di come gli era apparso dalla strada. Chiuse la porta e cercò l’interruttore delle luce tastando la parete all’altezza del suo torace, non riusciva a trovarlo.
“Sono sicuro che è qui!”
La mano scese sul muro e quasi all’altezza delle gambe finalmente toccò qualcosa. “Eccolo! Me lo ricordavo più in alto…”
Clic.
Il botto della lampadina risuonò nella sua mente come una deflagrazione.
Nel bagliore la sagoma di un uomo dal volto sfigurato era a qualche metro da lui sotto l’arcata della porta che dava sul corridoio, poi di nuovo il buio. I pezzi di vetro caddero sul pavimento, qualche scintilla aveva illuminato per un istante l’ambiente poi tutto era ripiombato nell’oscurità.
- C’è qualcuno? –
Buio e silenzio.
Tornò a premere l’interruttore, più volte. “E’ saltata via la corrente, porca miseria!”
Fece qualche passo calpestando i vetri della lampadina rotta, lo stesso tipo di rumore lo sentì qualche metro più avanti, c’era qualcuno in fondo al corridoio.
- Chi è? – gridò con veemenza.
Silenzio. Ancora buio e silenzio.
“Ho dato un calcio a qualche vetro rotto…” pensò mentre frugava nelle tasche. Trovò quello che cercava. Con un colpo deciso del pollice la piccola fiamma comparve sulla sommità dell’accendino.
Poca luce, ma era gia qualcosa.
Cercò di illuminare sotto l’arcata della porta, portando la debole fiammella dall’alto in basso, da destra a sinistra, guardò ripetutamente con attenzione, niente di anomalo, per terra sembrava esserci della cartaccia, o forse spazzatura, non riusciva a capirlo.
Avanzò con prudenza nel corridoio ispezionando per quel poco che poteva, voltava lo sguardo a destra e a sinistra, riconoscendo le pareti dell’appartamento e qualche vecchio quadretto appeso.
Allungò il braccio nella camera dei genitori, si intravedeva il letto matrimoniale e l’armadio, Sacchetti di plastica di varie dimensioni pieni di roba popolavano il pavimento. Di fianco al letto grossi teli coprivano probabilmente il comò e qualcos’altro. Decise di non entrare.
Si spostò poi a illuminare quella che era stata la sua stanza: il letto era al solito posto, la scrivania, il televisore, le mensole al muro ancora piene di libri, videocassette e cd.
Fu preso da una forte malinconia e fece un passo deciso in avanti per entrare, qualcosa come una gamba gli fece lo sgambetto, ne fu sicuro, e cadde. Al tonfo del suo corpo sul pavimento corrispose lo spegnersi dell’accendino.
- Hey baby! – gracchiò improvvisa una voce elettronica seguita da una orrenda riproduzione di una musica da circo che ripeteva la stessa melodia.
- Hey baby! – l’insistenza di quella musica era insopportabile.
Fece luce con l’accendino e riconobbe quel giocattolo regalatogli dalla nonna. Cadendogli addosso lo aveva innestato.
- Hey baby! – un sorridente clown di plastica dal naso rosso pedalava su una bici azionando la musichetta a ripetizione.
- Hey baby! – il carillon ricominciava imperterrito, il clown muoveva la testa di qua e di la. Un pugno sferrato con tutto lo sdegno mise fine a quella inquietante melodia. Nel rumore di plastica che andava in frantumi echeggiò un lamento dal tono umano suggellando la fine di quel regalo che aveva sempre odiato.
Si appoggiò a terra per rialzarsi e la sua mano toccò involontariamente qualcosa, un oggetto che era stato nascosto nel vecchio giocattolo. Sembrava di plastica, con forma rettangolare. Lo prese.
Poi si rialzò e a tentoni tornò verso l’ingresso.

Entrò in cucina, si guardò intorno come per cercare qualcosa, il tavolo e le sedie erano al loro posto, come del resto i mobili e i pensili. Su un piano riconobbe una candela inserita in un rozzo candelabro artigianale fatto con il Das. La raccolse e la accese, così non doveva più tenere premuto il pollice sull’accendino per farsi luce.
Finalmente vide l’oggetto che aveva in mano, una audiocassetta.
Sulla etichetta bianca c’era scritto “Prove per il processo”
Non ne capiva il senso, ma ritenne opportuno conservarla in tasca.
Un sospiro piuttosto pesante proveniva dal corridoio.
Nel silenzio spettrale della casa si udiva perfettamente.
Rimase immobile e tese l’orecchio per ascoltare meglio e cercare di capire cosa fosse.
Era un rantolo umano, come di un uomo con l’affanno, di una persona che sta molto male.
