Questa è la storia dell’amore di tutta la mia vita. O forse no; sarebbe meglio dire che è la storia dell’odio di tutta la mia vita. No. E’ la storia dell’ossessione di tutta la mia vita. Io scriverò le cose come mi vengono ora che so tutto, e non sono più niente, e sono felice di non essere più niente- sono un burattino, una marionetta, forse lo sono sempre stato. Non siate sconvolti da ciò che scriverò, non chiedetevi come lo sono venuto a sapere. Sappiate che ora so, e Saint Just vuole che io scriva tutto questo, non cercate di illuminarvi sul perché: non c’è mai spiegazione all’azione dei pazzi.

1777

Io ero un ricco rampollo, un proprietario terriero di ventitrè anni, con una vasta villa nei dintorni di Parigi, circondata da dolci boschi e strade sterrate. Vivevo nel lusso più sfrenato insieme a mia sorella, più giovane di me di un solo anno. Ci eravamo da poco liberati della dispotica presenza di nostro zio, un vecchio grasso ed erotomane, pronto a sbavare per un qualsiasi paio di tette. Non lo abbiamo molto rimpianto, quando è morto per un colpo apoplettico lasciandoci tutti i suoi possedimenti e tutti i suoi soldi. Vivevo di cavalcate e di feste, ero felice ed avevo tutte le ragazze che volevo. Ero e sono tutt’ora molto bello e me ne compiaccio. Ho lunghi e folti capelli ricci e neri, ho gli occhi azzurro cielo e un viso molto maschile, molto seducente. Le donne impazzivano per me. Andrè era ed è il mio nome. Mia sorella invece si chiamava Lucille ed aveva i miei stessi occhi, posti su un corpo paffuto e minuto, stuzzicante. Lei aveva i capelli neri come i miei, ma erano dritti come fusi, i suoi. Era un’intellettuale, leggeva sempre. Vivevamo bene, in pace e tranquillità, quando è arrivato Lui: si faceva chiamare Saint Just, proprio come il futuro leader della Rivoluzione Francese accanto a Robespierre. Solo Saint Just. Sentite che parole? “Saint Just”. Un’orribile presa per il culo, un nome che significava “Santo” e “Giusto”. Perché arrivò proprio allora alla nostra villa, mi è ancora oscuro, nonostante ora sappia la sua storia: racconterò tutto a tempo debito. Ora lasciatemi descrivere la persona che ha divelto, con la foga di un uomo in astinenza da un anno, tutta la mia vita, a partire da allora. Io seguito a chiamarlo al maschile, è un riflesso condizionato. Ma non c’è definizione che possa calzare per Saint Just. Io ero andato a cavalcare quando è arrivato sul suo destriero grigiastro a macchie, apparentemente un viaggiatore. Mia sorella lo andò ad accogliere nel salone, e credo se ne innamorò all’istante. Quando tornai, già non staccava più gli occhi di dosso a quel forestiero, che si installò nella nostra casa, su invito di Lucille, per tre mesi: tre mesi, dico, e ha potuto distruggere tutto. Quando lo vidi, anch’io sentii uno strano tramestio in tutto il mio corpo: non mi vergogno a dire che lo avvertii soprattutto nel luogo più oscuro del corpo maschile. Rideva, quando lo vidi per la prima volta. Piccolo, magro, bianco come il latte che amava bere in grandi quantità, col naso pronunciato, occhi grandi e castani, segnati da piccole occhiaie, alcune lentiggini, lunghissimi capelli castani molto chiari, ricci, legati secondo la moda del tempo, con un nastro che lasciava la coda di cavallo libera su tutta la schiena. Vestiva come un damerino, un elegante vestito verde con molti pizzi. Aveva unghie medie, bianche, molto curate. Il suo sorriso era contagioso, e presto strinsi amicizia, nonostante la situazione fosse delle più assurde immaginabili: un totale estraneo aveva cominciato a vivere in casa nostra, per di più dettando le sue leggi e vivendo lì come se nulla fosse. Si svegliava tardissimo, andava a dormire ad ore piccolissime, mangiava e beveva come un bue, si divertiva come se fosse il padrone di casa e per di più flirtava con mia sorella senza ritegno. Io cominciai a seccarmi assai della faccenda, ma purtroppo fui così stupido da non capire nulla a tutta prima. Vedevo mia sorella sempre più pallida, sempre più stanca: prendeva sempre di più le abitudini del forestiero, lo mangiava con gli occhi, gli stava vicino e tentava in ogni modo di essere seducente. Inutilmente io le dicevo che la cosa cominciava a darmi fastidio: lei mi rispondeva in malo modo, sbraitava che ero un despota ed ero solo geloso di lei. Cominciai a trattare male Saint Just, a fargli capire che era di troppo, ma lui per tutta risposta mi rideva in faccia, buttando la testa all’indietro nel suo classico modo. Poi mi guardava con quegli occhi da cerbiatto, sotto le sopracciglia scarmigliate: “Lascia che sia tua sorella a decidere dov’è il mio posto, Andrè.” E si allontanava tutto baldanzoso: io compresi eccome qual era il posto che intendeva, quando vidi Lucille e Saint Just baciarsi con passione sotto l’ombra di un melo, in giardino. Quell’essere pieno solo di lascivia era letteralmente tra le braccia di Lucille, cosa che non mancò di farmi andare in bestia. Ed intanto Lucille era sempre più pallida e stanca, solo quando era vicino a Saint Just sembrava vibrare per l’emozione e le sue guance si coloravano di rosa come un tempo. Quella sera ero incazzato come mai prima, si capisce. Per cui feci una puntata al paese per ubriacarmi, per fortuna, e nel paese scopersi dal prete ( aveva affisso dei manifesti a tutti gli angoli delle strade) che un pericoloso Vampiro era nei paraggi, e bisognava proteggersi e tenere d’occhio le vittime più probabili, ovvero le giovani ragazze indifese. Io risi, all’inizio, leggendo questo annuncio, poi però mi passò del tutto la voglia di ridere quando il parroco, incrociandomi, si segnò più e più volte e cominciò a sbraitare che avevo l’aura del Vampiro addosso. Subito mi prese di peso e mi portò in canonica, e mi descrisse l’aspetto del Vampiro: troppo tardi compresi l’identità di Saint Just. Quando tornai a casa, tutto era finito, ma per spiegarvi meglio la scena che vidi, descriverò ciò che era successo tra Lucille e Saint Just poco prima. Intanto, era ovvio che i due erano amanti, ed avevano già consumato il loro rapporto in ogni modo: Lucille ovviamente sapeva del Vampiro e si lasciava suggere il sangue di buona grazia, da un po’ di tempo. Poche ore prima del mio arrivo, Lucille, stanca, con solo la sua camicetta da notte addosso, si era messa a riposare nel letto, quando Saint Just, vestito così miseramente che di meno avrebbe solo potuto essere completamente nudo, entrò nella stanza e chiuse la porta. Aveva la folta coda di capelli su una spalla, e i riccioletti chiari scendevano a casaccio sul suo viso androgino. La camicia era voluttuosamente larga e sciolta dai lacci, per cui la sua pelle bianchissima era scoperta fino alla cintura dei pantaloni: un unico fascio di pelle bianca e tesa, solo lievemente più tonda dove c’era il seno, poco visibile, assai ben celato, ma assai presente.     [ Vai a pagina: 2 » ]

di Saint Just de Rochebourg