[ « indietro ]     - Ma veramente il Bomba non mi aveva detto...
- Stammi a sentire, ragazzino, sei tu che sei venuto fin qui, claro? Non sono venuta a cercarti io in terra straniera. Qui gira così, se ti va bene, okay, altrimenti, andàle!- disse con enfasi, accompagnando l'ultima parola con un gesto veloce della mano intirizzita, sbucata per l'occasione dalla tasca.
Si mise a seguirla cauto, camminandole appresso. Lei entrò nel solito bar e ordinò un paio di caffè, gettò uno sguardo al ragazzo che non obiettò poi scelse un tavolino d'angolo e si sedette.
- Mi chiamo Marco, faccio il liceo...- cominciò a dire nervoso il ragazzino, mentre aspettavano i caffè, si guardava in torno e continuava a torcersi e strofinarsi le mani una contro l'altra.
Bea lo guardò appena...
Non la voglio la tua storia, ragazzino. Io vendo merda, fratello, non mi piace vendere merda a chi ha una storia scritta su quella sua dannata faccia da pivello!
- Dimmi cosa vuoi!- tagliò corto, interrompendolo brusca.
- Paste...- si decise alla fine, scandendo la parola in un sussurro.
- Il tuo caro amico Bomba non ti ha detto che di solito non ho roba di quel genere?
- Sì, ma ha detto che se magari...
Beatrice annuì con aria stanca.
Sì, sì, la conosceva la solita storia dei favori...Una mano lava l'altra come si dice, no? Le rompeva solo che avrebbe dovuto sbattersi un po' più del solito, per procurarsi quella roba, dato che nessuno gliene teneva, perché lei non la trattava solitamente.
- Dineros, amigo?- chiese strofinando il pollice sull'indice con fare eloquente.
Lui annuì lievemente, come non volesse farsi vedere dall'uomo al banco che tutto preso dalla macchina per l'espresso, non li degnava di uno sguardo...all'apparenza!
-...ti lascio il mio numero, così appena hai la roba mi chiami, e io vengo da te e ti porto i soldi...
La ragazza allungò una mano verso di lui. - Non correre, fratello.
Sabato, alle dieci, dove ci siamo visti oggi. E vedi di essere puntuale, non aspetterò più di cinque minuti.
Prese la tazzina e buttò giù il suo caffè ristretto, rigorosamente nero e senza zucchero. Era il terzo della giornata, e lei era in piedi solo da due ore. Il mal di testa, almeno, stava passando.
Il ragazzo la guardò e rimase così zitto, la mano sulla tazzina, rimuginando probabilmente su quella dannata parola Sabato... probabilmente gli sembrava troppo, ma infondo a lei non sarebbe dispiaciuto tanto che lasciasse stare.
Trattare con quel tipo la rendeva inquieta, cosa che quasi nessuno riusciva a fare con lei, a meno che non fosse un adulto trentenne che la sapeva ben più lunga di lei ma la cercava quasi per divertimento.
Alla fine bevve in fretta il suo caffè e fattole un cenno d'assenso fuggì via.
Beatrice lo seguì un attimo con lo sguardo mentre attraversava la strada e arrivato al giardinetto montava sul suo scooter sfera nuovo di concessionario e s'infilava veloce nel traffico.
Erano già le sette e trentacinque, otto meno venti di quel dannato Sabato sera e Bea stava ancora girando in mutande per casa, urlando dietro a suo fratello che si desse una mossa e venisse fuori dal bagno, ché kazzo anche lei aveva i suoi impegni festaioli!
Giandomenico venne fuori con la solita aria da fighetto messo a nuovo e le gettò un'occhiata. - Ma vai sempre in giro nuda così?- le domandò.
Lei scrollò le spalle, entrò in bagno e per l'ennesima volta si chiese quale peccato avesse commesso nella sua vita precedente per beccarsi un fratello come lui. Scosse il capo rassegnata mentre si guardava nello specchio: era una domanda senza uscite, uno dei pochi dogmi di fede rimastile. Giunta a destinazione si sarebbe presa lo sfizio di chiedere chiarimenti a Chi di Dovere!
Si slacciò il reggiseno, si levò gli slip e saltellando sulle piastrelle fredde e scivolose s'infilò nella doccia.
Ekekazzo!
Come al solito Gian aveva quasi consumato tutta l'acqua calda!
Si strofinò in fretta con il sapone, risciacquo veloce, acqua tiepidina, accappatoio e poi fuori dalla porta come una furia, con i capelli scarmigliati e i piedi scalzi ferma immobile sulla soglia della camera di Gian che si stava annaffiando di colonia.
- Brutto bastardo!! Mai che ti ricordassi che anch'io devo farmi la doccia, vero?
Come al solito lui continuò a fare quello che stava facendo. Quando ebbe sistemato a dovere il nodo della sua cravatta geometricstile si decise a guardarla.
- Ti avevo lasciato un biglietto! Tu ti sei persino dimenticata di accenderlo lo scaldabagno, di conseguenza...
Bea annuì piano. - Sì, sì...- sibilò. - Sei il solito stronzo!     [ avanti » ]

di Nadja