-Se c’è qualcuno in casa che si faccia vedere!- urlò, più per darsi coraggio che per altro.
Chiunque fosse smise di ansimare.
“Il buio mi rende nervoso, i fantasmi non esistono, questo è sicuro, e papà ormai è morto… forse aveva ragione la mamma, troppi film dell’orrore!”

Uscì dalla cucina e si portò nell’ampio salone. Rivide il vecchio divano, coperto da ampie lenzuola e da vestiti e altri oggetti che al buio non riconobbe. La cristalliera e il mobile bar erano anch’essi al solito posto. Sul vasto pavimento c’era una gran confusione, come quando si deve fare un trasloco. Alzò istintivamente il braccio per fare luce verso il soffitto.
Una donna impiccata pendeva dal plafone, gli occhi semichiusi quasi fuori dalle orbite, la bocca aperta nella sua ultima espressione di sgomento, la gola stretta nella morsa di quella corda legata al lampadario.
- No, mamma, ti prego! – urlò ritraendo il braccio, sul vetro davanti a lui vide riflessa l’ombra di un uomo alle sue spalle che si allontanava verso la cucina.
Si voltò troppo rapidamente, la candela si spense. Ansimando pesantemente recuperò l’accendino e riaccese la candela. Alzò la testa e riconobbe il maestoso lampadario in stile antico voluto dalla madre. Il lenzuolo che lo ricopriva solo a metà pendeva da un lato assumendo una sembianza quasi umana. “Sembra la vestaglia della mamma, quella che aveva addosso quando si è impiccata” pensò. “Ecco, una delle cose che non ho mai capito è perché la mamma si è uccisa dopo aver scoperto papà che faceva il bagnetto a mia sorella… era una bambina, aveva solo cinque anni…” Fece luce sul resto della stanza: regnava il caos.
“Io lo sapevo che quando la mamma non c’era lui le faceva il bagnetto, lo avevo visto tante volte!”
Cartoni, pacchi e sacchetti pieni di oggetti erano sparsi un po’ dappertutto.
“Mi ricordo che la mamma gli urlava come un’ossessa… non si capiva quello che diceva…”
Rovistò all’interno di uno scatolone ancora aperto e pieno di libri.
“Era come impazzita, lo riempì di parolacce e insulti, e accennò a qualcosa come ai suoi pantaloni… o ai suoi slip…”
Prese un libricino lo guardò appena e poi istintivamente lo ripose dov’era.
“Effettivamente mi era apparso strano che li teneva abbassati… ma perché?”
Spostò la candela con ampi gesti del braccio per illuminare il più possibile l’ambiente, poi fece luce verso un angolo in basso. In mezzo a vari oggetti un viso paffuto lo stava fissando, la fiamma della candela era riflessa nelle sue pupille.
- Mary!- gli scappò il nome della sorella.
Gli occhioni della piccola continuavano a fissarlo.
- Mary… ma papà ti ha fatto del male mentre era in bagno con te?-
Si avvicinò.
- Ti stiamo ancora aspettando, perché sei scappata di casa?-
La luce illuminò per bene il suo viso, e il resto del corpo. La bambola, che era stata della sorellina, mosse la testa e lo guardò come per dirgli qualcosa. Era seduta per terra in una posizione così corretta da sembrare una bambina in carne e ossa. Era, una bambina. Una bambina che lo guardava con gli occhi supplichevoli, troppo grossi, così come devono essere gli occhi di una bambola. Era, una bambola. Una lacrima di sangue le solcava una delle guance. Le labbra si inarcarono in una smorfia di pianto.
Max tese la mano. “Non avevi neanche 18 anni… Chissà dove sei adesso.”
Afferrò la bambola per poterla ammirare meglio da vicino, la testa si staccò dal collo e ruzzolò per terra finendo la sua corsa contro qualcosa.
Riconobbe la radio con cui il padre ascoltava le partite di calcio, con il lettore per le cassette. Posò per terra il corpo decapitato della bambola e prese immediatamente la cassetta che aveva in tasca, la inserì nel vano per ascoltarla. Premette il tasto play. Un lamento umano che somigliava a un “no” pronunciato da un vecchio o da un malato. La cassetta non era partita. Per forza, la spina non era inserita. E poi era saltata via la corrente elettrica. Le batterie, dovevano essere scariche. Aprì lo sportellino, le pile non c’erano per niente. Cosa aveva udito?
Si guardò in giro come per scorgere qualcuno con lui nella stanza, ma al di la della poca luce della candela non vide che il buio. Quel buio che adesso gli metteva ancora più paura.     [ Vai a pagina: 3 » ]